
Gabriele Basilico è stato uno dei più grandi fotografi di aree urbane al mondo. Prima di lui probabilmente non esisteva neppure la definizione di “fotografo urbano”. In molti avevano immortalato grandi città nei loro scatti, ma nessuno si era mai soffermato sullo spazio urbano come protagonista assoluto, unico vero soggetto fotografico.
Il lavoro di Gabriele Basilico nasce come reportage documentario, ma si guadagna a pieno titolo un posto nell’arte. I suoi paesaggi urbani, spesso in scala di grigi, catturano l’essenza dello spazio e descrivono le trasformazioni della società senza dover ricorrere alle persone.
Basilico ha incorniciato e documentato centinaia di spazi urbani, trasmettendo la loro sensualità e restituendo dignità anche ai luoghi più desolati.

Ritratto di Gabriele Basilico- Ph Giorgia Fiorio
Chi era Gabriele Basilico
Gabriele Basilico nacque a Milano nel 1944 e, fin da piccolo, rimase affascinato dai paesaggi urbani milanesi per la loro maestosità. Intorno al 1968, dopo aver frequentato alcuni anni di Architettura, si ritrovò al centro delle manifestazioni di quel periodo e la fotografia finì col diventare il suo modo di partecipare al cambiamento. Come molti altri fotografi della sua generazione, rivolse i suoi primi interessi alla fotografia sociale. In quegli anni, conobbe anche alcuni grandi fotografi come Gianni Berengo Gardin e Cesare Colombo, ma l’interesse per il reportage sociale durò ben poco.
Abbandonata definitivamente la Facoltà di Architettura, aprì uno studio fotografico in via Brera e da quel momento iniziò a fotografare principalmente edifici e interni. Nel 1978 realizzò il suo primo lavoro importante, ovvero Milano. Ritratti di fabbriche, un reportage che ha come soggetto la periferia industriale di Milano. Partendo dal Vigentino, girò tutte le periferie del capoluogo lombardo e lavorò senza sosta sugli spazi urbani.

Milano – Foto di Gabriele Basilico
Da Milano in poi, l’interesse di Gabriele Basilico per il paesaggio urbano e le sue mutazioni divenne quasi una missione poetica: ogni città acquistava una forma, un carattere e anche le rovine ritrovarono dignità.
È il caso del reportage su Beirut, realizzato nel 1991, tra le macerie di una città distrutta dalla guerra civile.

Beirut-1991: foto di Gabriele Basilico
Dopo Beirut, Berlino, la Normandia e molte città italiane (Napoli 2004, Roma 2007 e altre), Gabriele Basilico fu protagonista di diversi progetti di documentazione, dai quali nacquero mostre e pubblicazioni.
Nel 2007, Basilico fu incaricato, dal Dipartimento di Fotografia del San Francisco Museum of Modern Art, di realizzare la sua prima campagna fotografica per gli Stati Uniti (Silicon Valley ’07) e nel 2008 si occupò del paesaggio urbano di Mosca (Mosca Verticale) ripresa dalle torri staliniane.
Tra il 2010 e il 2012 realizzò altri importanti reportage su Istanbul, Shanghai, Beirut (per la seconda volta) e Rio, e partecipò alla Biennale di Venezia con il progetto Common Pavilions.
Gabriele Basilico lavorò fino alla morte, avvenuta a Milano il 13 Febbraio del 2013.

Rio e Shangai: foto di Gabriele Basilico
Gabriele Basilico e Milano
Per Basilico Milano non fu solo la sua città d’origine, ma anche un luogo del cuore, nel quale tornò più e più volte a documentare i mutamenti del paesaggio e lo scorrere del tempo.
«Questa città mi appartiene – scrive Basilico in uno dei suoi numerosi testi – e io appartengo a lei, quasi io fossi un frammento fluttuante dentro il suo immenso corpo.»
La Milano degli anni Settanta, non era una città solamente industriale. Aveva infatti uno spirito fortemente operaio e si componeva di case e uffici commerciali, oltreché di fabbriche. Il suo studio su Milano prese vita tra il 1978 e il 1980, quando l’Istituto Nazionale di Urbanistica gli commissionò un servizio fotografico sulla città.
Da una prima osservazione delle fabbriche, nacque Milano. Ambiente urbano, che fu probabilmente il punto di svolta nella fotografia di Gabriele Basilico. A partire da questo progetto, infatti, iniziò a delinearsi il reportage successivo, Milano. Ritratti di fabbriche, ad oggi considerato un capolavoro assoluto della fotografia urbana italiana.

Gabriele Basilico: ritratti di fabbriche
Questa seconda analisi prese il via in una Milano semi-deserta e luminosa, a pochi giorni dalla Pasqua. Negli scatti di Milano è facile intravedere non solo il Basilico fotografo, ma anche l’architetto. La scelta delle fabbriche, come soggetto principale del suo studio, rispose probabilmente all’idea di creare una sorta di guida alla città di Milano, nel passaggio dalla modernità alla post modernità. Basilico ferma, nei suoi scatti, le fabbriche milanesi proprio nel momento in cui l’industria stava morendo e mostra una città immersa nel silenzio, in attesa di trovare una nuova identità.
In questo reportage è possibile scorgere alcuni elementi dello stile documentario, come il tornare più volte in uno stesso luogo e la scelta di concentrare l’attenzione su un solo elemento dell’intero tessuto urbano (questo stile narrativo ricorda, per certi versi, la desolazione presente nelle opere di Umberto Boccioni).

Altri “Ritratti di fabbriche” di Gabriele Basilico
Per Basilico quelli delle fabbriche non sono semplici scatti della città, ma veri e propri ritratti, che raccontano un’evoluzione lunga e continua del contesto urbano.
In questi ritratti, Basilico dosa sapientemente luci, ombre e volumi, facendo emergere qualcosa in più delle semplici architetture. La sua direzione sembra, in qualche modo, tradire la teoria dell’attimo di Cartier-Bresson, in favore di una fotografia lenta e pensata, che attende la luce adatta ad esaltare quelle forme.
Milano e le altre città
Per tutta la sua vita, Gabriele Basilico mantenne un legame fortissimo con Milano. Il capoluogo lombardo rimase, infatti, il luogo da cui partire alla scoperta delle altre città e quello in cui tornare. Tutte le città, nelle quali si trovò a lavorare, divennero un riferimento per guardare Milano.
Quello di Basilico fu un vero e proprio viaggio emotivo, alla ricerca di elementi familiari nei quali potersi riconoscere.

Composizione di scatti di Berlino, ad opera di Gabriele Basilico
Ed è a partire da questa ricerca di Milano in altri luoghi che, nel 1997, uscì Nelle Altre Città, un percorso di rinascita dello sguardo del fotografo, attraverso le continue trasformazioni del paesaggio urbano.
In questo progetto, la capacità di osservazione del fotografo si affina attraverso gli elementi che, nelle altre città, richiamano Milano e viceversa.
Da qui, l’idea di “città globale” che accompagnerà la ricerca di Basilico per tutta la sua carriera.

Fotografie di Parigi (a sinistra) e San Francisco (a destra), ad opera di Gabriele Basilico
Lo stile di Gabriele Basilico
Nell’immaginario di Basilico, gli esseri umani sono solo abitanti dell’architettura che, da sé, è in grado di raccontare qualcosa.
La vita, l’evoluzione, il progresso, sono già visibili osservando gli edifici che danno forma alle città.
Guidato da un profondo interesse per le architetture, Basilico ha raccontato il costante processo di stratificazione delle città, indagando il rapporto tra l’uomo e lo spazio e creando una narrazione continua dei luoghi. Il suo stile documentario fa emergere le peculiarità di ciascuna città, mettendola anche in relazione con le altre.
Per Basilico è fondamentale guardare, ancor prima di scattare. Il risultato è una fotografia riflessiva nella quale, ancora oggi, è possibile scorgere la sua capacità di raccontare i luoghi, con l’accuratezza di un architetto e il cuore di chi li ha vissuti.
Silvia Gerbino