
La fotografia del barrio che cambia, di quei luoghi in cui si sentono spari nella notte e il giorno dopo come non fosse successo nulla. Delle persone amichevoli nel quartiere e quelle che preferisci evitare.
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Il 7 Febbraio finalmente c’è stata l’inaugurazione della mostra AMERICANA, la mia prima personale, che resterà aperta per un mese alla Chirindogueria, un ristorante stile Italiano nel cuore di Città del Messico.
Perchè ho scelto questo luogo per mostrare una selezione delle mie fotografie di questo progetto?
In questi 10 anni di carriera come fotografo ho esposto in tantissime mostre collettive in diverse gallerie d’arte nel mondo (Italia, Olanda, Germania, Grecia, Spagna, India, Stati Uniti) ma ho sempre pensato che la mia prima personale dovesse essere semplice e soprattutto uscire fuori dalle gallerie e portare in strada la fotografia.
Alcune immagini tratte dall’allestimento e dalla serata
Considerando che la maggior parte delle foto che realizzo sono fatte in strada, è alla strada che devo restituirle.
Conosco questo ristorante dal 2014, quando qui incontrai una modella per parlare di un lavoro da fare insieme. Sapevo già che loro permettevano ad artisti di esporre nel loro locale che, cosa importante da dire, è aperto e da direttamente sulla strada, da cui è possibile vedere tutto l’interno e dunque anche le opere esposte alle pareti.
Dopo la spedizione di Dia de Muertos a Oaxaca sono tornato a mangiare alla Chirindogueria e mi è venuta l’idea. Quale occasione migliore per il mio progetto AMERICANA?
Questo lavoro che ho iniziato alla fine del mese di Ottobre del 2018 è stato già presentato al Festival Internazionale di Fotografia di Calcutta nel mese di Febbraio 2019, e successivamente, a Settembre del 2019 la rivista stampata CITIES gli ha dedicato ben 8 pagine.
Il Barrio come essenza e stile di vita. Perchè io nel barrio ci vivo da 10 anni. Perchè sento il dovere di raccontarlo con sincerità, evitando spettacolarizzazioni legate al tema della violenza dei quartieri popolari, perchè al barrio appartengo e quello che voglio è restituire un ritratto genuino di quella che è la vita che facciamo noi che non viviamo nei luoghi da benestanti come possono essere Polanco, la Condesa, o altri quartieri “In” della Città del Messico.
La serata dell’Opening Day si è svolta in maniera perfetta grazie all’ottimo servizio reso dal personale del ristorante che ha servito dei deliziosi antipasti e del buon vino, e grazie alla partecipazione delle persone che sono venute.
Oltremodo piacevole è stato incontrare gli amici e parlare loro delle mie fotografie. Importante è stata la presenza di Fujifilm Mexico, rappresentata da Veronica, manager del marketing del brand.
Una delle stampe è stata venduta nella stessa serata, facendo partire col piede giusto questa mostra.
Il paesaggio per comprendere il territorio che abitiamo e quindi noi stessi
Il progetto AMERICANA deve il suo nome ad una considerazione e dunque ad una rivendicazione di orgoglio: molti in Europa quando parlano di America si riferiscono ai soli Stati Uniti, ma questo è quasi offensivo per noi che abitiamo in America perchè America è dall’ Alaska alla Terra del Fuoco.
Partendo da questa considerazione, un altro aspetto che mi interessa rimarcare è l’osservazione sulle similitudini che si possono notare tra Messico e Stati Uniti. Il fatto è che si tratta di paesi confinanti e quindi, inevitabilmente, e pur rispettando le tante differenze che ci sono, c’è una influenza reciproca importante.
Una parte delle fotografie non fanno altro che rivelare quante somiglianze ci siano e il fatto che Messico e Stati Uniti siano ben più vicini di quello che possa apparire, soprattutto rispetto a certi atteggiamenti tenuti da qualche leader politico.
AMERICANA si muove anche attraverso un approccio fotografico dello street & repeat in cui si riconosce in Stephen Shore il padre putativo.
Da qui rifaccio mio un vecchio slogan utilizzato dal governo di Città del Messico che qualche anno fa parlava di Città in movimento, sottolineandone il suo costante mutamento. Ed è così: mi capita di fotografare lo stesso luogo e osservo come a volte in una settimana, a volte in pochi mesi è completamente cambiato, offrendo una percezione diversa di se stesso.
Ma AMERICANA è un progetto complesso che non si limita alla documentazione dei luoghi. Si tratta di un’osservazione dentro e fuori me stesso, pertanto è l’occasione di comprendere molto su me stesso attraverso il mio abitare e dunque vivere qui.
A livello prettamente tecnico l’utilizzo di fotocamere compatte mi permette di lavorare in luoghi dove nessuno pensa di andare a fotografare.
La forma è molto importante: la composizione è essenziale per la mia comunicazione. L’approccio però parte dall’idea che la sensazione che se ne riceve, almeno all’inizio, è quella di trovarsi di fronte a fotografia casuale. L’estetica snapshot per cui al primo sguardo o per un osservatore che non si intende di fotografia, non si fa caso all’attenzione formale con la quale è stata realizzata.
Dentro al progetto ci sono scelte deliberatamente anti-fotografiche, nel senso che rispettano piuttosto quello che mi interessa presentare nella mia forma e non quella imposta da altri. In questo senso l’approccio è assolutamente cosciente e profondamente meditato.
Posso avvicinarmi a una determinata scena di fronte a me con determinate domande nella mia mente o alcune questioni alle quali sto lavorando (studiando) che mi interessano. Ad esempio leggo alcuni testi di sociologia, o di psicologia come è nel caso della psicologia Gestalt e vedo come questa mi aiuta nel processo di composizione delle fotografie che presento.
Oltretutto non ho mai pensato alla fotografia o qualsiasi altra attività dell’uomo come a qualcosa da mantenere in una stanza a compartimenti stagni. Vero è il contrario: da un approccio interdisciplinare possiamo rilevare l’importanza del nostro lavoro di comunicatori visuali.
Penso al mio progetto come una creazione di documenti che possano essere interessanti anche per architetti che indagano sullo sviluppo del territorio, o magari concentrando l’attenzione sulla sua involuzione può diventare perfino un atto di denuncia politica.
AMERICANA è arrivato al momento giusto e questa mostra è una testimonianza di quella che è la mia vita da 10 anni qui. In realtà certe fotografie erano parte di me sin dall’inizio ma solo adesso hanno trovato la collocazione e la forma giusta per presentarle.
Avere l’opportunità di portare il barrio nel cuore di Città del Messico è un grande riconoscimento agli sforzi fatti da oltre un anno. Ringrazio tutti i convenuti alla prima, e tutti coloro che verranno a visitare in questo mese la mostra.
Condividere con voi lettori di Reflex Mania almeno una parte delle sensazioni che sto vivendo con AMERICANA è un piacere. Grazie anche a voi per leggere questo articolo.