Abbassare la qualità

La cosa che più mi colpisce dell’Intelligenza Artificiale è che viene addestrata per rendere sempre migliori i risultati che possiamo ottenere, ovviamente non solo in campo fotografico.

Insomma, lo scopo dell’AI è “implementare” (termine orribile ma così si capisce) le nostre capacità, quelle che la nostra intelligenza naturale, miserrima, non sa rendere perfette e assolutamente “performanti”, per usare sempre un termine in italese. L’ultimo esempio l’ho avuto recentemente quando dovevo far stampare delle foto di un noto autore per una mostra di cui ero curatore. L’archivio del fotografo ci aveva fornito dei file decisamente striminziti e io – ingenuo! – ho scritto una mail agli organizzatori dell’evento lamentando il fatto che con file di simili dimensioni non si poteva avere una stampa di qualità in un formato pur non enorme come il 50×40 cm.

Dopo un paio di giorni una mia amica mi mostra una stampa di prova, di quelle dimensioni, e di uno di quei file, assolutamente perfetta. Gulp! Ma come hai fatto?, le ho chiesto. Con un software di “resizing” AI, la risposta. Insomma, prendi un file con cui un tempo potevi stampare una cartolina e puoi tirarne fuori una gigantografia? “Aaannnamo bene!” direbbe la Sora Lella in un film di Sordi. Almeno è questo quello che ho pensato.

Quel che intendo dire è che oramai è possibile gestire la qualità direttamente grazie a dei software intelligenti e che non ha poi molto senso nemmeno portarsi appresso attrezzature pesanti e complicate: tanto aggiusta tutto l’AI! Sicuramente avrai presente l’esperimento della foto della Luna fatta con un’attrezzatura Sony da molte migliaia di euro versus uno smartphone Samsung, in cui quest’ultimo vinceva alla grande. Molti hanno commentato che l’AI rendeva falsa la foto. Davvero? A vederle una accanto all’altra non sembrava. E poi a chi potrebbe importare? Basta che sia nitida!

Perciò mi vien da condividere con te una riflessione che non vuole essere conclusiva o affermativa, ma che mi gira in testa da tempo e che ho anzi già messo in pratica più volte. Insomma: se l’AI può gestire con la massima efficacia la qualità, i risultati nitidi e perfetti, allora a noi fotografi non è che potrebbe convenire un ripiego sull’imperfezione?

Ho visto i tentativi di imitare via software le foto fatte con vecchie fotocamere a pellicola, con le “Toy Cameras”, con il foro stenopeico e così via e non c’era paragone: nello sbagliare e nel fare le schifezze (fotografiche) noi umani siamo ancora imbattibili. Io poi mi reputo un maestro del campo!

Dico sul serio: sono almeno vent’anni che sperimento con obiettivi impropri o fotocamere scadenti, e sebbene molte persone non capiscano il senso di questa mia sperimentazione, io credo che sia efficace, una specie di rivolta contro la tecnologia imperante che però – è sempre il mio parere – andrebbe fatta sulla base di una logica anticonsumistica, da “decrescita felice”. Insomma, senza regalare soldi a chi può venderti una fotocamera scadente al prezzo di una buona. Ogni riferimento a Lomography è puramente casuale.

Se sei pronto alla rivolta, se ti stai già dipingendo la faccia con i colori di guerra, se hai messo sul tuo MP3 (ma per logica sarebbe meglio un registratore a nastro) un po’ di brani dei Rage Against the Machine e te li stai ascoltando a palla, ecco che ti sto per offrire gli strumenti giusti per almeno iniziare a riempire il tuo arsenale.

Di cosa hai bisogno? Visto che questa è un’introduzione alla “fotografia povera” (corrente artistico-fotografica che esiste davvero) cominceremo con una cosa facile, costruendo un obiettivo di qualità scarsissima ma molto creativo, poi vedremo brevemente anche come ottenere risultati simili anche con uno smartphone. S’intende: questa è la base, poi vedrai che diventando esperti nel fregare chi vorrebbe farti realizzare foto perfette ci saranno altre occasioni per realizzare cose ancora più fighe, ma già queste lo sono assai. Comunque sono divertenti. E poi il tutto è utile per imparare almeno dei rudimenti base di ottica, che non è male.

Ai tempi eroici della fotografia gli obiettivi avevano solo una lente. La qualità era imbarazzante, a volte, ma il grande formato salvava le apparenze. Dunque ci basta trovare una lente d’ingrandimento e un tubo, anche di cartone, e il gioco è fatto. Io ho usato di tutto: i contafili, le normali lenti d’ingrandimento, lenti tolte a obiettivi rotti e le mie preferite, le lenti presenti davanti alle torce led (quasi sferiche) e che servono a concentrare la luce.

Considera che più le diottrie sono alte più l’obiettivo è grandangolare, secondo la formula 1000/diottrie. Così una lente da 10 diottrie è un 100 mm, una da 50 diottrie è un 20 mm. Puoi sempre combinare più lenti, ad esempio le comuni ed economiche lenti addizionali. Se ne monti tre da 10 diottrie ottieni un bel 33 mm, non male.

Questo è l’obiettivo più estremo che abbia mai realizzato: ho infatti utilizzato una lente non destinata a uso ottico, ma quella presente in una torcia a led (che si vede dietro). Ho forato un tappo corpo macchina della mia vecchia Olumpus E-PL 3 che oramai uso solo per gli esperimenti e ho fissato la lente con del nastro americano: si tratta di un montaggio provvisorio, una volta deciso se l’obiettivo va davvero bene (dunque male!) fisserò il tutto con una colla in pasta (io utilizzo la “Sugru” di Tesa, che è modellabile). La lente ha molte diottrie (penso almeno una trentina) ma soprattutto crea effetti fantasmagorici, specie se utilizzata controluce. Nemmeno si può parlare di “difetti”: qui è dura trovare qualcosa che davvero funzioni come si deve.

La distanza a cui la lente va posta rispetto al sensore corrisponde alla lunghezza focale, dunque un 30 mm va a tre centimetri dal sensore, perciò attento al tiraggio della tua fotocamera (se non ti è noto, lo trovi facilmente online): questi giochini funzionano meglio con le mirrorless.

Se il tiraggio della tua fotocamera è di 20 mm (come nelle fotocamere mirrorless Micro4/3 che utilizzo io), ecco che ti basta posizionare la lente dell’esempio a 1 cm dall’attacco. Se utilizzi un tappo corpo macchina, spesso basta forarlo nella giusta dimensione e fissarci davanti la lente.

Questa foto è stata scattata con l’obiettivo visto prima. Il soggetto è una fontana con un grande mascherone (si trova a Spoleto, in Umbria) e come si vede la resa è pessima, ma nello stesso tempo rende la scultura come una sorta di mostro che ci guarda in cagnesco. A me il risultato piace molto!

Comunque la cosa difficile con questo genere di “obiettivi” è la messa a fuoco, che con i grandangoli sarà fissa, preferibilmente. Diciamo la verità: non è che la perfetta messa a fuoco – o meno – si noti poi molto! L’importante è che ci sia il minimo sindacale di (ehmnitidezza. Insomma, che si distingua bene il soggetto.

Il nostro scopo infatti è creare immagini evocative che prescindano quasi dal soggetto ma che nello stesso tempo lo trasformino. Siamo così legati alla “riproduzione” del soggetto nel modo più preciso possibile, che spesso ci dimentichiamo che anche l’opposto (la scarsa resa complessiva) può essere parte del linguaggio (quello che chiamiamo “lessico”) fotografico.

D’altra parte il mosso e il panning – utilizzati ad esempio da Ernst Haas – non è che portino a foto così nitide. Se in questi casi si ricorre a tempi di scatto prolungati, con gli obiettivi “Lo-Fi” (Low Fidelity, a bassa fedeltà) si ricorre allo scatto veloce, e si sfruttano i difetti di simili lenti per abbattere la nitidezza.

Tra l’altro l’estrema luminosità di questi obiettivi fai-da-te permette di utilizzare tempi veloci anche in situazioni di scarsa luminosità.

Ecco un altro obiettivo Simple Lens. Questo strano ibrido è stato realizzato partendo da un monocolo cinese 16×40 acquistato per 10,00 € in una bancarella: ho smontato la parte frontale, dov’è alloggiata una singola lente, che però ha un minimo di trattamento antiriflesso (cosa che migliora leggermente la qualità dell’insieme), e l’ho fissata (incastrandola: la misura era perfetta, sono stato fortunato) ad una montatura estensibile di un vecchio filtro Izumar (serviva per fare foto di ritratti flou: un destino!), ma può andar bene qualsiasi struttura estensibile, anche con due tubi rientranti uno nell’altro. Il tutto l’ho fissato con del nastro isolante nero ad un tubo di prolunga super economico comprato su eBay dopo aver fatto delle prove per trovare la giusta lunghezza. Il risultato è un medio tele (la lente dev’essere circa di 10 diottrie) compatto e leggero, che dà buoni risultati, tutto sommato. Inoltre, grazie al fatto che la parte frontale è solo incastrata, si può sfruttare la montatura per realizzare altri obiettivi, un vantaggio non da poco!

Ricordiamoci che se si tratta di teleobiettivi, la giusta definizione tecnica è “lunghi fuochi” in cui la lunghezza della montatura (il “corpo” dell’obiettivo, realizzabile sia con tubi di cartone che di plastica di diverso diametro, da inserire uno dentro l’altro per avere la possibilità della messa a fuoco) è pari alla lunghezza focale. I teleobiettivi come li conosciamo oggi hanno invece un sistema ottico che permette di renderli molto più compatti (per fortuna).

Un “lungo fuoco” da 1000 mm, ottenuto con una lente da 1 diottria, ahimé, è molto scomodo da usare!

Naturalmente con questo tipo di obiettivi, come abbiamo visto, per avere la possibilità di mettere a fuoco a distanze diverse dall’infinito, bisognerà fare in modo che la montatura sia estensibile e ritraibile. Un ottimo sistema per avere una sorta di sistema di messa a fuoco è di ricorrere a un soffietto macro (si trovano a prezzi ragionevoli su ebay, scegliendo quelli non automatici) Artigianalmente, come abbiamo detto, si può altrimenti ricorrere a due tubi, meglio di quelli in plastica utilizzati in idraulica, facilmente acquistabili nei negozi specializzati, che possano essere messi uno dentro l’altro, creando così una struttura a “pompa”, proprio come nei vecchi zoom. L’interno dei tubi va dipinto in nero opaco, oppure vi si può collocare del cartoncino nero.

Per fissare la lente e l’attacco (ad esempio il classico tappo corpo macchina forato) si può ricorrere a colla cianoacrilica bicomponente, oppure (nel caso ci possano essere futuri “ripensamenti”) a del nastro telato extrastrong, di quello comunemente chiamato “Americano” (si trova anche di color nero, oltre che grigio).

Una “macro” realizzata sempre con l’obiettivo con lente da torcia led. Si tratta del sole che passa attraverso i fili d’erba ma, come puoi intuire, è davvero poco importante che cosa rappresenti davvero, perché volevo soprattutto rendere l’idea della magia della luce del mattino presto.

Proprio per la resa particolare della luce quando passa attraverso degli ostacoli – nel caso specifico attraverso le fronde degli alberi – ho utilizzato questo obiettivo per alcune immagini confluite nel mio progetto “FOTO|SINTESI” e nel relativo libro. Per dire che si inizia per gioco e poi si possono immaginare utilizzi “seri” (ad esempio per dei ritratti diversi dal solito) per questi “accrocchi” ottici.

E’ vero che la qualità dell’immagine è molto bassa, perché queste lenti soffrono di tutte le aberrazioni possibili, ma io credo che proprio in questo stia il loro fascino, oltre al fatto che è sempre intrigante potersi autocostruire gli strumenti per creare le proprie fotografie. E poi s’impara molto.

Venendo alle considerazioni di tipo ottico – e all’insegnamento che una lente semplice utilizzata come obiettivo può regalarci – bisogna ricordare che la luce bianca è composta da diverse lunghezze d’onda (che complessivamente chiamiamo RGB, Rosso Verde e Blu) che vengono rifratte in modo diverso dalla lente e perciò per ognuna di esse la messa a fuoco cade in un punto leggermente diverso: l’immagine blu si forma più vicina alla lente, quella rossa più lontano, quella verde in un punto intermedio.

Questo provoca, oltre ad un decadimento generale della nitidezza, anche la presenza di aloni colorati, soprattutto nei punti di passaggio tra luminosità estreme (ad esempio sui bordi degli oggetti che si stagliano contro un cielo molto chiaro). Come sai il problema affligge anche molti obiettivi “seri”, specialmente se non di altissima qualità, sebbene non nella misura di cui stiamo parlando.

Questo gatto sembra infastidito dalla scarsa qualità dell’obiettivo con cui lo sto riprendendo! Non ha tutti i torti, guarda che “coma” c’è tutt’intorno al soggetto… L’effetto esplosione è nettissimo, e consente però di isolare ulteriormente il soggetto dallo sfondo.

Il coma è un difetto che crea ai bordi dell’immagine degli aloni luminosi simili a comete (da cui il nome) ed è dovuto ai raggi molto inclinati che colpiscono la lente e che vanno a fuoco in un punto diverso rispetto al centro, in modo simile all’aberrazione. In un lente semplice i raggi provenienti dal bordo vanno a fuoco in un punto diverso (più vicino) rispetto a quelli provenienti dal centro: il risultato è un’immagine decisamente morbida, e non a caso questo fenomeno è sfruttato deliberatamente da certi obiettivi da ritratto.

La curvatura di campo, infine, impedisce di mettere a fuoco contemporaneamente al centro ed ai bordi dell’immagine ed è dovuta al fatto che la lente fornisce un’immagine che non è piatta, ma appunto curva: nelle fotocamere economiche, per ridurre il problema, la pellicola veniva appunto tenuta curva invece che piatta. C’è stato anche chi ha proposto di realizzare sensori digitali leggermente ricurvi, per migliorare le prestazioni degli obiettivi, ma poi non se n’è fatto nulla. Una conseguenza ulteriore della forma delle lenti è la distorsione (a barilotto o a cuscino), che nei nostri obiettivi Simple Lens è visibilissima.

Inutile sottolineare che in un obiettivo vero non si usa soltanto una lente, ma un sistema ottico complesso (a volte molto complesso, con lenti asferiche e flottanti) che è in grado di ridurre al minimo – ma mai di eliminare del tutto – questi difetti.

Col bianco e nero è però possibile cancellare le aberrazioni cromatiche. L’immagine è comunque molto morbida e flou, cosa che rende ideali questi obiettivi per immagini romantiche e pittoriche.

Collocando un diaframma, realizzato ad esempio con un disco di cartoncino nero forato subito dietro la lente si migliora molto la sua qualità (visto che si sfrutta solo la parte centrale della lente), ed aumenta la profondità di campo (e si riducono i tempi di scatto). I diaframmi possono non essere semplicemente tondi, ma anche multipli, o di varie forme, sempre allo scopo di ottenere effetti diversi.

Insomma, c’è molto da sperimentare!

Ricordiamoci che oltre alle classiche lenti, funzionano come obiettivi anche delle lenti “atipiche” come sfere di vetro o di plastica, pezzi di bicchieri di cristallo, elementi di bigiotteria e via elencando.

E con gli smartphone? Ah beh, in questo caso non possiamo sostituire l’ottica, ma possiamo aggiungerla, utilizzando quei simpatici aggiuntivi ottici che sono venduti online a due soldi e che promettono di rendere grandangolare al massimo oppure supertele il vostro “telefono”. Ovviamente vantando una qualità professionale (sic!).

Invece, trattandosi di sistemi ottici semplici, aggiungono, specialente ai bordi, tutti i difetti di cui abbiamo appena parlato. Questo vale soprattutto per i tele, che di fatto sono dei monocoli che si fissano davanti all’obiettivo. Trattandosi di accessori di prezzo contenuto (scegliete i più economici, dunque i peggiori, cioé i migliori per i nostri scopi) sono accettabili in un campo come la fotografia povera.

Sperimentando un po’, si può scoprire che questa modalità di ripresa offre mille spunti diversi, e che può servire – come abbiamo detto – anche per scopi seri.

Basti pensare alla fotografa americana Susan Burnstine (www.susanburnstine.com) che si è autocostruita le proprie fotocamere (a pellicola, in questo caso), creando poi dei progetti che cercano di riprendere l’idea dei “sogni ad occhi aperti”.

Le sue foto hanno conosciuto un buon successo, e l’attrezzatura non le è costata quasi nulla!

Meditate, gente, meditate…

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