
Diciamo subito che un/a fotografo/a si dedica alle cose che ama di più nella vita (a parte la fotografia stessa!) e anzi a volte si arriva alla fotografia passando per un’altra passione. Io ad esempio “vengo” dal mondo della “Natura”, nel senso che volevo fare il naturalista, mi appassionavano soprattutto le piante, poi invece di diventare botanico fotografo sono diventato fotografo e basta. Ma ovviamente sono rimasto nello stesso ambito con fotografie di paesaggio e natura e, quando lavoravo per le riviste, geografico.
Dunque se ami lo sport magari potresti diventare un ottimo fotografo di discipline sportive, se ami girovagare per la città, la fotografia di “street” farà per te, e così via. In genere l’ambito d’elezione è qualcosa che si definisce col tempo, ma il più delle volte deriva appunto dalle cose che ci piacciono di più. Altre volte, si inizia come fotografi “generici” e col tempo si scopre che ci appassiona un genere specifico, come il ritratto o la macro. Magari senza smettere di frequentare saltuariamente altri generi, ma alla fine il proprio talento va definendosi in modo piuttosto netto. Se pensiamo ai fotografi più noti, o anche ai “maestri”, sicuramente ci viene in mente in simultanea a quali generi fotografici li possiamo accostare: Cartier Bresson al reportage giornalistico, Gabriele Basilico alla fotografia di architettura, Stephen Shore al paesaggio urbano, e così via. E questo nonostante molti di questi fotografi si siano dedicati anche ad altro, almeno in una fase della loro vita, se non altro per campare.
Insomma. se li studi un po’, ti renderai conto che nessuno “fa tutto”, ognuno si dedica a un genere, puro o ibrido che sia, senza per questo rimanere ingabbiato, ma insomma… te l’immagini Gianni Berengo Gardin che fa macrofotografie di fiori o Stefano Unterthiner che fotografa palazzi e strade o si dedica a una sfilata di moda a Milano?
Invece pensando a ognuno di questi nomi sappiamo bene cosa fanno, come lo fanno, spesso anche perché lo fanno in un certo modo. E’ il loro stile, la loro missione. Ti sei mai chiesto quale sia la tua?
Infatti, parlando con i fotoamatori, spesso osservo che non sanno definire il campo in cui si muovono. Se gli chiedi: che tipo di fotografia prediligi? alazano le spalle e balbettano qualcosa tipo “un po’ di tutto… il paesaggio… ma anche il ritratto“.
Ora, è del tutto normale, all’inizio della propria carriera fotografiaca coltivare campi e campicelli diversi, in attesa che il raccolto definisca meglio le nostre capacità. Ma c’è chi davvero continua per tutta la vita a zappare qua e là, spesso rischiando di disperdersi.
Attenzione: avere la mente aperta, spaziare, essere sempre curiosi e sperimentare cose nuove va benissimo, anzi è fondamentale. Però occorre definire prima o poi quale sia la nostra missione, quel che vogliamo esprimere, ciò che davvero ci appassiona. Ci possono essere eccezioni, ma di rado i “generalisti” ottengono risultati pregevoli, perché pur volendo essere “rinascimentali” la vita è talmente ampia e ricca di stimoli che inseguirli tutti non fa altro che disperdere le nostre energie. Prima o poi il campo va ristretto.
Naturalmente in linea generale si possono anzi si devono “ibridare” diversi generi per trovare una strada più personale, con ritratti ambientati, ad esempio (paesaggio+ritratto), o paesaggi urbani (paesaggio+street), eccetera. E’ solo il caso di osservare ad esempio che è possibile utilizzare una modalità “Street” per fare un reportage di Moda, o realizzare foto di Paesaggio – ad esempio architettonico – che richiamano le modalità del Reportage, e così via.
Dunque considera le categorie che vado a riassumere come aperte, come un sistema comodo per ragionare su quel che si vuol fare: niente di rigido, insomma.
Il mio consiglio è di non forzare le cose. Se davvero ti appassionano tanti generi diversi e non riesci a decidere, va bene, continua a praticarli tutti, vedrai che col tempo il tutto si chiarirà. Personalmente, anche se avevo bene in mente a cosa volessi dedicarmi, e sono rimasto fedele – sinora – a quella scelta, ho anche fatto in modo di provare praticamente tutti i generi, almeno una volta, tanto per vedere che effetto faceva. Ammetto che mi manca solo il Nudo&Glamour, ma per il resto ho davvero fotografato di tutto, e alla fine questo mi è servito molto.
Ma vediamo assieme alcuni dei generi in cui il vasto mondo della fotografia si divide: non sono certo tutti quelli possibili, ma di certo i più diffusi. Penso che tu li conosca tutti, ma magari averli schedati brevemente in questo modo può avviare una riflessione personale, che ti porterà a chiederti: ma io che cosa amo davvero fotografare?
STREET
La fotografia di Street ha conosciuto negli ultimi anni un notevole successo, ma onor del vero non si tratta affatto di un genere nuovo, se pensiamo che i “maestri” che ne hanno definito i confini (fotografi come Joel Meyerowitz o Garry Winogrand o Alex Webb) erano già operativi negli anni ’60 e ’70 e anzi i prodromi risalgono già a Walker Evans. Certo, oggi il genere ha cambiato un po’ faccia, se un tempo era una modalità diversa di fare reportage (come dimostrano i lavori di Robert Frank) oggi è soprattutto un modo per creare immagini che si basa molto su “incastri” visivi colti appunto camminando per le strade delle città, in cerca di una sorta di bressoniano “momento decisivo”. Moltissimi giovani fotografi attivi in questo settore – oltre a pubblicare su riviste – lavorano principalmente online, diventando “influencer” o tenendo corsi. Per eccellere occorre essere persone che non hanno problemi a piazzare la fotocamera davanti al naso della gente (stile Bruce Gilden), che amano le relazioni sociali e che sono dotati di una buona capacità di scattare al volo, affidandosi anche agli automatismi, certo, ma sapendo come gestirli. Viceversa non servono in genere attrezzature complesse e costose, anzi: piccole mirrorless o addirittura gli smartphone vanno benissimo!
PAESAGGIO
Uno dei generi più amati, e anche quello con la storia più antica, insieme allo Still Life, in ambito fotografico. Se non altro perché agli inizi della fotografia, i materiali erano poco sensibili e fotografare le persone non era possibile, mentre il paesaggio se ne stava lì fermo e immobile. Grandi fotografi hanno fatto della fotografia di “Landscape” un proprio tratto distintivo, anche se magari a volte “obtorto collo”. Ansel Adams, considerato il più grande dei paesaggisti, in verità odiava il paesaggio, che – sosteneva – è dove termina la natura. Tuttavia, se si intende con il termine paesaggio anche la ripresa di spazi selvaggi, allora di certo Adams ci rientra in pieno. Come anche buona parte dei fotografi del Gruppo f/64 (pensiamo a Edward Weston, per esempio). Sebbene fotografassero anche altro, la loro fama è basata proprio sulle riprese di ambienti solitari e bellissimi. D’altra parte ancora oggi la modalità “spettacolare” è quella che va per la maggiore, sebbene oramai declinata – complice il digitale – in modi che sicuramente Adams&Co. aborirrebbero: colori saturi, cieli tempestosi evidenziati con l’HDR, albe e tramonti a go-go rendono molte foto di paesaggio decisamente “finte”. Comunque questo è di sicuro il “mainstream”, a cui si affianca un’altra modalità, che ama indagare i luoghi e non cerca dunque la spettacolarità ma la “realtà”, e proprio in Italia abbiamo una “scuola” di gran classe, che ha raggiunto grande fama grazie a Luigi Ghirri, e che comprende alcuni dei fotografi più noti del nostro paese, da Mimmo Jodice a Guido Guidi a Vittore Fossati. Tutti si sono ispirati in qualche modo alla fotografia “oggettiva” dei New Topographics, come viene definito un gruppo di autori americani che conta tra le proprie file fotografi del calibro di Robert Adams (nessuna parentela con Ansel) e Stephen Shore. Ovviamente esistono molte altre declinazioni, più o meno creative, basti pensare ai “paesaggi con nudo” di Bill Brandt. Anche in questo settore, a parte la pubblicazione di libri, il modo più conosciuto e utilizzato per diffondere le proprie opere è Internet.
NATURA
Un genere davvero ampio, e in tal senso il termine è generico, in teoria comprenderebbe anche parte della macrofotografia, quando rivolta a soggetti appunto naturali, come anche parte della fotografia di paesaggio, quando viene declinata “alla Ansel Adams”. Tuttavia in linea generale i fotografi di Natura amano dedicarsi ad animali di relativamente grandi dimensioni, specialmente mammiferi e uccelli, magari ambientandoli in paesaggi di grande suggestione. E’ un settore che ha conosciuto un discreto successo, ma soprattutto è un campo molto esclusivo, nel senso che di rado i fotografi di Natura fotografano altro. Avendo fatto parte dell’AFNI (l’Associazione dei Fotografi Naturalisti Italiani) e avendo collaborato con la loro rivista “Asferico” so di cosa parlo! Se sei appassionato di questo genere, iscriversi all’associazione è sicuramente una mossa intelligente, anche perché purtroppo in Italia non ci sono molte pubblicazioni dedicate al settore (dopo la “scomparsa” di Oasis e Airone come erano un tempo) e dunque la rivista dedicata ai soci è preziosa. Ma ovviamente collegarsi ad altri appassionati grazie alle sezioni AFNI locali è un’ottima idea, anche per non fare disastri: infatti è facile, presi dalla passione, non tener conto del benessere degli animali ripresi, che deve venire prima di tutto. C’è da dire che è forse il genere più “amatoriale” di tutti, infatti ci sono pochi professionisti in questo campo, data la difficiltà di venedere il proprio lavoro. All’estero – specie negli USA – la situazione è migliore, ma anche lì non son tutte rose e fiori (appunto).
MACROFOTOGRAFIA
Non sono molti i fotografi che si dedicano esclusivamente a questo genere, o a quello affine del Close Up (si differenziano più che altro per il fattore d’ingrandimento, molto meno spinto in quest’ultimo caso) perché spesso è – come detto – inteso quale sottogenere di quello naturalistico, sebbene in realtà grazie alla macro o al Close Up si possano fotografare moltissimi altri soggetti, dalle monete ai modellini di auto. Non è un genere semplicissimo, e per ottenere risultati davvero buoni occorrerebbe anche attrezzarsi con un apposito set di obiettivi e dei sistemi di illuminazione flash. Tuttavia, con alcuni accessori (come i tubi di prolunga) e un po’ di inventiva, è possibile iniziare ottenendo eccellenti risultati. I più “maniaci” puntano a tecniche spinte come la macro ad alto ingrandimento (arrivando a volte a utilizzare dei microscopi) o il “focus stacking“, ma sono cose a cui si può accedere con calma, dopo aver fatto esperienza.
GEOGRAFICO
Potresti chiederti cosa sia questo genere, e in cosa sia diverso dal Paesaggio. Beh, il geografico è la narrazione dei luoghi, il racconto di realtà locali ben specifiche, ed è il genere che ho praticato per oltre 15 anni lavorando per le riviste. Si tratta di un genere per sua natura ibrido, perché raccoglie la fotografia di paesaggio, lo still life e la ritrattistica. Infatti, per raccontare un luogo occorrerà mostrare i suoi paesaggi naturali, le sue architetture, le persone (e qui entra a volte anche la “street”), magari i piatti tipici (ecco gli still life) e così via. Le modalità sono state codificate a partire dagli anni ’30 da riviste come “National Geographic” o più recentemente “Geo“. In effetti è un settore un po’ in crisi, dopo la chiusura di tante riviste, ma grazie allo “Storytelling” – che spesso diventa un modo per narrare i luoghi online ad esempio con strumenti come Adobe Spark o Behancé – sta conoscendo una nuova giovinezza. Anche perché chi è che non ama viaggiare?
PEOPLE
A differenza della ritrattistica, le foto di People (“gente” in inglese) vanno a riprendere le persone nelle loro attività quotidiane, con fotografie sia “staged”, cioè in situazioni ricostruite ad hoc (pensa a certe foto pubblicitarie o a quelle vendute dalle agenzie di stock dove questo genere impera), sia spontanee, che quasi sfiorano la “Street”, sebbene a differenza di quest’ultima qui l’accento è posto proprio sulle persone e su quello che stanno facendo. E’ un genere che può essere declinato in molti modi, e se pensi alle foto di Oliviero Toscani, ad esempio, capisci cosa intendo. Lo sbocco principale, come detto, è quello delle agenzie, soprattutto perché è un tipo di foto di grande successo, utilizzato nei siti, nelle pubblicazioni (cartacee e digitali), nelle piccole pubblicità, e così via.
NUDO e GLAMOUR
Non è detto che il soggetto debba essere una donna, e anzi esistono molte foto di questo genere con modelli maschili (penso a molte foto di Mapplethorpe), ma diciamocelo francamente: buona parte dei fotografi che lo amano sono uomini e fotografano donne poco vestite e molto sexy. Il che ha onestamente creato anche un bel mercato di modelle che oramai sono bravissime a intuire i desideri di chi le riprende e a mettersi nella posa giusta, al punto che qui imperano i cliché e possiamo ben dire che forse solo il 50% della foto è merito del fotografo, il resto lo fa la modella. Ovviamente parlo del genere “base”, di quelle foto che si vedono spesso online e che ricevono molti “like” sebbene siano identiche a millemilla fatte da altri e ricordano in genere le foto pubblicate sulle riviste patinate. Ma tant’è. Ci sono poi parecchi fotografi che invece interpretano il genere in modo creativo, innovativo e anche ironico, senza puntare tutto sulle forme generose del soggetto, ma cercando di narrare piccole storie o creare situazioni strane e particolari. E soprattutto senza uscire mai dai confini del buon gusto, cosa affatto facile dato la tipologia di soggetti. Se la tua foto suscita commenti maschilisti e sessisti, fossi in te mi fermerei un attimo a riflettere. Il Glamour sfiora il settore della “Moda”, ma ne rappresenta la versione più… discinta. In pratica le foto di moda che riprendono lingerie, sono appunto Glamour.
MODA
E’ il genere più esclusivo, quello di accesso più difficile. I fotografi di moda – e che vivono di questo – sono pochissimi, pagati molto bene e invidiati. Nulla vieta di fare foto di moda per pura passione e nel tempo libero, magari appoggiandosi a una boutique che in cambio di qualche foto metta a disposizione dei vestiti da far indossare a una modella/o o all’amica/o disponibile, ma di certo possiamo dire che si tratta di un genere che può essere utilizzato come elemento particolare in altri settori (people, glamour, ecc.) piuttosto che un genere a sé.
RITRATTI
Su questo c’è poco da dire: la ritrattistica è sempre stata di gran moda, e anche farsi un selfie vuol dire praticarla! Così come quando si fotografa il fidanzato o la fidanzata in vacanza o cose del genere. Ovviamente per fare sul serio occorre conoscere per bene gli schemi di illuminazione in studio e saper controllare la luce ambiente (con pannelli o flash fill-in) quando si è sul campo. E’ inoltre necessario saper interagire con i soggetti, cercare di riprendere il loro modo di essere, la loro personalità, non solo le loro apparenze fisiche, e dunque gestire anche le pose, il modo in cui si pone il modello, che spesso essendo una persona comune non sa stare davanti la fotocamera.
STILL LIFES
Anche questo è un genere fotografico antichissimo – per gli stessi motivi di cui parlavamo nella scheda del Paesaggio – che riprende i parametri della pittura, le famose “Nature morte”. In effetti più che le capacità fotografiche – pure necessarie – conta molto la capacità di assemblare gli oggetti in modo creativo e intrigante, cosa tutt’altro che facile. Studiare le opere pittoriche del passato, in tal senso, aiuta molto. Occorre poi saper gestire le luci, il più delle volte artificiali, e avere delle attrezzature fotografiche di buona qualità. I maggiori fotografi del settore ricorrono spesso a banchi ottici o fotocamere digitali di medio formato. Anche qui, però, esiste la versione “semplice”, che permette di essere creativi e a volte innovativi lavorando con luci continue acquistate a poco prezzo (faretti a led, ad esempio) e magari scegliendo soggetti particolari. Una sottosezione dello Stll Life molto amata è diffusa è il Food, la fotografia di cibi, in genere cucinati. In pratica quando si fotografa con lo smartphone il piatto che ci hanno appena servito al ristorante, quello è uno still life di food!
CREATIVO
Ogni fotografia dovrebbe essere creativa, questo lo sappiamo. Dunque la creatività entra in ogni genere, ma qui si intende proprio il genere “fuori dagli schemi”, con fotografie anche estreme: il mosso, lo sfocato, le esposizioni multiple, le stampe con le antiche tecniche, e così via. Mario Giacomelli è stato un antesignano in questo campo. E’ un settore davvero poco definibile, in cui rientrano coloro che usano il foro stenopeico e le toy cameras, gli obiettivi “atipici” o le tecniche “cameraless” e così via. Diciamo che il fotografo “creativo” è più un artista che un artigiano. C’è da dire che considerando i “guru” del settore (i vari Andreas Gursky, Jeff Wall, Angelica Hofer) e le cifre a cui riescono a vendere le loro foto, questo aspetto risalta in maniera particolarmente evidente. Realizzano in genere stampe di grandi dimensioni, in tiratura limitatissima, destinate al mondo del collezionismo. Ovviamente la fotografia “creativa” non è solo questa, però di certo ci sono molti fotografi che guardano con invidia chi riesce a vendere le proprie stampe a cifre importanti e magari finisce per esporre nei musei!
CERIMONIA
Questo è un settore che a livello professionale ha garantito per molti anni a intere generazioni di fotografi di vivere con il proprio lavoro. Purtroppo negli ultimi anni il calo dei matrimoni e di altre cerimonie del genere hanno minato le basi di un genere popolare, praticato anche da molti amatori (che i professionisti considerano abusivi!). In verità, negli ultimi anni, molti appassionati sono chiamati (al posto del professionista) da amici e parenti a fare le foto al proprio matrimonio, cosa che per chi campa di fotografia è inaccettabile, ma che è un fenomeno forse inevitabile. Tuttavia è chiaro che il professionista è in grado di realizzare reportage assai superiori, ma non bisogna sottovalutare certi appassionati in grado di produrre album (anzi, oramai si tratta sempre più spesso di libri fotografici, come quelli prodotti da SAAL digital) più che dignitosi. Anche questo è un genere ibrido tra il Ritratto, la fotografia di People e il Reportage.
REPORTAGE
Altro genere in profonda crisi, e da tempo. Dopo i fasti dei decenni passati, l’avvento della televisione prima e di Internet poi l’ha messo in buona parte fuori gioco. Oltretutto oggi con il “citizens journalism” gli “scoop” migliori li fanno persone armate di smartphone che si trovano nel posto giusto al momento giusto. Così, il campo del reportage, più che quello del mero fotogiornalismo, è diventato quello dello Storytelling, spesso sociale. Insomma, il fotografo di Reportage approfondisce la narrazione, non insegue la cronaca. Questo spiega i progetti a lungo termine di fotografi come Paolo Pellegrin o Francesco Zizola, che pure avevano iniziato inseguendo guerre e tragedie in giro per il mondo. Purtroppo oramai mancano le riviste interessate a lavori di questo genere, ma c’è ancora mercato per un approccio più autoriale e meditato. L’appassionato, nel proprio piccolo, può fare altrettanto, narrando storie a portata di mano: le difficoltà del proprio quartiere, o il proprio lavoro o anche situazioni quotidiane, come molti hanno fatto raccontando il “Lockdown” durante l’epidemia di Covid.
Bene, questo per il momento è tutto, ma conto di tornare su questi aspetti, in futuro. Perché studiare come la fotografia sappia articolarsi e adattarsi alla realtà che ci circonda è parte integrante del suo irresistibile fascino!