
Sono mollemente sdraiato sul lettino in spiaggia.
E’ il mio secondo giorno di ferie e la stanchezza accumulata al lavoro si fa ancora sentire in modo importante.
Sfoglio distrattamente il telefono. Probabilmente tra un paio di minuti mi appisolerò e questo pensiero mi tranquillizza…
Poi sbarro gli occhi incredulo. E’ vero quello che ho appena letto?
La tecnica ci ucciderà
E’ la sentenza di morte che qualcuno scrive su uno dei tanti gruppi fotografici che seguo.
In trenta secondi leggo il breve intervento, che ti riassumo così:
la tecnologia delle macchine fotografiche digitali sta progredendo talmente rapidamente che il fotografo non conta più nulla. Nelle fotografie attuali la firma del fotografo non c’è più perché è la tecnologia della fotocamera a prevalere.
Sono incredulo e scrivo un brevissimo commento che l’autore mi cassa impietosamente qualche minuto dopo dicendo che io non capisco ma che, comunque, posso pensarla come voglio.
Ma io non riesco davvero a capire perchè mai un oggetto inanimato di ferro e plastica dovrebbe prendere il sopravvento su un sistema complesso (noi, Homo Sapiens Sapiens, ovvero doppiamente sapiente!) che si sta evolvendo da oltre 35.000 anni!
Se sei d’accordo facciamo qualche ragionamento a ruota libera mettendo sul tavolo, come al solito, qualche fotografia…

Questa è una delle fotografie più tecniche che io abbia mai realizzato.
App sul telefono per la pianificazione, treppiede, filtro graduato, polarizzatore, post-produzione piuttosto spinta (sviluppo + ritocco).
Questa fotografia per me ha un grande valore affettivo (dai, non sorridere così! Magari un giorno scriverò qualcosa riguardo il valore che il fotografo dà alle immagini e il valore… che invece viene attribuito dagli altri).
E’ un’immagine simbolica di rinascita che ho intitolato l’alba e la nuova luce. Non posso raccontarti qui la sua storia perchè andrei fuori tema: sappi solo che i social sono stati decisamente freddi…
Come mai non è piaciuta se oggi le foto che vanno per la maggiore sono foto di paesaggi ultra-nitide e super-sature?
Io un’idea me la sono fatta.
Oggi esiste – di fatto – uno standard di mercato per la post-produzione che si chiama Adobe Lightroom.
Nonostante Lightroom sia un programma molto vasto i suoi comandi sono decisamente semplici. Inoltre esistono migliaia di tutorial che insegnano come fare qualunque cosa. E ancora, il web è pieno di stili che, una volta applicati, faranno tutto il lavoro al posto tuo.
Una delle conseguenze di questo stato di cose è che le fotografie vengono sviluppate in modi estremamente standardizzati e risultano, di conseguenza, tutte molto simili tra di loro (soprattutto per quanto riguarda i colori).
Quindi ora dovrei dare ragione all’uomo dei social. Queste foto non portano sicuramente la firma del fotografo ma quella di Lightroom. Triste… ma vero!
Al contrario, la mia fotografia non era firmata Lightroom e quindi a tanti potrebbe essere semplicemente sembrata una fotografia sviluppata malamente perchè i loro occhi non sono riusciti a trovare standard noti.
Volete un’altra foto super-tecnica? Eccola!

In questo caso – oltre all’attrezzatura e i filtri usati per la foto fatta a Tellaro – ho anche scattato a forcella (quindi questa fotografia è un HDR) e poi ho unito 5 diverse immagini, composte ciascuna da tre scatti differenti, per realizzare il panorama.
Quest’immagine a me piace e rende molto bene l’atmosfera di quel tramonto siciliano ma… scarsa approvazione da parte dei gruppi sui quali è stata condivisa.
Proviamo invece ad analizzare questa.

App sul telefono per la pianificazione, treppiede, filtro, post-produzione piuttosto spinta. Esattamente come quella di Tellaro solo che la questione filtro era semplificata: al posto del polarizzatore + filtro neutro graduato ho usato un vetro da saldatore fissato all’obiettivo con due elastici!
Eppure, il gradimento dei social è stato decisamente più clemente.
La motivazione – sempre secondo il mio punto di vista – è dovuta semplicemente al fatto che la fotografia è un po’ atipica, non è la solita fotografia, non ricalca i soliti schemi, non è la solita minestra riscaldata.
Non è sicuramente un’idea nuova, e neppure un’immagine mai vista prima, ma basta spostarsi leggermente dallo standard che il gradimento aumenta.
In particolare – per quest’immagine – non esiste uno standard noto! Quindi il tuo cervello non trova niente di massificato con cui confrontarla e la guarda per quello che è. Mi piace o non mi piace. Fine.
Però voglio tornare sul super-classico-quasi-banale.

Questo panorama non è frutto di ritaglio ma è un assemblaggio di 6 fotografie verticali prese con il mio tele dalla sommità del campanile di San Marco.
Quindi, in questo caso, scatti multipli sviluppati separatamente con modifica della paletta colori per simulare la luce del tramonto, ricostruzione parziale dell’isola in alto a sinistra (sullo sfondo), applicazione di una sorta di effetto Orton e assemblaggio finale.
Tutto questo per ottenere una fotografia ricchissima di pixel (per capirci: ingrandendo l’immagine originale al 100% si capisce perfettamente che cosa stanno facendo le singole persone davanti alla Basilica di Santa Maria della Salute).
Tecnica e tecnologia a non finire eppure il risultato è il frutto di decisioni prese dal fotografo (e non dalla macchina fotografica!) fin dal momento dello scatto.
Ti dirò di più… per fare uno scatto del genere senza intervento ‘umano’ avrei avuto bisogno di una macchina fotografica con un sensore da circa 250 MP!
In questo caso preciso nessuna macchina fotografica a me nota sarebbe stata in grado di registrare questa scena come la stai vedendo tu. Per una somma di ragioni.
Ti faccio un altro esempio, anche se totalmente diverso!

Questa fotografia è stata fatta di notte ad una fontana con getti d’acqua illuminati che si trova nella piazza di fronte al teatro più grande della mia città, Reggio Emilia.
In questo caso ho dovuto decidere la quantità di sfocatura per raggiungere l’effetto voluto e mantenere, allo stesso tempo, riconoscibile la facciata del teatro e del palazzo sullo sfondo. Volevo permettere, quindi, all’osservatore di essere in grado di posizionare la foto in un luogo geografico ben preciso.
Ho regolato il tempo di scatto per poter avere – di concerto con il movimento delle mie mani – la giusta quantità di mosso. Non parliamo dell’esposizione, che ho dovuto fare in modo completamente manuale fregandomene, necessariamente, dell’esposimetro impazzito che mi ordinava disperatamente di cambiare tutto!
Quanta tecnica c’è in uno scatto del genere? Direi una bella dose.
E quanto conta la macchina fotografica? Assolutamente niente!
La tecnica ucciderà tutti coloro che ubbidiranno ciecamente alla propria fotocamera, seguiranno sempre l’ultima moda, applicheranno in modo religioso la regolina letta sul libro o appresa dal guru del momento, conteranno i likes sulle proprie immagini come fossero pepite d’oro.
Fate ciò che vi piace fare, sentitevi liberi, e sarete dei fotografi felici.
Come recitava uno spot pubblicitario di tanti anni fa: la potenza non è nulla senza il controllo…
