LA MIA GONZOGRAFIA – Alex Coghe

“Il miglior insegnante è l’esperienza e non attraverso il punto di vista distorto di qualcuno” – Jack Kerouac (Sulla strada)

In un precedente articolo di questa rubrica ho utilizzato il termine gonzo che ho spiegato così:

Utilizzo il termine gonzo con evidente riferimento al mio eroe Hunter S. Thompson. Gonzo è uno stile di giornalismo che è scritto senza pretese di obiettività, spesso includendo il reporter come parte della storia attraverso una narrazione in prima persona. Si ritiene che questo termine sia stata utilizzato per la prima volta nel 1970 per descrivere un articolo di Hunter S. Thompson, che in seguito rese popolare questo stile.

Riferendomi al mio scrivere e alla mia fotografia uso spesso la definizione di gonzografia, un termine che a mio avviso riesce a racchiudere esattamente tutto quello che è il leit motiv delle mie visioni, nelle quali mi concentro a provocare visivamente e intellettualmente coloro che osservano le foto e leggono i miei testi.

Gonzografia comprende dunque scrittura e fotografia, che per me non sono mai dissociate, ma anzi si compenetrano. Nella mia gonzografia c’è una poesia e poi magari lo sguardo di una delle ragazze che fotografo, ci sono le mie esplorazioni nei barrios e tutti quei testi che trasudano le esperienze tatuate sulla mia pelle.

Le immagini per l’articolo provengono da una serie chiamata SEXY DREAM  con la quale prossimamente pubblicherò un nuovo libro. Si tratta di un esempio della mia provocazione visuale, realizzata con un processo particolare che in parte vorrei mantenere segreto. Anche queste foto sono state scattate con la toy camera superheadz.

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Riprendendo, in parte, la matrice delle mie creazioni letterarie di diversi anni fa, ho l’opportunità di creare qualcosa di assolutamente personale con associazioni espressive e visuali.

Il mio lavoro nei barrios rivela molto di me. Sto mostrando la mia visione.

E’ la mia vita di tutti i giorni. Le questioni sociali sono presenti sia nei testi che nelle foto, filtrate dalla mia esperienza. Le presento attraverso i miei progetti personali, ma anche attraverso quelle foto e quei testi che invio alle agenzie giornalistiche con le quali collaboro.

Sto proponendo un prodotto genuino, realmente sentito perché vissuto in prima persona e non commissionato. E questa, credetemi, è una grande sensazione.

Non nego che il fatto di avere acquirenti mi fa sentire ispirato a produrre di più e a raccontare nuove storie attraverso la mia ricerca visiva. Solo nell’ultima settimana ho prodotto tre libri personali.

Non mi interessa davvero come possa essere definita la mia fotografia e il mio stile come scrittore, però amo comprenderlo tutto nel termine di gonzografia, perchè rimarca proprio l’idea di qualcosa prodotta attraverso l’esperienza diretta, in prima persona: ci sono molti termini che vengono utilizzati per la fotografia: di strada … documentaristica … paesaggio urbano: non mi interessa davvero, l’importante è l’aspetto narrativo per me.

Morirei per avere la mia narrazione presentata là fuori e lo sto facendo. Fotografo. E scrivo. Faccio questo ogni giorno. E lo faccio tantissimo. Lo faccio in continuazione. A casa, fuori casa. Lo faccio e non ho smesso neanche in questo periodo di cattività forzata. Perchè sono nato per farlo. E lo amo.

Quelle persone che riconoscono che l’immaginazione è il padrone della realtà li chiamiamo saggi, coloro che agiscono su di essa li chiamiamo artisti”. – Tom Robbins

Ogni volta che prendo una penna o una macchina fotografica tra le mani, mi sento libero come non mai. Posso togliere tutta la merda dalla mia vita e vomitare glamour. Posso trasformarmi nel bandito del Sertao.

Posso immaginare mondi in cui le foglie degli alberi sulla loro superficie pelosa hanno microcosmi pieni di volti e vite. So scrivere e ho anche capito che posso fotografare in stati di coscienza alterati. La grandezza è che uno scritto o una fotografia catturano quei momenti.

In passato ho scritto un mucchio di libri. Erotici. Irregolari. Eretici. Non è cambiato molto da quel tempo. Ad un certo punto ho ritrovato la fotografia. Che si è installata nella mia vita, in maniera totalizzante.

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