Un’estate in Bianco… e Nero

Va bene, lo sappiamo: l’estate è la stagione dei colori, almeno quanto la primavera.  A chi verrebbe in mente di fotografare un campo di fiori in scala di grigio? O gli ombrelloni e i pattini su una spiaggia in bianco e nero?

Questo ragionamento, molto comune, tradisce il fatto che il bianco e nero viene oramai principalmente considerato una sorta di “trucco” o di “tecnica creativa” in grado di salvare uno scatto a colori venuto male, o viceversa di esaltare l’artisticità di uno scatto banale.

Poco importa che almeno due terzi della storia della fotografia siano in bianco e nero, che i più grandi autori, con diverse e notevoli eccezioni, abbiano scelto questa metodologia espressiva (chiamiamola così per ora) per i propri lavori.

Facendosi forte di una (fraintesa) dichiarazione di Luigi Ghirri (“il mondo è a colori e dunque lo fotografo così”), gli appassionati sosterranno sino alla morte che sono finiti i tempi del bianco e nero – se non per pochi e limitati utilizzi – e che viviamo nell’era del colore.

A volte è difficile dar loro torto, visto che non solo viviamo davvero nell’epoca delle foto a colori, ma direi delle foto “colorate”, nel senso di cromaticamente esagerate, con toni inusuali e innaturali e saturazioni inesistenti in natura.

E se, come dicevo all’inizio, le nebbie e le nuvole invernali ben si prestano – secondo l’amatore medio – alla fotografia bianco e nero, tanto i colori sono comunque pochi, l’estate no, va ripresa a colori, con il blu del mare, il giallo ocra della sabbia, il rosso di costumi e ombrelloni, il verde di palme e cespugli mediterranei.

Ma visto che a Reflex-Mania stiamo lavorando a un progetto sul Bianco e Nero (ne parleremo a tempo debito), mi è sembrato giusto ragionare con te su cosa davvero sia il bianco e nero, e perché sceglierlo. Ovviamente anche in Estate.

E data la complessità dell’argomento, credo sia meglio analizzarlo punto per punto, anche se brevemente.

Una foto in bianco e nero non è una foto desaturata

Parrebbe ovvio ma, ahimè, non lo è. Togliere la saturazione (cioé eliminare i colori e basta) è esattamente quello che fa la fotocamera quando impostiamo la modalità “bianco e nero”.

Se può essere utile come supporto allo scatto, questa desaturazione porta il più delle volte a un bianco e nero fiacco, poco vivace, grigiastro e privo di qualsiasi carattere.

Una fotografia in bianco e nero non è mai una foto senza i colori, ma una foto in cui i colori sono stati “tradotti” in precise tonalità di grigio.

La capacità di effettuare in modo consapevole questa traduzione determina la bravura e la consapevolezza del fotografo. Una fotocamera non potrà mai farla da sola, specialmente se digitale.

Infatti, la pellicola è in grado di registrare la realtà secondo gamme di grigi che le sono proprie (e infatti scegliere la pellicola era ed è un atto creativo da ogni punto di vista) e può essere “orientata” grazie all’uso di filtri colorati o con la gestione dell’esposizione e del trattamento di sviluppo (ad esempio una sovraesposizione e un sottosviluppo abbassa il contrasto, mentre una sottoesposozione e un allungamento dello sviluppo aumentano il contrasto, e così via).

Il digitale invece è concepito per “pensare” a colori, sebbene lo scatto sia in origine in bianco e nero  (la conversione cromatica avviene in-camera, ma questa è una lunga storia) e la conversione nel bianco e nero va gestita con una certa sapienza.

Il bianco e nero non è soltanto il passato

Altrimenti tanti giovani fotografi che scattano quasi solo in monocromatico sarebbero solo dei nostalgici con lo sguardo perennemente rivolto indietro. E invece guardano avanti, eccome, perché è proprio la moderna tecnologia digitale ad aprire una miriade di nuove prospettive in questo campo.

Come detto nel punto precedente, la pellicola era decisamente più “rigida” mentre un file RAW può essere manipolato per ricavarne davvero qualsiasi cosa, o quasi. Ma a grande potere corrispondono grandi responsabilità: anche se non sei un supereroe, puoi ricavare di tutto dal tuo file. Un capolavoro come un’emerita schifezza. Dipende da te.

Il bianco e nero non è una scialuppa di salvataggio

Una buona foto in bianco e nero va ideata, pensata e realizzata con la piena consapevolezza che sarà una foto in bianco e nero. Anche se il file (RAW, si spera) è – inevitabilmente, se non possiedi una Leica Monochrom – a colori. Solo di rado, come già detto, una foto fatta e pensata a colori e risultata piuttosto “scarsa”, la si potrà convertire in bianco e nero per ottenere qualcosa di buono.

Non tutti i soggetti sono adatti al bianco e nero

In effetti, non sempre il bianco e nero permette di rendere al meglio un soggetto. In passato non c’era scelta, e anche tramonti e campi di papaveri andavano realizzati con pellicole BN, ma oggi certe immagini in cui il cromatismo è essenziale – anzi, è il soggetto stesso – è bene farle a colori.

La verità però è che il fotografo che predilige il Bianco e Nero (tipo il sottoscritto) finisce per non guardare quasi più soggetti in cui prevale il cromatismo, imparando al contrario a ragionare in termini di luci e ombre, contrasti, textures, composizioni.

Il colore e il bianco e nero hanno due linguaggi diversi – in parte sovrapposti, ovviamente – e fare una traduzione spesso non è affatto facile. Questo diventa evidente quando si deve passare dal file a colori a quello bianco e nero: se però la foto è stata pensata monocromaticamente, il risultato sarà certamente efficace.

Le motivazioni per cui si sceglie di scattare in bianco e nero sono molto importanti anche per decidere quale approccio “di conversione” scegliere.

Un po’ come una volta (e ancora oggi, per chi pratica l’analogico) si sceglievano sviluppi e trattamenti adeguati al risultato che si voleva conseguire, così in questa epoca digitale la scelta del software e della postproduzione da applicare possono portare a risultati davvero profondamente diversi.

Tanti, troppi, fotografi non sanno convertire adeguatamente i file RAW a colori, col risultato di ottenere foto piatte, grigiastre e senza carattere. Ancora una volta, questo tradisce la mancanza di un’idea a monte.

Se, ad esempio, ho scattato delle foto a scene di architettura molto contrastate, con ombre profonde e alteluci nette, non ha senso annegare tutto in un grigiore piatto solo per tirar fuori dettagli dalle ombre o mantenere la texture nelle alteluci.

Si deve fare una scelta, e magari arrivare all’effetto “Ortho” (dalla pellicola ad altissimo contrasto AgfaOrtho, utilizzata per le arti grafiche), con ombre totalmente nere e alteluci pelate, oppure scegliere una via di mezzo, correggendo le alteluci senza toccare le ombre e così via.

Oggi i softwares ci vengono incontro perché permettono di convertire ogni singola tonalità in un’estesa gamma di grigi, e visto che in genere le ombre hanno una dominante blu e le parti al sole ce l’hanno arancione o gialla, la faccenda si semplifica molto.

Se avrò invece scattato una foto a un panorama ricco di tonalità diverse, dal verde al marrone (che è una varietà di rosso, di fatto), dal blu al giallo, al magenta, ecco allora che potremo scegliere un approccio più morbido, che rispetti l’idea iniziale della ripresa.

Non a caso consiglio sempre di impostare la fotocamera per scattare in bianco e nero: in tal modo il display ci mostrerà la scena già desaturata (ribadisco che non è una vera conversione in Bianco e Nero!), mentre comunque il file RAW sarà a colori (non l’eventuale file jpeg), il che aiuta a non rimanere troppo “ancorati” ai cromatismi.

Personalmente lo faccio quasi sempre, anche se a volte è più utile vedere i colori per valutare come la futura conversione potrà rendere le diverse tonalità. Ma questo richiede un po’ di disciplina e competenza in più.

Tornati a casa, si tratterà dunque di trasformare il file a colori – che abbiamo pensato in bianco e nero – in tonalità di grigio, il più possibile vicine a quello che era il nostro progetto iniziale. In questa sede non parleremo di software e tecniche varie, ma voglio comunque concludere analizzando brevemente due approcci possibili, che fanno riferimento al “sentire” del fotografo. Le tecniche impiegate possono anche essere le stesse o molto simili, ma l’intenzionalità è assai diversa.

Approccio Classico

E’ quello che fa riferimento alla fotografia analogica, e cerca di imitarla. A volte – e con risultati francamente Kitsch – spingendosi ad aggiungere bordi, graffi, difetti “analogici” e cose del genere, o imitando tecniche alternative (cianotipia,  Van Dyke, Platinotipia, Gomma Bicromata, ecc.) ma più spesso (fortunatamente) cercando solo di rendere un “mood” della fotografia d’un tempo.

Più un’intonazione, che un’imitazione. In tal senso, l’aggiunta della grana (digitale) e magari di una leggera coloritura, a imitare il viraggio, non sono affatto da scartare.

Il fotografo “classico” utilizza spesso software che hanno dei preset appositi, come Silver Efex Pro di Nik, ma a volte fanno tutto da soli ricorrendo a tecniche piuttosto semplici, per non tradire la foto originale.

Ad esempio utilizzano i canali di Photoshop (Finestra> Canali), cosa che permette di scegliere uno solo dei tre canali RGB della foto, con risultati simili per certi versi alla filtratura in ripresa dell’analogico.

Il canale del rosso, ad esempio, è spesso caratterizzato da cieli quasi neri e da un’atmosfera all’Infrarosso. Ciò che è rosso diventa invece molto chiaro, e molto scuro nel canale del blu, complementare al rosso. Scelto il canale occorre però, prima di salvare la foto,  convertirla in Scala di Grigio (Immagine> Metodo> Scala di Grigio) e poi di nuovo in RGB, per eliminare i dati negli altri canali. Si può poi modificare il contrasto della foto con l’apposito comando (Immagine> Regolazioni> Luminosità/Contrasto) imitando la stampa su carta fotografica più o meno morbida (gradazione da 1 a 5), quella dei tempi eroici della Camera Oscura.

Approccio Modernista

E’ quello che se ne frega del passato, che ama il bianco e nero soprattutto per le nuove possibilità che offre. Con i sistemi di conversione in Bianco e Nero presenti oramai in diversi softwares, compreso Photoshop e anche Lightroom, si possono convertire i singoli colori e dunque, per esempio, possiamo trasformare un cielo blu in una massa di nero catramoso, come in molte fotografie di architettura – scattate con tempi di esposizione lunghi per “strisciare” le nubi – che si vedono spesso online o sulle riviste.

Di fatto, si acquisisce un controllo totale sulla propria fotografia e questo consente da un lato di essere molto creativi, ma dall’altro espone alle esagerazioni, con fotografie non solo irreali, ma a volte davvero inguardabili. Dunque attenzione.

E allora, Buona Estate in Bianco e Nero!

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