La fotografia stenopeica: Fotografare con un foro

Esiste un principio della filosofia cinese, legato al Taoismo, che potremmo definire “dellazione inversa”. Se vuoi ottenere un certo risultato, persegui l’opposto.

Chi si agita per restare a galla, affonda; chi cerca di apparire, resta nell’ombra. Invece se si rimane calmi e rilassati, si impara presto a rimanere a galla, e chi non si cura della fama e del successo, ottiene il massimo della visibilità.

Dunque, se vuoi la massima qualità (interna, per così dire) della foto, scegli lo strumento meno evoluto; se vuoi fare in modo che chi guarda le tue foto scopra in esse una parte di realtà, e percepisca le tue emozioni, devi evitare che tutto ciò sia evidente e reso col massimo della chiarezza.

Una fotografia stenopeica in bianco e nero

Una fotografia nitida e scattata con le attrezzature più moderne mostra la cose (un paesaggio, un volto, un oggetto) come appaiono, e nel fare questo, secondo il taoismo, in verità le nasconde; una fotocamera stenopeica, nella sua semplicità e rozzezza, invece, restituisce immagini che non gridano, non intendono affermarsi con prepotenza, e che per questo mostrano il lato nascosto della realtà.

Ora, magari non è necessario mettere in mezzo il Tao per illustrare il fascino della fotografia stenopeica, ma il principio che ti ho appena illustrato spiega in modo efficace il motivo per cui molti fotografi scelgono questa tecnica, alcuni addirittura decidono di farne il proprio strumento esclusivo.

Eppure, come dico sempre, la fotografia stenopeica è da un lato la tecnica più facile in assoluto, dall’altra la più difficile: a proposito di Tao e “Ying e Yang”!

E’ la più facile perché non si utilizzano obiettivi o tecnologie avanzate: basta anche solo una scatola delle scarpe, un pezzetto di lamierino su cui realizzare il piccolo foro (stenos opaios in greco, da cui il nome della tecnica) e una foglio di carta fotografica bianco e nero per avere tutto quel che serve per “scattare” una fotografia.

E’ la più difficile perché non ci sono molte possibilità di intervento: in pratica si sceglie il tempo di esposizione (e a volte calcolarlo non è cosa banale) e si compone la scena con molto intuito e poco supporto da mirini resi inutilizzabili o quasi dalla poca luce che filtra attraverso il foro.

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Il grande segreto della fotografia stenopeica

Anche sul digitale le cose non sono così facili: è vero che in tal caso si può ricorrere al display (ma non sempre), però ottenere risultati di qualità impone di lavorare con lentezza e molta, molta cura.

Ecco, la lentezza.

Si tratta dell’aspetto forse principale della fotografia stenopeica. In un’epoca in cui si va sempre di fretta, in cui occorre “far presto”, sbrigarsi, si ha sempre poco tempo “per fare tutto il niente che abbiamo da fare”, come sosteneva il fumettista Bill Watterson (il papà di Calvin&Hobbes), la fotografia con il foro (“Pinhole” in inglese) ci offre la possibilità di rallentare, di prenderci il nostro tempo, di riflettere, di sperimentare.

In questo senso, la fotografia stenopeica, più che una tecnica, è una vera e propria filosofia di ripresa, che porta anche alla realizzazione di immagini particolari, in grado di offrire un “punto di vista” diverso e originale.

Con questa tecnica si utilizza, al posto di una o più lenti (cioè di un obiettivo), un foro piccolissimo (si parla di frazioni di millimetro) realizzato in una sottile lamina metallica. I raggi di luce riflessi dal soggetto e sparpagliati in ogni direzione, vengono, per così dire, allineati dal passaggio nel foro e proiettano un’immagine sulla superficie sensibile, che la registra.

Com’è intuitivo, solo una piccolissima parte di questi raggi viene catturata, il che comporta la necessità di tempi di scatto molto lunghi.

Se si utilizza la pellicola e si scatta dunque in analogico, occorre tener conto anche del cosiddetto difetto di non reciprocità, che provoca un aumento dal 30 al 50% dei tempi di ripresa.

Utilizzando la carta fotografica bianco e nero (a cui si ricorre per le fotocamere ricavate da scatole e barattoli), si devono fare i conti con una sensibilità molto bassa, intorno a solo 6 ISO. In situazioni di scarsa luminosità si arriva facilmente a 15-30 minuti ma a me è capitato di dover attendere anche un’ora o più.

Esiste addirittura una tecnica stenopeica, definita “Solargraphy”, in cui si prolunga l’esposizione per mesi (alcuni si spingono ad attendere anche un anno), registrando tra l’altro il percorso del sole nel cielo!

solargraphy

Una solargrahpy che ho realizzato con un mese di esposizione.

Il risultato sono fotografie generalmente poco definite, ma (è bene sottolinearlo) non “sfocate” (anzi, la profondità di campo è totale). A seconda della precisione del foro e delle sue dimensioni (esistono diverse formule per stabilire il diametro ottimale del foro rispetto alla distanza focale, cioè la distanza tra il foro stesso e la pellicola), i risultati possono risultare straordinariamente nitidi, soprattutto considerando che si fotografa senza obiettivo!

Il foro stenopeico non è utilizzato soltanto in fotografia, ma trova molti utilizzi anche in ambito scientifico e industriale, ragion per cui ci sono ditte che li realizzano con precisione altissima, a livello di micron, grazie al laser o a particolari trapani. Questi fori, relativamente costosi, si trovano facilmente in vendita online.

E’ ovvio però che il vero appassionato preferisca costruirseli da sé.

Eccomi in uno dei miei workshop sulla fotografia stenopeica, mentre insegno a costruire “i ferri del mestiere”

C’è stato un tempo in cui per gli artisti preparare e a volte inventare gli strumenti del proprio lavoro costituiva una sorta di obbligo morale. Raffaello, Leonardo, Michelangelo, tutti i grandi pittori del passato preparavano (o facevano preparare dai propri assistenti sotto la propria direzione) i colori da utilizzare negli affreschi o nei dipinti, partendo da terre ed essenze vegetali.

Naturalmente all’epoca non c’era molta scelta, ma anche in tempi molto più recenti la selezione dei colori, dei pennelli, la preparazione delle tele, o della carta per i bozzetti, occupa molto del tempo dell’artista.

Gli scultori andavano a Carrara a scegliere personalmente il blocco di marmo da impiegare. E pensiamo ai liutai che lavorano fianco a fianco col boscaiolo che dovrà abbattere l’albero prescelto, affinché il legno che se ne ricaverà sia adatto alla bisogna. E gli esempi potrebbero continuare.

Anche se i materiali vengono acquistati, c’era nella loro scelta una cura che negli ultimi anni si è andata affievolendo.

Nella fotografia, si seguono le mode del momento, con fotocamere sempre più evolute, cariche di megapixel, di automatismi, di prestazioni velocistiche da Formula 1. Sono oggetti tecnologicamente affascinanti, ma a volte ci fanno perdere di vista la nostra ispirazione.

La fotografia stenopeica consente di fare una sorta di pausa di riflessione, di rallentare, di rinunciare – almeno per il momento – all’acquisto di macchinari sempre più potenti e costosi per tornare ad avere cura per la propria arte.

Invece di mischiare terre colorate e gomma arabica per poi dipingere il nostro capolavoro, potremo però assemblare elementi “grezzi” (una scatola, del lamierino, un ago, un po’ di carta fotografica bianco e nero o un rullo negativo) e creare in questo modo la fotocamera da utilizzare per le nostre fotografie.

Niente ci impedirà poi di tornare a divertirci con la fotocamera digitale da 50 megapixel, ma almeno lo faremo (vedrai) con rinnovata consapevolezza.

In effetti, si può partire collocando un foro stenopeico davanti una fotocamera digitale per scoprire la magia di ottenere un’immagine senza ricorrere ad alcuna lente: immagine poco nitida, è vero, ma priva di ogni aberrazione o distorsione.

In effetti, però, il massimo della creatività stenopeica si raggiunge con l’analogico: anzi, questo è il modo più semplice ed economico per provare almeno una volta l’emozione della camera oscura e dell’immagine latente (e non “virtuale”) che si vede emergere sotto la luce rossa.

Sviluppare la tua prima foto in una camera oscura è una grande emozione

Con poche decine di euro si è pronti a cominciare, e anche il più accanito fan della fotografia digitale potrà così provare il brivido della fotografia ai sali d’argento.

L’analogico consente oltretutto di utilizzare alcune tecniche, come le foto stenopeiche anamorfiche (con la superficie sensibile tenuta non in piano) impossibili in digitale.

Una fotografia stenopeica anamorfica

Con quest’ultimo possiamo però utilizzare il multipinhole (a cui si può ricorrere anche in analogico ma con molto meno controllo).

Multipinhole ottenuto con foro stenopeico montato su fotocamera digitale. 

E soprattutto, aumentando gli ISO, scattare anche a mano libera e fare addirittura una sorta di “street photography” stenopeica.

Una foto stenopeica di “backstage” del workshop di fotografia stenopeica; nota il foro montato sulla macchina fotografica digitale. 

Insomma, è tutto un mondo creativo che di certo vale la pena conoscere ed esplorare, se non altro per completare la propria formazione fotografica.

Perché fare fotografia stenopeica

Non a caso con i ragazzi di “Reflex-Mania” abbiamo deciso di lanciare una nuova rubrica sul sito in cui racconterò magie e misteri della fotografia alternativa, che alcuni definiscono “Lo-Fi” (da “Low Fidelity”, a bassa fedeltà), e che comprende, oltre al foro stenopeico, decine di tecniche analogiche e digitali di sicuro divertenti e creative. Seguici e vedrai.

L’importante è recuperare anche l’aspetto ludico e addirittura bambinesco della fotografia. Anzi, chi ha dei figli non troverà metodo migliore della fotografia stenopeica per avvicinare i propri pargoli alla fotografia in generale.

Prendere una qualsiasi scatola, o la lattina di fagioli che si sarebbe altrimenti buttata nella spazzatura, trasformarla in fotocamera stenopeica e caricarla con un foglio di carta sensibile, riprendere una foto e svilupparla al buio, vedendo l’immagine latente (negativa, se non si usano carte positive) emergere pian piano, è una magia che rimane impressa, e che regala sempre forti emozioni: altro che scaricare velocemente la scheda sull’hard disk del computer!

La fotografia stenopeica è un viaggio nella storia della visione e della creatività umana, una continua scoperta, una fonte inesauribile di ispirazione.

 Come nella cerimonia del the lo scopo non è sorseggiare una bevanda calda, ma arrivare a comprendere il mondo, così nella fotografia stenopeica entrano in gioco ben altri valori che quelli puramente iconografici.

È una rivelazione.

 

 

 

 

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