
GONZO DISTOPICO
In questi giorni. Fotografo del luogo. Dello spazio metafisico.
Leggo. Studio. Invento. Creo.
Momento di quiete. Meditazione.
Preparo le nuove sfide.
Sono già dentro il presente-futuro.
Sistemo il mio studio.
Incontri in linea. Corsi in linea.
La fotografia assorbe ancora molta parte del mio tempo.
La fotografia uccide mostri.
O li ricaccia dentro.
Tempo sospeso. Eppure in mutazione.
Sto riflettendo su queste giornate, un pò per tutti difficili. Non smetto di fotografare. Qui, in Messico, la situazione è diversa dall’Italia, meno drammatica. Almeno per adesso.
Ho letto, di nuovo, Ernest Hemingway. Adesso mi butterò su un nuovo libro, stavolta con testo in Spagnolo: quel Brave New World, che in Italia è stato tradotto come Il mondo nuovo, di Aldous Huxley. Un romanzo distopico* che letto in questo momento particolare delle nostre esistenze può far riflettere molto su cosa siamo e dove stiamo andando.
Nota: Utopia e distopia sono generi di fanta-fiction speculativa che esplorano strutture sociali e politiche. La narrativa utopica ritrae un’ambientazione che concorda con l’etica dell’autore, con vari attributi di un’altra realtà destinata a attrarre i lettori. La narrativa distopica (a volte combinata con ma distinta dalla letteratura apocalittica) offre il contrario: la rappresentazione di un’ambientazione completamente in disaccordo con l’etica dell’autore.

Le fotografie che vedi sono realizzate con la Superheadz, una toy camera giapponese da 2mpx.
La fotografia incide sulla mia coscienza? Questa domanda me la sono posta sempre più spesso questo periodo. Perchè mi ritrovo a fotografare delle scene di apparente normalità, mentre il mondo sembra andare in malora.
In questo contesto, attaccato al momento sospeso, trovo cupi indizi . Molti dei quali sembrano essere stati presi da qualche brutto film di fantascienza degli anni 50.
Come se vedessi le cose, da scrittore e da fotografo, attraverso un finestrino posteriore, in una sorta di realtà indiretta.
La ricerca del mio fotografare in strada adesso avviene con ancora meno tempo a disposizione. In una sorta di apnea, in cui sai che dovrai risalire presto.
Avverto l’attrazione delle informazioni che mi derivano da questo accorciato peregrinare ma resto sospeso nella stranezza delle immagini prodotte.
Fisso i volti. Fisso me stesso. Fisso le strutture urbane. Valuto il potenziale della situazione che ad un momento può essere riconosciuta come fotografica. O magari anche no.
Questa paradossale situazione del mondo e di dove stiamo andando, mi porta ancora di più a visitare me stesso, a ritrovarmi a riflettere su cosa vedo e come lo vedo. La mia scrittura e la mia fotografia non sono mai state tanto GONZO** come in questo momento.
Nota**: Utilizzo il termine gonzo con evidente riferimento al mio eroe Hunter S. Thompson. Gonzo è uno stile di giornalismo che è scritto senza pretese di obiettività, spesso includendo il reporter come parte della storia attraverso una narrazione in prima persona. Si ritiene che questo termine sia stata utilizzato per la prima volta nel 1970 per descrivere un articolo di Hunter S. Thompson, che in seguito rese popolare questo stile
L’idea della quarantena è già un prodotto alienante di suo. Volete che questo non finisca con l’influenzare, o meglio ancora determinare, la visione? Se non fosse così, sarei un morto.
Ad esempio penso sempre più ad un futuro in campagna. Un luogo dove possa stare più a contatto con la natura, un luogo dove se ho voglia posso sparare a qualche bottiglia.
Dove la mia esistenza diventi rifugio, circondato da animali, mentre pianto basilico e pomodori. Uno scollamento dalla realtà è necessario. Colpa di un mondo che non riconosco più, che sento sempre più distante perché così davvero non mi piace.
Tutto questo, però, è fotografia.
Tutto questo, inevitabilmente, influenza il mio fotografare. Probabilmente anche il mio scrivere.
In queste giornate ho ripreso in mano un giocattolo. La Superheadz, una toy camera da 2mpx. Le foto che vedete in questo articolo sono realizzate con questa cosetta.
Ci sto facendo una nuova serie di libri, con il titolo “hari”. Una fotografia intima, che sgorga dalle budella, che porta alla luce un approccio Giapponese che ho imparato a far mio diversi anni fa.
Gonzo e Giappo.
In salsa Messicana.
Per approfondire: Gli aspetti utopici e distopici delle attività dell’umanità sono stati temi dominanti e coerenti nel lavoro di Sternfeld, e in questo ciclo traccia un legame tra i modelli sociali e le implicazioni ambientali delle nostre azioni. – In Focus: Joel Sternfeld di Jesse Wender, articolo pubblicato su THE NEW YORKER.