
Leggendo un saggio di Carl Gustav Jung sono arrivato alla conclusione che potenzialmente esistono due tipi di fotografia, la fotografia del conscio e la fotografia dell’inconscio.
Due categorie che non hanno un valore in sé, nel senso che praticando entrambe si possono ottenere eccellenti risultati, ma comunque risultati assai diversi.
Tu che tipo di fotografia prediligi?
Tendi a fotografare secondo un impulso razionale diretto e motivato, seguendo linee guida rigidamente formali come i “New Topographics”, e comunque ben delineate? (Se non li conosci, puoi farteli raccontare da questo articolo di Alessandro Baricco)
Le tue immagini vengono a volte definite precisine, studiate, magari un po’ leccate?
Non è certo un difetto, quanto piuttosto una loro caratteristica: guarda le foto dei coniugi Becher e vedrai che c’è un’intera scuola (la Scuola di Dusseldorf) che su questo tipo di riprese ha creato un corpus iconografico grandioso, e di successo.
Oppure sei uno di quelli abituati a creare immagini sulla base di un’urgenza interiore, che ti porta a esprimerti come se ti muovesti all’interno di un sogno che, come sosteneva appunto Jung, è il modo in cui l’inconscio comunica?
Certamente ci sono persone che utilizzano entrambe le strade, che le mescolano, e forse è questo il modo più saggio di operare.
Ma di rado gli artisti sono saggi!
Nella vita quotidiana cerchiamo di razionalizzare le nostre esperienze, di rendere la vita conscia coerente con la logica e l’ordine costituito, che ben conosciamo. Per questo i sogni sono più colorati, strani e anarchici della realtà: perché nell’inconscio non valgono le leggi della logica, e c’è molta più libertà e meno ipocrisia.
Nei sogni ci diciamo la verità.
È un peccato che non stiamo ad ascoltarli, perché sarebbe bello fotografare così, come se fossimo in una dimensione onirica, liberi totalmente dal tempo, dallo spazio, dalla razionalità.
Eppure, se ci pensi, questa libertà potremmo averla, anche se non viene naturale, occorre invece lavorarci su, cercarla, abituarsi all’idea che come fotografi non siamo affatto vincolati a quella realtà, se la cosa non ci piace.
Ci sono molti fotografi che hanno seguito la strada della rappresentazioni di mondi onirici e alternativi, a cominciare da Jerry Uelsmann che, in epoca del tutto analogica, già realizzava fotomontaggi in camera oscura, mostrando al pubblico estasiato alberi e pietre volanti, case nate da una roccia, strani mondi degni di Magritte o De Chirico (o de “Il Signore degli Anelli”, il film intendo).
Evidente in questa foto (post-prodotta in camera oscura molto prima dell’avvento del digitale) il richiamo all‘immaginario di Magritte.
Molti artisti-fotografi, come Maggie Taylor (che tra l’altro è la moglie di Uelsmann), hanno creato opere di digital art unendo fotografie d’epoca con scansioni di oggetti e textures, grazie ai potenti mezzi di Photoshop.
Qui sopra due “fotografie” di Maggie Taylor, questa volta ottenute con ampio ricorso a software di fotoritocco.
Le vie e le possibilità sono infinite. E non occorre nemmeno spingersi verso il fotomontaggio o il completo estraniamento dalla realtà, anzi.
A volte basta semplicemente tenere insieme elementi colti dal reale, che però tra loro creino una situazione strana, diversa, che faccia pensare, o colpisca lo spettatore.
Molta Street Photography contemporanea si basa su questo, in fondo: sull’assurdità (e a volte la comicità) del reale, specialmente in città.
L’importante, insomma, è lavorare sui tuoi sogni (anche quelli a occhi aperti) per avere ampie riflessioni e innumerevoli spunti e idee.
Prova a prestare attenzione a ciò che ricordi di un tuo sogno la mattina, al risveglio. Tieni un taccuino vicino al letto per scrivervi delle rapide annotazioni. Potrebbero tornarti utili. Non essere misoneista! Secondo Jung e i suoi discepoli il misoneismo è la paura del nuovo e dello sconosciuto.
Avventurati in terre ignote, senza sentieri tracciati. Dimentica la stella polare, dimentica la bussola, perditi nei tuoi sogni.
E se ti va, come al solito potresti decidere di provare questi tre semplici esercizi per rafforzare l’eventuale intenzione di allontanarti un po’ dai sentieri ben tracciati.
Realizza delle foto a soggetti in movimento
Per questo esercizio, ti basta chiedere a un amico di camminare. Prova a fotografarlo in tutti i modi possibili: mentre cammina verso di te, mentre si allontana da te (di spalle), mentre cammina parallelamente a te, sia con tempi di scatto veloci (che blocchino il movimento) sia con tempi lenti (panning e mosso intenzionale).
Il mosso intenzionale (ICM) consente con relativa facilità di riprendere il nostro soggetto in modo inusuale, anche se spesso la “somiglianza” ci rimette un po’. Ma se il nostro scopo non è realizzare un ritratto, ma appunto astrarre dal reale e porre l’attenzione sul concetto di tempo e movimento, allora può essere una scelta saggia e consigliabile.
Tenta di identificare quel piccolo gesto, quell’incedere, qualcosa che abbia un significato pur nella banalità della situazione.
Poi, come al solito, lascia sedimentare le foto per qualche giorno e infine analizzale.
Non si tratta solo di valutare l’effetto, se cioè sia più valida la foto che ha bloccato il movimento o invece il panning (anche se questi sono elementi importanti), quanto di capire cosa ciascuna immagine comunichi.
Riesci a vedere se in qualche foto sei riuscito a cogliere un momento significativo, un gesto, una postura che rivelino qualcosa del soggetto, o che comunque rendano la foto più intrigante?
Lo scattare a vuoto, per puro e semplice esercizio, non mi stancherò mai di ripeterlo, è uno degli esercizi più utili che si possano immaginare.
Si prende confidenza con la propria attrezzatura e con sé stessi senza perdere opportunità preziose.
E a volte si ottengono anche delle foto piuttosto valide! In particolare l’esercizio che ti ho appena descritto è utile per perfezionare la tecnica di ripresa in generi fotografici come la Street Photography, basata molto sulla capacità del fotografo di cogliere al volo le persone mentre compiono gesti significativi.
Spesso si hanno davvero solo frazioni di secondo per comporre la scena e scattare.
Un manifesto pubblicitario retroilluminato ha fornito uno sfondo significativo al passaggio del ragazzo con zainetto e cappellino: una foto che può rappresentare bene i rapporti a volte complessi che esistono oggi tra uomini e donne. Ho dovuto attendere con pazienza che il soggetto passasse esattamente nel punto giusto, ed essere pronto a premere lo scatto. Questa foto in stile “Street” crea un’immagine onirica dal semplice giustapporsi di elementi colti nella realtà.
Cerca un soggetto che cambi (oppure cambia tu)
Se sei in centro città, ad esempio, scegli una coppia o un gruppetto di persone, ed esegui una serie di scatti mentre questi si spostano in mezzo alla folla e al traffico.
Ti renderai conto che a pochi secondi di distanza, la foto ottenuta sarà del tutto diversa: il soggetto resta lo stesso, ma cambia lo sfondo e il primo piano, la luce e i colori, ci saranno persone che passano davanti e dietro il soggetto prescelto, il quale a sua volta avrà gestualità sempre diverse.
Lo stesso lo puoi fare con un paesaggio, un dettaglio, uno Still Life o un ritratto in studio, semplicemente cambiando continuamente punto di ripresa: dall’alto e dal basso (anche rasoterra), dietro e davanti, a destra e a sinistra, e così via, modificando ogni volta tutto ciò che può essere cambiato.
A volte siamo talmente convinti della foto che vogliamo fare, da non prendere nemmeno in considerazione le possibili alternative. Per questo un esercizio del genere può esserti utile, e in fondo ti farà perdere ben poco tempo. Prova!
A volte si può astrarre dal reale semplicemente guardandosi intorno. Presso la Fontana di Trevi a Roma, ero alla ricerca di una foto un po’ originale, cosa non facile in uno dei luoghi più fotografati al mondo, quando ho notato la placca in metallo lucido della chiesa di fronte. Giocare su riflessi e riflessioni è spesso un buon sistema per cambiare, letteralmente, punto di vista.
Semplicità e chiarezza (per imparare complessità e confusione)
Cercare la semplicità era il consiglio che il fotografo americano Andreas Feininger dava più di frequente.
Già negli anni ’70 (quando scriveva i suoi libri) molti fotografi cercavano composizione complesse, meglio se “sporche”, con linee storte, effetto mosso, poca nitidezza e così via.
Non c’è nulla di male a sfruttare queste “tecniche”, anzi sono utilissime, quasi indispensabili a volte.
Il punto è che solo se le si sa usare con cognizione di causa possono davvero funzionare, perciò prima occorre essere in grado di trovare la necessaria semplicità (soggetti singoli, composizioni lineari, ecc.) e l’utile chiarezza (soggetti evidenti, non confusi, che ben si staccano dallo sfondo…).
Se ci pensi, prima di dipingere nello stile astratto o cubista un pittore dovrebbe prima imparare a dipingere nel modo “classico” e accademico: occorre avere un punto di riferimento da cui distaccarsi, altrimenti a cosa ci si “ribella”?
Questo vale anche per i fotografi. Dunque prova a trovare dei soggetti confusi (la citata folla in centro, o un bosco molto fitto, una discarica di automobili…) e inizia a vedere come potresti trarne delle immagini semplici e senza equivoci.
Vedrai che è tutt’altro che facile.
Identifica un singolo elemento e prova a vedere come puoi ritrarlo facendolo spiccare sulla confusione circostante. All’inizio sarà dura, ma col tempo troverai delle soluzioni utili, e questo ti aiuterà a non distrarti quando sarai in situazioni simili e vorrai identificare il momento giusto per scattare la tua foto senza distrazioni.
E imparerai anche a sfruttare il processo opposto: a confondere un soggetto chiaramente delineato, cosa assai più difficile, ma foriera di gran belle fotografie.