Contenuti e contenitori

Contenuti e contenitori è un articolo di Filippo Tommaso Ranalli

Ora che, nell’articolo La Buona Fotografia, abbiamo affrontato l’annoso problema del significato della fotografia e analizzato i suoi strumenti, siamo consci che quest’ultima sia un linguaggio e che, come tale, diffonde un messaggio, tramite una propria grammatica.

Ma resta aperta la domanda: “Come posso diffondere la mia fotografia?”

La risposta a questa domanda potrebbe sembrare apparentemente banale, ma non lo è affatto.

Se è vero infatti che oggi, in ogni secondo, il genere umano realizza più immagini di quante ne siano state realizzate in tutto l’Ottocento, incluse le pitture, è anche vero che solo una minima parte abbandona il supporto primordiale (pellicola o CMOS), per divenire un’oggetto fisico.

Per questa ragione, in quest’articolo ti spiegherò l’utilizzo dei contenitori, la loro tipologia e la loro realizzazione, in maniera tale da chiarificare la loro importanza e la relazione simbiotica tra il contenuto e il contenente.

Contenuti e contenenti

Esistono moltissime tipologie di contenitori.

Il più comune e conosciuto è il foglio di carta in formato 10×15 e i suoi vari derivati minori, cioè la classica “fotografia” a cui tutti siamo abituati.

Il suo formato, molto simile alla cartolina postale, deriva dalla carte da visite, un tipo di contenente usato dallo studio Nadar (il pioniere della fotografia) per vendere le proprie immagini.

Ora si può inviare un Whatsapp per comunicare informazioni fotografiche con una certa agilità, ma in passato non fu propriamente così.

Dal punto di vista della nostra arte, la possibilità di tramutare un ritratto polveroso appeso alla parete in un qualcosa di maneggevole, tascabile e di facile realizzazione, che soprattutto permettesse il riconoscimento eidetico delle persone, è paragonabile alla scoperta della ruota.

Prima di raccontarvi quali altri contenitori esistono e qual è il loro scopo nel vasto mare della comunicazione visiva, vorrei analizzare brevemente l’uso e l’utilizzo della carte da visite. 

Vuoi per la sua importanza storica, vuoi per la sua primigenia, la sua creazione ha influenzato molto il significato d’immagine fotografica.

Il suo uso, dedicato al ritratto, ha creato lo strumento di riconoscimento più valido in nostro possesso, la fotometria.

Se consideriamo brevemente le asserzioni di McLuhan, il quale definisce “il media come messaggio”, è facile comprendere che per la sua conformazione il formato 10×15 è funzionale, nell’utilizzo verticale, al ritratto.

Infatti, il riconoscimento delle persone tramite questo tipo di visualizzazione, è normale per tutti noi – pensiamo ad esempio alle fototessere. Non è un casoo quindi che gli smartphone abbiano la stessa morfologia di una carte da visite.

D’altronde le videochiamate non sono altro che 24 carte da visite al secondo.

Le altre tipologie di contenitori sono moltissime. Per semplicità le dividerò in due macro-gruppi: digitali e analogici.

Tra i contenitori digitali troviamo contenenti quali: TV, Cinema, social media e WEB in generale. Come analizzeremo in seguito, hanno delle caratteristiche proprie che alterano il messaggio dell’immagine.

Tra i contenitori analogici troviamo contenenti quali: stampe a fini editoriale, stampe a fine affissione.

Contenitori Digitali

Per contenitori digitali si intendono tutti i media che utilizzano le frequenze luminose (RGB). Tra questi possiamo trovare tutti i tipi di prodotti audiovisivi, come cinema e TV, ma anche gli smartphone o la fruizione di immagini da un PC.

La loro grossa differenza rispetto ai contenitori analogici, che analizzeremmo in seguito, è proprio la proprietà di diffondere luce, per la caratteristica intrinseca di retroilluminazione e di essere adatti alla visione di immagine in sequenza rapida, quali contenuti audiovisivi o immagini in successione.

Oltre a questo, non ci sono altre sostanziali differenze con una fotografia stampata o meglio con un foto-libro. In entrambi, infatti, si trovano una sequenza e un ritmo, e non è raro usare questi termini in ambito video.

La successione con la quale distribuiamo le immagini all’interno di una serie di clip audio visive è chiamata montaggio e permette di dare un senso alla storia e di cucirle addosso un abito che la rappresenti al meglio.

Lo stesso avviene per una serie di fotografie (foto-romanzo) o per delle brevi clip audiovisive. Ad esempio un tutorial, nel momento in cui invertissimo l’ordine delle clip perderebbe il suo senso. La fotografia è quindi in grado di plasmarsi a favore del media che la diffonde. È questa è una delle sue grandi forze.

Allo stesso modo, i media digitali come WEB e social fanno un ampio uso delle fotografie, miscelando le tecnologie attuali con i modelli di contenitori già sviluppatisi in passato, come carte da visite e sequenze audiovisive.

Il risultato è un nuovo contenente, di cui l’esempio più generico è lo smartphone, molto flessibile e in grado di fagocitare qualunque contenuto. L’evidenza dei fatti, però, è che in mancanza di un linguaggio appropriato, risulta inutile la distribuzione tramite lo stesso.

Contenitori analogici

Terminata la vorticosa discussione riguardante i new media, che andrebbe oltremodo approfondita in quanto attualmente sono i contenitori predominanti, possiamo dedicarci ai contenitori analogici, a parer mio molto più romantici e soddisfacenti rispetto a quelli digitali.

Quando parliamo di contenitori analogici ci riferiamo, approssimativamente, ai prodotti stampati su qualsiasi supporto. Carte e affini, tessuti e metalli sono solo alcuni dei vari supporti che possiamo utilizzare.

La loro fruizione deriva dall’accostamento di due materie, il colore e il materiale del supporto, che nell’incontrarsi si modificano vicendevolmente e generano una nuova materia: il supporto stampato, che è alla base di tutti in contenitori analogici.

Questi vengono utilizzati per la narrazione tramite immagini, diretta o indiretta.

Tra i contenitori analogici diretti possiamo trovare i prodotti artigianali composti da un’immagine, quali pubblicità d’affissione, manifesti elettorali e copertine di prodotti editoriali (Musicali, letterari, ecc..), o in genere tutte quelle narrazioni composte da una singola “Hero image” (più avanti vedremo nel dettaglio di cosa si tratta).

In contrapposizione, nei contenitori analogici indiretti persiste una narrazione formata da più immagini in sequenza. Ne sono esempio le mostre visive, i foto-libri e prodotti editoriali in genere.

Sono dei contenitori in grado di ospitare più immagini, generando ritmo e sequenzialità nella narrazione.

La fotografia, spesso e volentieri, si presta ad essere contenuto di questi contenitori e nei prossimi articoli analizzeremo a fondo la loro realizzazione.

Per ora, limitiamoci all’analisi di tre prodotti fotografici, inseriti in un contenitore analogico. L’hero image, la fanzine e il foto-libro, che sono i più funzionali alla comprensione di un metodo di lavoro utile ai fotografi.

Hero image

L’hero image è la più semplice e al contempo la più complessa da realizzare, poiché è un’immagine che vive da sola e il suo uso è indicato per generare una cornice che contestualizza una narrazione che si rivela all’interno tramite i segni semantici.

Il suo uso in affissione è adatto ad ospitare ogni tipo di narrazione. Spesso utilizzata per manifesti politici e pubblicitari, è il primo contenitore che il genere umano abbia considerato.

Deve incorporare tutto il messaggio in un unico linguaggio per essere efficace. La cura dei dettagli e la ricerca di una composizione dei soggetti è essenziale, al fine di generare un messaggio chiaro.

Fanzine

Con fanzine intendiamo il prodotto editoriale indipendente per eccellenza. La sua definizione deriva dalla crasi delle parole fan (dall’inglese fanatico) e zine (dall’inglese magazine, rivista) ed è concettualmente la più bella e libera espressione per immagini che si possa utilizzare.

Deriva da ambienti punk e dalla loro necessità di comunicare le loro passioni.

Per sua concezione la fanzine è un contenitore che ha una sola regola: non ci sono regole. Possono essere di ogni tipo e di ogni forma, rilegate o non, con scritte e didascalia o senza.

Il loro uso deriva dall’espressione di un singolo o di piccoli gruppi verso un proprio interesse. La loro diffusione, al di fuori dei soliti canali (librerie, mostre, ecc…) ha una capillarità negli ambienti in cui è diffusa e diviene rapidamente cult, contribuendo alla diffusione della stessa.

Foto-libro

Con foto-libro intendiamo un prodotto editoriale contenente una narrazione per immagini fotografiche. La narrazione ha generalmente un tema e uno scopo, ed è concesso ogni tipo di intervento al linguaggio, a patto che rientri in una regola generale di progetto.

È il più “maturo” tra i contenitori ai quali ci riferiamo in quest’articolo. La fruizione della narrazione è calma e pacata, e diviene un momento di introspezione personale tramite un dialogo per immagini, instaurato con l’autore.

La sua nascita deriva dai cataloghi delle mostre. In un certo momento si è notato che le opere che venivano fruite nel percorso di una mostra, potevano essere fruite nuovamente, in seguito, nel comodo abbraccio domestico.

Gli autori fecero ben presto a notare la possibilità di esportare le mostre al di fuori del loro consueto contenitore, ed importarlo nelle case delle persone.

La possibilità di creare narrazioni attraverso una parte più ampia del proprio lavoro, ha permesso la rivalutazione degli archivi, e il suo ampio uso da parte degli autori fotografici ha generato crescente interesse verso l’editoria semi-indipendente.

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