Fotografare quando si viaggia. Ma con attenzione!

Hai deciso che è il momento di produrre – era ora – il tuo capolavoro fotografico e vincere il primo premio al concorso del dopolavoro ferroviario? Ok. Ho la formula giusta per te: studiare quel che hanno fatto i grandi fotografi di viaggio, e come lo hanno fatto. E visto che non abbiamo tempo da perdere, puntiamo direttamente sul più bravo (o ritenuto tale) e famoso.

 

Henri Cartier-Bresson (HCB per gli amici), uno dei più grandi fotografi di reportage della storia, tra i fondatori della mitica agenzia Magnum, utilizzava una tecnica infallibile: il mimetismo.

Ogni persona (ma anche gli animali) reagiscono in modo scomposto di fronte a una fotocamera e a volte se la prendono con quello che sta dietro l’obiettivo con occhiatacce e improperi o – capita soprattutto in certi paesi – con il lancio di oggetti: a me è capitato mi lanciassero dei sassi mentre cercavo di fotografare delle donne sull’uscio di casa nell’Atlante, in Marocco. Non avevano intenzione di farmi male, ma il messaggio è stato chiaro! A dire il vero, grazie alla guida che mi accompagnava, poi la situazione è ridiventata tranquilla e ho potuto fare le mie foto, il che dimostra che a volte le persone agiscono più per paura o per la sorpresa di vedersi puntare una fotocamera, che per vera aggressività. Sorridi, fai capire che non sei “quel tipo di fotografo” e spesso le cose vanno subito per il verso giusto.

Fatto sta che però HCB, sia in territori tranquilli come l’Europa, sia in situazioni assai meno tranquille, si collocava in un angolo e, senza fotografare, attendeva. A forza di vedere quello strano tizio allampanato, con la fotocamera al collo, tutti i santi giorni, dopo un po’ la gente tendeva a dimenticarsi di lui, a considerarlo parte del paesaggio quotidiano. A quel punto Cartier-Bresson iniziava a fotografare, certo che lo avrebbero accettato, anzi che nemmeno lo avrebbero visto. La tecnica funzionava egregiamente, anche se aveva la controindicazione di richiedere un sacco di tempo, e mi è stata raccontata dal figlio di un fotografo di Scanno, in Abruzzo, il cui padre, appunto, potè vedere all’opera HCB durante un reportage sul paesino appenninico.

Qui purtroppo per te scattano le prime controindicazioni del metodo “HCB”: durante un normale tour turistico, infatti, la gran parte della gente questo tempo non ce l’avrà, stretta tra i solleciti della guida che sguaina a mo’ di Excalibur una quelle assurde antennine retraibili e i compagni di viaggio che hanno fretta di tornare in hotel per assalire le pietanze che rischiano di freddarsi nel buffet. Per questo chi invece viaggia in modo autonomo, anche se avrà comunque dei tempi non molto lunghi, potrà ottenere decisamente dei risultati migliori.

In linea generale, poniti l’obiettivo di evitare le immagini banali (un cielo all’alba o al tramonto sono un utile sfondo, non un soggetto di per sé, tranne rari casi), sforzati di provare emozioni, di avere idee, e poi di trasferirle sul sensore (o sulla pellicola, se sei un inguaribile tradizionalista). Non è facile, occorrono pratica e un occhio allenato. Ricordati sempre che, come diceva Ansel Adams, “non c’è niente di peggio di una foto nitida di un’idea confusa”. Soprattutto pensa non alla singola foto, ma a un racconto articolato su una serie di fotografie tra loro connesse.

Schematizzando, potremmo considerare i punti successivi come utili per ottenere risultati almeno migliori del solito nella fotografia di viaggio e anche in quella di “Street”, che poi sono due generi molto connessi.

Se stai andando in una qualsiasi località, cerca di raccogliere tutte le informazioni in merito, ancor prima di partire. Cosa caratterizza quel luogo? E come lo hanno raccontato gli altri fotografi? Magari è un luogo noto e dunque fotografato spesso: quale aspetto gli altri hanno sottolineato? Solo la eventuale spettacolarità, o anche qualche caratteristica che magari sarebbe sfuggita ai più? Una processione in Sicilia ripresa da Scianna o dal fotoamatore di turno non porta esattamente allo stesso risultato: perché? Prova a pensarci su.

La stessa tecnica vale anche in caso di fotografie di Street: se anche le fai a due passi da casa, dovrai fare dei sopralluoghi e cercare di comprendere le reali potenzialità di quel luogo, di quel contesto. Ovviamente lo puoi fare anche solo prima di iniziare a scattare. Non arrivare lì con la fotocamera in mano, invece guardati attorno. Cosa vedi? Cartelloni pubblicitari interessanti? Un incrocio di linee o di forme geometriche? Un bel gruppo di persone variopinte? Tutti i fotografi di Street che conosco mi hanno raccontato di fare esattamente così (e come detto faceva così anche HCB), non scattano a vanvera: prima vedono, poi scattano. In tal modo si colgono gli eventi, gli incastri giusti, i piccoli dettagli che valorizzano una foto.

Gli animali, e gli insetti in particolare, utilizzano due tipi principali di mimetismo: fanno in modo da somigliare a una specie pericolosa (ad esempio velenosa) in modo da non venir attaccati per paura, oppure si nascondono assumendo le forme dello sfondo, diventano trasparenti. Il primo metodo (se non sei un culturista con la faccia cattiva) è poco applicabile, il secondo è quello di cui abbiamo in buona parte parlato sin qui. Ma attento: ci si può nascondere in molti modi.

Walker Evans negli anni ’30 realizzò una serie di fotografie “candid” nella metropolitana di New York impiegando una fotocamera nascosta. Oggi possiamo farlo ad esempio ricorrendo a uno smartphone: mentre sembra che stiamo chattando con l’amante, in verità scattiamo fotografie (ma inserisci la modalità silenziosa, altrimenti ti sgamano). Non a caso Michael Christopher Brown ha utilizzato questa tecnica per la sua serie sulla Metropolitana di Pechino. Così è diventato anche il primo fotografo della prestigiosa agenzia Magnum a utilizzare uno smartphone per dei progetti seri. Insomma, se fai finta di fare altro, e invece fotografi, le persone non presteranno caso a te.

Ricorda che anche se resti a lungo in un posto, le persone non ti noteranno più, come detto per la tecnica “alla HCB”. Tuttavia a volte basta davvero poco: anche solo rimanere in un punto per almeno mezz’ora, in città, aiuta a diventare trasparenti. Siediti al tavolino di un bar all’aperto, sorseggia una bibita, poi inizia a fotografare, vedrai che funziona. Devi sembrare innocuo, per così dire, per questo è meglio comunque avere fotocamere piccole, non impegnative.

Ci si può nascondere anche con una certa aggressività. Insomma, diventando del tutto “evidenti” nella propria azione, mostrandosi all’opera con una certa invadenza. Questo non è un metodo per tutti, ma a volte funziona, come ha dimostrato ampiamente Bruce Gilden, la cui tecnica consiste, letteralmente, nello sparare in faccia alla gente un flash, con la fotocamera davanti al naso. Era qualche anno fa, magari, oggi la gente è più irritabile, ma insomma con un po’ di attenzione la cosa è replicabile.

Le “tecniche” che ti ho illustrato sopra sono quelle che buona parte dei grandi fotografi utilizza nel proprio lavoro, magari miscelandole con quella che resta la “madre di tutte le tecniche” del fotogiornalismo, della street e della foto di viaggio: andare incontro al soggetto, stringergli la mano, conoscerlo, parlarci a lungo, addirittura stringere una sorta di amicizia. E’ in questo modo che Francesco Zizola ha raccontato le periferie di Roma o Paolo Pellegrin la cultura dei Rom.

Insomma uno sconosciuto potrebbe pure darti un pugno se gli fai una foto, un amico invece ti aiuterà a ottenere un grande risultato. Anche se è un amico appena conosciuto. Ricorda sempre la frase di William Butler Yeats: “non ci sono estranei, solo amici che ancora non hai conosciuto“…

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