L’archivio digitale e altri pericoli

I profeti di sventura hanno previsto da tempo la fine dei CD e dei DVD: non nel senso che usciranno dal mercato (questo è già praticamente successo) quanto per il fatto che i dati in essi immagazzinati andranno perduti in quanto il disco tende inevitabilmente a degradarsi nel corso del tempo.

Quattro, cinque anni, massimo dieci, così ho letto in varie riviste e siti. Dopo di che il DVD diventa un grazioso dischetto argentato utile solo come specchietto spaventapasseri nell’orto.

Perciò, puoi ben comprendere, mi sono accostato ai vecchi DVD di dodici, tredici, addirittura quattordici o quindici anni fa con una notevole apprensione. Su di loro, infatti, avevo contato per traghettare nel futuro i miei file RAW e ora mi serviva utilizzarli per un progetto che m’è venuto in mente.

Fino ad oggi pensavo di utilizzare i file già lavorati, ma poi mi son reso conto che potevo svilupparli digitalmente molto meglio e volevo ripartire da zero. D’altra parte non è per questo che conserviamo gelosamente i file RAW?

Con calma, ho collocato nel lettore (si, ho un PC con ancora quel buffo affare che legge i “dischi”) diversi DVD con centinaia di file RAW archiviati, temendo di veder comparire sul monitor un messaggio stile “amico, non si legge una cippa”, ma ovviamente più brutale.

E invece… miracolo! Tutti i DVD, anche i più vecchi, hanno funzionato alla perfezione. Ero salvo. Allora ho osato di più, andando per curiosità a riprendere i dischetti del 2003-2004, in pratica i primi che ho registrato quando sono passato al digitale.

All’epoca ne sapevo poco e siccome salvavo i RAW su due dischetti distinti, uno tenuto nel mio studio, l’altro a casa di mia suocera (bisogna tenerli distanti, hai visto mai ci sia uno tsunami, un incendio, un terremoto! Una tremenda inondazione! Le Cavallette!), diciamo che per non spendere troppo usavo dei DVD ecco… non proprio professionali. Diciamo pure economici, ecco.

Ma -incredibile – funzionano ancora tutti. Magari sono stato fortunato, ma mi sembra una buona notizia anche per chi sta trasferendo tutti i dati archiviati nei DVD su hard disk esterni.

Che poi, a dirla tutta, anche questi ultimi, secondo la vulgata, non sono certo eterni e il rischi di “crash” è sempre dietro l’angolo. A una mia amica è successo e ha perso un bel po’ di foto.

Noi fotografi viviamo con angoscia ‘sta faccenda dell’archiviazione e dell’obsolescenza (più o meno programmata) dei macchinari, dei files e anche dei softwares. Pensiamo che le nostre opere d’arte debbano essere più o meno eterne, tipo gli affreschi di Pompei e non accettiamo che una tempesta elettronica ci cancelli i preziosissimi files.

La verità è che spesso saranno figli e nipoti, un giorno, a buttare tutto via. Non riesco a immaginarmi come delle foto digitali possano finire in un mercatino come i negativi della Maier, per guadagnare almeno un gloria postuma! Se anche ci finissero i DVD o gli hard disk esterni, non ci sarebbero più computer in grado di leggerli, più o meno come capita oggi con le cassette VHS.

Mi sembra più ragionevole accettare il fatto che spesso non vale la pena di salvare le nostre foto. Non parlo delle foto ricordo (per definizione queste dovrebbero servire a sfidare i secoli, almeno nelle nostre aspettative), parlo delle fotografie “creative” o comunque più personali.

La verità è che oggi la mole di fotografie prodotte è tale che difficilmente ce ne saranno molte che potranno sopravvivere. Col tempo anche la “nuvola” sarà sovraccarica e arriverà il momento in cui una gran quantità di foto dovrà andare al macero.

Non è detto che sia un male, sebbene questo provochi una certa sofferenza, a pensarci bene. E in effetti è sempre successo, anche se con numeri assai più ridotti. In generale delle foto scattate anni fa ce ne ricordiamo appena.

Comunque sia, sistemate le foto digitali recuperate dai DVD, ho avuto anche necessità di riprendere in mano alcune foto analogiche. Anche molto (ma molto) più vecchie dei file digitali.

Beh, tutta un’altra storia: con i negativi problemi non ce ne sono e a meno di gravi errori nel fissaggio e nel lavaggio, sono praticamente eterni (beh, quasi). Oltretutto trasportandoli in digitale possono essere utilizzati sempre con la tecnologia più recente, pur rimanendo un supporto di archiviazione piuttosto stabile, sebbene ingombrante.

Anche nel caso di negativi e diapositive si sostiene che la loro durata sia limitata da mille fattori ambientali e casuali, ma per esperienza direi che sono comunque più duraturi di qualsiasi altro supporto l’uomo abbia sinora inventato, anche se quelli più recenti, come i DVD per l’appunto, non sono stati ancora testati oltre i vent’anni o giù di lì. Insomma, vedremo.

Qualche giorno fa mi ha telefonato Emanuele Coppola, grande videomaker naturalistico e fondatore, a suo tempo, dell’agenzia Panda Photo, con la quale ho mosso i primi passi nel mondo della fotografia “seria”.

Oramai l’agenzia non esiste più e “Lele” doveva liberare il magazzino in cui conservava montagne di diapositive, tra cui un bel po’ delle mie. Così ci siamo incontrati e mi son ritrovato tra le mani uno scatolone con un sacco di mie fotografie degli anni ‘90. Ancora perfette. Ancora godibili. Volendo – ma non voglio – potrei digitalizzarle e utilizzarle senza problemi. Questa è la magia del supporto fisico, in effetti.

D’altra parte chi è che in casa non ha negativi vintage? Io ne ho alcuni degli anni ’20 del secolo scorso. Certo, si graffiano, possono prendere fuoco, strapparsi, fondersi, autodistruggersi, ma ho l’impressione che un grumo di pixel sia molto più instabile e delicato di un bello strato di grani d’argento su acetato. Ma magari mi illudo, chissà.

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