
Oggi ospitiamo sul blog Micaela Zuliani, che non solo è la fotografa di boudoir più conosciuta in Italia, ma anche quella che più di ogni altro ha contribuito negli ultimi anni a rendere popolare questo genere.
La sua lunga intervista, per la quale la ringrazio davvero, mi ha davvero colpito, soprattutto per una caratteristica secondo me davvero poco comune: in qualche modo rispecchia perfettamente il genere fotografico per cui Micaela è famosa.
Dal colpo di fulmine per la fotografia alle esperienze negative che la hanno condizionata personalmente e artisticamente, dall’introduzione del genere in Italia al successo del progetto Boudoir Disability, dal rapporto con i soggetti fotografati a quello con sé stessa e con i suoi allievi, Micaela ci regala infatti oggi non tanto, o non solo, un elenco delle sue esperienze e una “lezione” sulla fotografia, ma il ritratto intimo di una fotografa con un coraggio di mettersi in gioco che davvero le invidio!
E forse è proprio questa nota del suo carattere a permetterle, più di ogni altra, di aiutare i suoi soggetti e i suoi allievi a liberarsi, rispettivamente davanti e dietro all’obiettivo, e a vivere in pieno l’emozione “sottile e potente” della fotografia Boudoir.
La sfida è sempre la stessa sia nei soggetti che ritraggo, sia negli allievi che seguono i miei corsi: quella di portarli ad essere se stessi. Arrivano al corso pensando di dover voler fare una bella foto. La prima cosa che dico loro è: dimenticati di fare una bella foto e lavoriamo per far sì che tu faccia una TUA foto”. Micaela Zuliani
Non potrei essere più d’accordo.
Prima di lasciarti all’intervista, ecco alcuni link (li ritroverai al fondo dell’articolo) sui quali potrai approfondire il suo lavoro o metterti in contatto direttamente con Micaela.
I suoi siti web:
Le sue pagine Facebook:
FacebookFotografiaBoudoirItalia
Intervista a Micaela Zuliani
1 – Ciao Micaela e benvenuta qui sul blog. Partiamo dal principio, raccontami come è cominciata la tua passione per la fotografia.
All’improvviso. E’ stato un vero e proprio colpo di fulmine. Premesso che non ho mai fotografato nemmeno in vacanza, un giorno mi sono ritrovata per caso a guardare un sito per un corso di fotogiornalismo, ho chiesto informazioni per partecipare, mi è stato detto che dovevo conoscere prima le basi della fotografia e avere la reflex. Dopo pochi giorni ho acquistato la reflex e incominciato a studiare da sola le basi.
Tuttavia inconsciamente il bisogno di tirare fuori “cose” sopite sicuramente c’è sempre stato e aspettavo solo un mezzo per poterlo fare, non a caso le prime foto che ho scattato sono stati progetti psico-sociali molto intensi.
Da quel giorno non ho più lasciato la fotocamera, anzi l’ho intesa come un mezzo per esprimermi o entrare in contatto con l’altro in un modo più vero.
2 – Come ogni fotografo hai avuto una evoluzione personale e artistica che ti ha portato attraverso diverse esperienze. Infine ti sei focalizzata sul ritratto e sul Boudoir. Perché?
Sono sempre stata affascinata dall’essere umano, in passato avrei voluto fare psicologia.
Era prevedibile quindi che io mi occupassi fin da subito di ritrarre le persone. Credo inoltre di sentire dentro di me una sorta di “missione” nell’affrontare certe tematiche, anche se può sembrare presuntuoso dirlo.
Sono una persona diretta, concreta, provocatrice, la mia fotografia si nutre di questo e mi rispecchia profondamente, infatti i lavori che sento più miei sono le campagne sociali e i progetti di approfondimento e di denuncia, dove cerco di scoperchiare e portare alla luce mondi sommersi, tenuti nascosti dalla nostra società, che ci vuole tutti perfetti, omologati, senza alcun problema interiore ed esteriore.
Ho un profondo rispetto del Ritratto, inteso come un mezzo per raccontare il soggetto o mostrare lo stato d’animo che in quel momento sta vivendo.
Il Boudoir sembra apparentemente frivolo e lontano, in realtà dentro di me è stata una conseguenza direi naturale. Ho sofferto per 13 anni di disturbi alimentari, non avevo autostima e non mi piacevo.
Mi sono ritrovata scatto dopo scatto a voler dire alle donne che fotografavo che erano bellissime cosi, naturalmente senza rincorrere la perfezione, la finzione, anche con inestetismi e a farglielo vedere concretamente attraverso un’immagine.
Probabilmente il mio vissuto mi ha “donato” una certa sensibilità, ma soprattutto una capacità di vedere il bello negli altri, per me tutti hanno un qualcosa di bello, nessuno escluso e da qui valorizzarlo, lottando al contempo per una fotografia autentica fatta non di posa e non di ritocchi estetici con photoshop.
Dimostrando quindi che si può valorizzare un soggetto curandone la posa, la luce, mettendola a proprio agio e minimizzando i difetti che tutti noi abbiamo, con semplici accorgimenti al momento dello scatto e non in fase di post produzione.
Credo che alla base ci sia l’amore, l’accettazione, l’immedesimazione con le donne che fotografo, perché per scelta le mie clienti non sono modelle ma donne comuni, che non amano essere fotografate e spesso sono molto critiche con se stesse, ma che si danno una possibilità di svolta o rivincita nel rapporto con se stesse.
Le recensioni che mi lasciano, ogni volta mi commuovono e mi fanno capire che il mio scopo è stato raggiunto.

Copyright Micaela Zuliani

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3 – Quali le differenze e quali le analogie fra un ritratto “normale” e un ritratto di Boudoir?
Per come lo intendo io concettualmente il ritratto, racconta sempre qualcosa del soggetto, con emozioni o stato d’animo, se si è in grado di raccontarlo (capacità che dovrebbe possedere un fotografo ritrattista, a differenza di uno che fa moda o still-life ad esempio).
Il Boudoir in generale è più una fotografia che parla di sensualità che può essere anche solo l’idea della donna nella mente di chi scatta. Ad esempio io posso avere un’idea di femminilità e volerla rappresentare, indipendentemente se è corrispondente al soggetto che ho di fronte.
Poi c’è la fotografia che racconta il soggetto e lo rappresenta enfatizzando la sensualità e qui abbiamo il ritratto e il boudoir insieme.
Con le clienti che mi commissionano un servizio fotografico punto a fare ritratti sensuali, quindi racconto loro ed enfatizzo la loro sensualità.
Se invece il progetto è mio e cerco soggetti che si rendono disponibili non è detto che faccio ritratti ma solo foto boudoir.
4 – Facciamo un passo indietro … Sul termine fotografia Boudoir c’è spesso confusione. Mi interesserebbe allora sentire la tua definizione, visto che probabilmente in Italia sei la numero uno di questo genere fotografico.
Nei siti italiani nella definizione di Boudoir trovi spesso una traduzione letteraria del termine francese, “stanza privata, spogliatoio, sala da bagno” . E’ un concetto e una visione che trovo molto limitata e che non rende bene l’idea.
Fotografia Boudoir per me significa giocare con la propria femminilità e sensualità. Ciò che identifica questo tipo di fotografia NON E’ indossare un certo indumento più o meno provocante, ma usare la propria sensualità attraverso uno sguardo, una postura, un movimento delle proprie mani per raccontare chi siamo….
Vuol dire raccontarsi, attraverso una fotografia intimistica del proprio essere donna, questo lo si può fare secondo le proprie preferenze con un abbigliamento casual, in abito, in lingerie oppure un nudo artistico.
Il Boudoir è una forma di libertà sottile e potente: non si tratta di fotografare la donna svestita per assecondare il desiderio dell’uomo, bensì la donna si vuole far fotografare così com’è, con le sue peculiarità e le sue imperfezioni, si autocelebra in modo sano, autentico, libero e lo fa per se stessa in modo orgoglioso, fiero, spesso dopo aver passato anni a criticarsi, non accettarsi, o a lottare contro malattie gravi.
5 – Quali sono le differenze fra il Boudoir e altri generi attigui come l’erotica, il nudo, il glamour?
Credo che la differenza stia nel modo e nel fine con cui si fanno queste fotografie.
Ciò che contraddistingue e differenzia la fotografia Boudoir dagli altri generi fotografici è l’attenzione che si dà alla sensualità, attraverso movimenti, pose, sguardi. Sono sfumature, allusioni.
La difficoltà sta proprio nel rappresentare questa linea di confine tra l’esplicito e il non dichiarato, tra il nudo fine a se stesso e la sinuosità dei corpi, tra una seduzione sfrontata, decisa e la sensualità sussurrata che unita ad eleganza, timidezza, forza, fragilità, consapevolezza, raccontano la Donna.
Nella fotografia erotica potrei dire che si spinge un pochino sull’accelleratore, in cui uno sguardo o una posa che prima erano solo sensuali, ora vogliono essere più maliziosi, seduttivi nel portare a sé più da vicino il soggetto che si vuole sedurre, e lo si può fare in modo più o meno volgare.
Per me la volgarità non è il nudo che reputo estremamente elegante, ma la banalità e l’omologazione dello sguardo e della rappresentazione della donna.
Una donna può essere estremamente erotica portandola ad esserlo e non indicandole ad esempio di mettersi un dito in bocca, immagine e clichè stereotipato della foto erotica.
Per me banalizza tutto il mondo femminile, ma spesso questa è una visione più maschile che femminile.
Per quanto riguarda il nudo, non basterebbero due righe per approfondirlo. Personalmente amo il nudo che può prendere ispirazione dalla scultura ad esempio di Canova o dalla pittura del 800 e 900. Può essere molto elegante o molto volgare. Dipende sempre da come lo si intende e lo si vuole rappresentare. Io mi diverto anche ad usare il nudo come forma di provocazione nel buttare giù maschere dell’anima.

Copyright Micaela Zuliani

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6 – Qual è la cosa più difficile di uno shooting di fotografia Boudoir? E quale quella che ti piace di più?
La fotografia Boudoir che realizzo su commissione ha dentro una parte del ritratto, una parte boudoir, una parte di estetica dello still-life: quando scatti devi contemporaneamente mettere a proprio agio il soggetto, cercare di percepire la sua personalità, fare in modo che assuma una posizione valorizzante e al contempo naturale, guardare che non ci siano elementi di disturbo nello sfondo, la composizione, le mani che siano in armonia e aggraziate, e che quello che sta facendo possa esser credibile nella sua intimità, tutto questo senza mostrare il tuo stato d’animo, perché le persone che ti scelgono si affidano a te e sono il più delle volte molto insicure.
Oggi tutto questo mi viene abbastanza naturale, ma ricordo che all’inizio occuparmi di tutto e parlare contemporaneamente col soggetto per rassicurarlo o sbloccarlo era un po’ complicato.
Quando le persone vengono ai miei corsi si aspettano un corso classico dove pensano di fotografare una modella e basta. Invece dopo pochi minuti entrano nel panico e sudano per lo stress, perché li obbligo ad entrare in contatto col soggetto prima di ogni altra cosa, (il soggetto per mia scelta non è una modella ma una donna che si è resa disponibile e non ha alcuna esperienza).
Mi dicono durante il corso che non pensavano fosse così complicato badare a tutto contemporaneamente, ma si accorgono poi di quanta differenza c’è nelle loro foto finali.
E’ questione di interesse e cura, come ogni cosa.
L’aspetto che mi piace di più è poter mostrare aspetti della persona che sono tenuti nascosti e che a volte nemmeno la persona stessa sa di avere. Se il soggetto mostra spesso il suo lato duro, aggressivo, mi piace far uscire il suo lato morbido, accogliente, vulnerabile, dolce. Così al contrario. Se una persona usa più spesso la maschera del sorriso per rappresentarsi al mondo e a se stessa, mi piace provocare e sfidarla a far vedere altro. Tutti noi abbiamo diverse personalità all’interno e le donne mi piace fotografarle perché accettano la sfida di mostrare le proprie sfaccettature.
7 – Mi ha molto interessato il tuo servizio Boudoir Disability, vorrei ce ne parlassi un po’ di più.
Come ho accennato all’inizio, mi piace dare voce a tutti, soprattutto alle persone che solitamente vengono emarginate o discriminate per ignoranza, cattiveria ecc.
Il Boudoir che faccio io è una forma di libertà sottile e potente, perché le donne che fotografo sono donne comuni, non modelle, con un corpo imperfetto, senza esperienza di posa e che spesso non si piacciono ma che sono stufe di non amarsi e che vogliono un’occasione per cambiare il proprio rapporto con se stesse.
Non commissionano le foto per il compagno come si potrebbe pensare, non sono affatto esibizioniste, lo fanno solo per se stesse: la donna si vuole far fotografare così com’è, con le sue peculiarità e le sue imperfezioni, si autocelebra in modo sano, autentico, libero e lo fa per se stessa in modo orgoglioso, fiero, spesso dopo aver passato anni a criticarsi, non accettarsi, o a lottare contro malattie gravi.
Per questo motivo ho voluto utilizzare proprio la libertà e la forza irriverente del Boudoir per affrontare il tema della disabilità da troppi discriminata.
Boudoir Disability è un progetto sociale che ha cambiato non solo il modo di “vedere” le donne con disabilità ma la fotografia Boudoir stessa.
Se prima infatti il Boudoir era una fotografia di nicchia, oggi risulta popolare ovvero per tutti. La Libertà di poter essere se stesse in modo autentico senza sottostare ai clichè imposti dalla società, per una volta ha prevalso. Tanti passi bisogna ancora fare affinchè questa libertà sia veramente acquisita ma qualcosa sta cambiando.
Il Boudoir ha insito la libertà, l’essere autentici con orgoglio e fierezza, almeno il Boudoir che intendo io, cosi ho voluto rappresentare le donne con disabilità nella loro piena bellezza, esattamente come il resto delle donne senza disabilità.
E sono felice che un brand famoso e di lusso come Christies abbia deciso di partecipare offrendo i capi alle donne di Boudoir Disability.
La forza di Boudoir Disability è il messaggio urlato (la foto è uno schiaffo fatto di provocazione e dolcezza contro la nostra società che pensa che le donne disabili debbano coprirsi e non avere vita sessuale) : “sono sexy cosi come sono, anche con protesi, cicatrici, anche se sono immobilizzata in un letto e sono alta solo 1 metro, ma mi piaccio, non mi nascondo, anzi te lo faccio vedere utilizzando l’unica cosa che oggi conta nella nostra società: l’immagine e il corpo! “
8 – Se tu potessi dare un unico consiglio a un fotografo che vuole provare questo genere, quale sarebbe?
Fermarsi e osservare la donna che si ha di fronte, dimenticandosi per un attimo di scattare foto.
Poi che si interessasse alla persona, cercare di entrare più in confidenza come accade ad esempio in un bar mentre si prende un caffè e si scambiano due chiacchiere, altrimenti la foto non viene.
Successivamente consiglierei a chi scatta di guardare anche l’armonia del corpo, come vengono messe le mani, le pose da assumere che siano il più naturali possibili, che sia insomma più un regista che un asettico fotografo e portare il soggetto a fare qualcosa o interpretare e non a correggere in modo freddo un braccio.
Per assurdo e senza generalizzare, ma i fotografi uomini fanno molta più fatica rispetto alle donne a fotografare in modo “autentico” una donna in modo sensuale perchè spesso rappresentano quei soliti 3 -4 clichè che l’uomo ha in mente e oltre non vanno.
Mi verrebbe da dire che rappresentano più l’idea che hanno visto in altre foto o film della donna, rispetto ad osservare realmente e trovare la bellezza e la sensualità di chi gli sta di fronte in quel momento.
Oppure hanno paura ad avvicinarsi, toccare un braccio, una mano per paura di essere fraintesi. O semplicemente sottovalutano l’importanza di modi educati e gentili di parlare e di relazionarsi, facendo dei propri scivoloni d’approccio che fanno ritrarre pesantemente la donna.

Copyright Micaela Zuliani

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9 – Guardiamo per un attimo il genere dalla prospettiva di chi sta dall’altra parte dell’obiettivo. Perché consiglieresti a una donna di farsi fare un servizio Boudoir?
Per giocare con se stessa, per mettersi alla prova perché spesso noi donne assumiamo dei ruoli che portiamo avanti per abitudine, rassicurazione, per assecondare gli altri. Ma noi siamo tante cose insieme.
Perché la maggior parte delle donne castra la propria femminilità, sensualità, sessualità e sappiamo bene che l’equilibrio in noi stessi ci puo’ essere solo se abbiamo fatto uscire le varie parti che ci compongono e non soffochiamo altre solo per paura.
Per il progetto “Donne allo specchio” che sto ultimando ora, ho deciso di mettermi a nudo davanti allo specchio, io che sono una persona estremamente riservata da questo punto di vista, quello scatto è nato nel momento esatto in cui stavo terminando un percorso interiore verso la mia femminilità.
Ho usato un cappello sulle mie parti intime e la censura sul seno, quindi sono più nuda al mare, ma attraverso la fotografia sto lavorando su me stessa per far uscire aspetti di me spesso nascosti.
Nello stesso progetto altre donne hanno scelto il nudo, ma non per una forma di esibizionismo ma per buttare giù maschere. Un’altra ha scelto una sottoveste per affrontare il suo rapporto conflittuale con se stessa e il proprio corpo.
Altre per immortalare la propria felicità di vedersi fuori dal tunnel di dipendenze, malattie come il cancro. O semplicemente perché fare qualcosa per se stesse giocando è molto liberatorio e ludico.

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11 – Un attimo … finora abbiamo parlato solo di donne. Esiste la fotografia Boudoir maschile o LGBT? Ti è capitato di fare servizi di questo tipo?
In Italia il Boudoir rivolto alla donna si è diffuso da qualche anno, nel 2011 era inteso come qualcosa di provocante da fare per il marito e con abiti leopardati, quindi capisci bene quanto siamo indietro rispetto all’Europa e all’America che c’è già da parecchio il Boudoir rivolto anche agli uomini e a LGBT.
Personalmente da qualche anno mi rivolgo alle coppie proponendo scatti intimi sensuali ma assolutamente mai volgari, ricordo che all’inizio tuttavia temevo che mi arrivassero flotte di uomini che volevano fare altro, quindi ho lavorato molto sul diffondere un messaggio che non fosse equivocato.
Non ti nascondo che mi piacerebbe occuparmi anche del Boudoir maschile ma ancora oggi c’è tanta gente che ti fa perdere tempo avendo altri fini e quindi ti contatta non per foto boudoir ma per foto erotiche e approcci di altra natura e cosi sono costretta per ora ad escludere questo pubblico.
Discorso diverso per clienti LGBT : ho realizzato un progetto con due donne lesbiche, mi piacerebbe avere clienti che fossero gay, lesbiche, trasngender, mi piacerebbe fare anche dei progetti insieme ma ad oggi dopo anni che cerco, noto ancora quanto sia difficile coinvolgerli e anche le stesse associazioni a cui mi sono rivolta per fare un progetto d’informazione utilizzando il boudoir sono ancora molto chiuse al riguardo.
Credo non siamo ancora pronti per questo, forse per la presenza della Chiesa nel nostro paese, sebbene un passo molto importante è stato l’invito a Caltanissetta da parte di un prete a parlare in un congresso del progetto Boudoir Disability.

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12- Micaela Zuliani, la fotografa di Boudoir … Non ti sta un po’ stretto ogni tanto? So che infatti tu fai tantissime altre cose … altri generi fotografici, ma anche altre modalità di espressione artistica. C’è un filo conduttore?
Mi sta stretto tutto anche il termine fotografa, infatti se devo sintetizzare mi viene da definirmi una comunicatrice e basta.
Oggi uso la fotografia, domani la scrittura, il video, mi piacerebbe il cinema. Mi sento sempre di voler recuperare il tempo perso, perché alla fine è come se mi fossi “svegliata” artisticamente all’età dei miei 40 anni.
Mi piace mischiare, sperimentare quindi la mia fotografia si ispira alla scultura, alla pittura (esempio i miei scatti pittorici ispirati a Vermeer) o al cinema con una narrazione meno fotografica e più cinematografica.
Mi piace raccontare, soprattutto la vita delle persone o la loro interiorità.
Il boudoir è una delle tante cose che faccio e che mi riempie di gioia perché fa star “bene” le donne che fotografo, quel bene che per un periodo di tempo mi è mancato e naturalmente lo riverso nella fotografia.
13 – Sei molto attiva su internet e sui social? Perché? Quanto e come sono importanti per il successo professionale di un fotografo?
Sono molto attiva perché sono una persona abbondante, che straripa di entusiasmo, di voglia di fare, di comunicare. Il mio problema è contenermi. Mi piace condividere con gli altri, in fondo mi piacciono le persone.
Oggi credo sia indispensabile essere un pochino social, è impensabile non esserlo, è come stare fuori dalla realtà. Conosco diversi amici artisti pieni di talento che non sono social e infatti fanno fatica a promuoversi.
Non basta più avere un negozio o fare mostre e non bisogna essere attivi come me, basta anche solo 15 minuti al giorno ma fatti bene per creare rapporto col prossimo che magari non ha tempo o occasione di scoprirti in altro modo se non attraverso internet.
14 – So che fai anche didattica e hai scritto diversi libri. Ti piace insegnare? perché?
Adoro insegnare, non pensavo, invece si. E attraverso l’insegnamento impari sempre nuove cose per le domande che gli altri ti pongono e a cui magari non avevi pensato.
I ragazzi ti stupiscono per alcune cose, gli adulti per altre.
Mi piacciono le persone come ho già detto, quindi questo è il motivo fondamentale, in più non essendo una cima a scuola credo di spiegare in una maniera molto semplice e soprattutto concreta.
15 – Credo che insegnare la fotografia Boudoir ponga alcune difficoltà che vanno ben oltre gli aspetti tecnici. Raccontaci qualche “sfida” tipica che incontri con i tuoi allievi e allieve
In tutti i miei corsi l’aspetto tecnico e la teoria rappresentano veramente una parte molto esigua del programma questo perché non insegno still-life o architettura dove l’approccio deve essere razionale, perfetto, lineare, ma devi in primis entrare in “connessione” col soggetto.
Magari puoi fare una fotografia perfetta in termini di luce e di tecnicismo ma vuota emozionalmente.
La sfida è sempre la stessa sia nei soggetti che ritraggo, sia negli allievi che seguono i miei corsi: quella di portarli ad essere se stessi. Arrivano al corso pensando di dover voler fare una bella foto.
La prima cosa che dico loro è “dimenticati di fare una bella foto e lavoriamo per far sì che tu faccia una TUA foto”.
Questo significa capire un pochino chi sono, che stile hanno, cosa gli piace, che approccio hanno con le persone.
“Sei timido o espansivo? Sei spontaneo o hai bisogno di programmare-controllare il tuo set prima? Ti piace la provocazione o sei piu soft nella vita ? “
Se non ci si conosce un minimo non si potrà mai fare una foto che parla di noi, indipendentemente dal genere fotografico, ma soprattutto nel ritratto e nel boudoir.
16- Raccontaci una tua foto
Credo che la foto più difficile finora fatta sia un autoritratto di qualche anno fa. Come ho scritto prima, quando ho iniziato a fotografare ho fatto molti autoritratti (sto studiando oggi il potere terapeutico della fotografia sulle persone) che però erano molto rabbiosi, duri, urlati, erano un vero e proprio schiaffo.
Nel tempo ho sentito l’esigenza di tirare fuori la mia parte più accogliente, femminile, dolce, compassionevole verso me stessa. Il tirarla fuori in fotografia era il primo passo per autorizzarmi poi a convivere con essa.
Cosi nella foto ho rappresentato varie parti di me. Nella post produzione credo di essermi ispirata inconsciamente al pittore impressionista Gauguin in qualche modo.

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17 – Una persona come te penso abbia sempre mille progetti. Cosa hai nella testa ora? Puoi darci qualche anticipazione?
Si, il mio problema come dicevo è contenere i miei pensieri e la voglia di realizzare i tanti progetti. Oggi sto terminando “Donne allo specchio” perché voglio poi concentrarmi sulla fotografia analogica, lo sviluppo e la stampa in bianco e nero.
Vorrei fare più fotografia di nudo e ritratti femminili in analogico. Adoro Sieff e Suarez dove giocano con le ombre e la luce in modo magistrale e poetico.
Oltre a questo continuo l’insegnamento e le campagne sociali a cui non posso rinunciare.
Sto studiando scrittura e regia, vediamo in futuro anche in base al tempo a disposizione.
18 – Grazie Micaela per tutto quello che ci hai raccontato oggi, speriamo di riaverti presto qui sul blog
Vi ringrazio io per l’occasione data!
Micaela
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