Mimmo Jodice: fotografia al di là del tempo

Mimmo Jodice: gli esordi a Napoli

Nato a Napoli nel 1934, nel popolare rione Sanità, Mimmo Jodice si avvicina all’arte dimostrando diversi interessi, prima di focalizzare la propria attenzione verso la fotografia, agli inizi degli anni Sessanta.

Rimasto orfano di padre, appena concluse le scuole elementari inizia a lavorare, per riprendere gli studi più avanti, da privatista. Da giovane, Mimmo Jodice è attratto dalla pittura e dalla scultura, passioni in qualche modo propedeutiche all’obiettivo. 

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Nel 1962 sposa Angela Salomone che diventerà sua collaboratrice e madre dei suoi tre figli, Barbara, Francesco e Sebastiano. In questo periodo Mimmo Jodice frequenta gli ambienti artistici del capoluogo partenopeo, in particolare l’Accademia di Belle Arti, luogo in cui si rivivono le esperienze delle avanguardie storiche. Ha inizio così una serie di sperimentazioni sulla fotografia, intesa come strumento espressivo e non solamente come mezzo descrittivo.

I soggetti preferiti di Mimmo Jodice sono, in questa fase, i ritratti, i nudi e gli oggetti di uso quotidiano, con un approccio astratto in certi casi cubista. 

Mimmo Jodice: Scultura bronzea romana ad Ercolano, Museo Archeologico Nazionale, Napoli (1990-1995)

Il 1967 è un anno chiave per Mimmo Jodice, perché coincide con la decisione di dedicarsi completamente alla fotografia e con la prima esposizione personale dei suoi scatti, a Napoli nei locali della libreria La Mandragola.

Sempre nello stesso periodo, l’edizione italiana del magazine Popular Photography pubblica un suo scatto.

Il 1967 è anche l’anno in cui Mimmo Jodice incontra, a casa di Domenico Rea, due personalità fondamentali del periodo come Allen Ginsberg e Fernanda Pivano. In questa fase, ha modo di entrare in contatto anche con un altro grande protagonista della scena artistica internazionale come il gallerista napoletano Lucio Amelio, attraverso il quale conosce diversi esponenti delle avanguardie: Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Joseph Beuys, Josef Kosuth, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Hermann Nitsch. 

Mimmo Jodice vive questo clima di rinnovamento culturale e politico, approfondendo la fotografia come forma d’arte e moltiplicando le sue sperimentazioni su aspetti tecnici e sui materiali.

È anche molto interessato alle tradizioni popolari, in particolare a quelle legate alla sua Napoli, passione che si consolida anche grazie alla frequentazione del musicologo Roberto De Simone. 

Mimmo Jodice- Vico San Sepolcro- Quartieri Spagnoli

Dal 1975 – e per ben 20 anni, fino al 1994 – Mimmo Jodice è docente di fotografia presso l’Accademia delle Belle Arti della sua città, diventando così una personalità di grande autorevolezza per l’arte dell’obiettivo. Per Napoli e, più in generale, per tutto il Mezzogiorno d’Italia. 

Da Napoli al resto del mondo

La prima mostra di Mimmo Jodice a livello nazionale risale al 1970 con Nudi dentro cartelle ermetiche alla galleria il Diaframma di Milano, con presentazione di Cesare Zavattini.

Il nome del fotografo passa così da una dimensione locale a una rilevanza nazionale, prima di diventare noto in tutto il mondo.

Nei primi anni Settanta, la fotografia di Mimmo Jodice nasce spesso dalla collaborazione con sociologi o antropologi, diventando protagonista di mostre ma anche di volumi.

Tra i più importanti ci sono sicuramente Chi è devoto con Roberto De Simone e Il ventre del colera, con immagini della Campania durante l’epidemia del 1973. È una fotografia dal forte impegno sociale che trova spazio nella rivista Progresso Fotografico, per un numero monografico pubblicato nel 1978, alla base della mostra del 1981 Facets of the Permanent Collection. Expressions of the Human Condition, curata da Van Deren Coke e allestita al Museum of Arts di San Francisco, il primo riconoscimento per Mimmo Jodice a livello internazionale

Mimmo Jodice- Attesa, Mare

La critica è concorde nell’individuare un sostanziale cambiamento nello stile della fotografia di Mimmo Jodice, a partire dalla raccolta Vedute di Napoli, del 1978.

Negli scatti della metropoli partenopea, è assente del tutto la figura umana con un allontanamento sempre più radicale dalla scena reale. Siamo di fronte a una fotografia “metafisica”, con scorci cittadini spiazzanti, carichi di simbolismo.

Napoli è solo la prima delle città fotografate da Mimmo Jodice, che nei decenni a venire dedicherà ad altre metropoli il suo sguardo: Parigi, New York, San Paolo, Venezia, Boston, Tokyo, Torino, Roma, Milano, Lisbona, Boston, Mosca, Londra. 

Nel 1993 in occasione della mostra a Villa Pignatelli di Napoli esce la monografia Mimmo Jodice. Tempo interiore in cui si approfondisce la sua propensione alla metafisica, al sogno e all’esperienza sensoriale.

Due anni dopo esce negli Stati Uniti Mediterranean, in occasione della mostra personale al Philadelphia Museum of Art. Negli anni seguiranno le personali al Cleveland Museum of Art, alla Aperture Burden’s Gallery di New York, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, al Castello di Rivoli, all’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo e al Museo di Fotografia a Mosca nel 2006.

Mimmo Jodice- Attesa, Quad

L’inizio del Terzo Millennio è all’insegna della notorietà mondiale: la fotografia di Mimmo Jodice è apprezzata in tutto il pianeta.

Nel 2012 esce il volume che raccoglie numerosi scatti dedicati alle città immortalate negli anni dal fotografo napoletano: Villes sublimes-Sublime Cities.

Nel 2016 il Museo di Arte Contemporanea MADRE di Napoli organizza la più grande e completa retrospettiva dedicata a Mimmo Jodice. Due anni dopo, lo stesso museo realizza un’importante monografia intitolata Mimmo Jodice. Attesa/Waiting (dal/from 1960).

Mimmo Jodice: tra immaginazione e realtà

Tra i più importanti fotografi contemporanei del nostro Paese, Mimmo Jodice ha sempre concepito la sua arte come un eterno dualismo tra immaginazione e realtà. Il suo bianco e nero su pellicola, catturato con una Hasselblad di medio formato,  è caratterizzato da un forte contrasto e da soggetti che sembrano fluttuare in uno spazio fuori dal tempo.

Mimmo Jodice: Alba Fucens

Quando ho cominciato il colore non c’era ma anche dopo ho scelto di non usarlo. E una ragione c’è: le foto che scatto sono lontane dalla quotidianità e il bianco e nero è un colore depurato dalla dimensione reale.

I soggetti che ricorrono maggiormente sono quelli legati all’architettura delle città, il mare, i volti erosi delle statue antiche. Molti degli scatti di Jodice sono rivisti in camera oscura, con l’accentuazione dei bianchi e dei neri, per una profondità che quasi divora le forme dei soggetti. Uno stile essenziale e, allo stesso tempo, ricco di contenuti

Inizialmente facevo pura sperimentazione, sia tecnica che linguistica. Poi, con l’avvento della rivoluzione creativa degli anni Sessanta, ho avvertito l’esigenza di documentare ciò che succedeva attorno a me, di occuparmi di problematiche sociali […] Ma quella fase è durata solo alcuni anni, poi sono tornato alle mie sperimentazioni artistiche.

Un breve approccio sperimentale, poi una fase sociale e il ritorno all’apice della carriera allo sperimentalismo. Questa, in sintesi, la carriera di Mimmo Jodice che – sociale oppure metafisico – ha sempre dato vita a una fotografia classica ma contemporanea, frutto di un lavoro rigoroso e protagonista di una bellezza rara. 

La fotografia eterna di Mimmo Jodice

Quel che più colpisce della fotografia di Mimmo Jodice è un’intrinseca antitesi che si coglie nella maggior parte delle sue immagini: la sua fotografia è un mix perfetto tra una curiosità intensa, che potremmo definire infantile, e uno stile da fotografo perfezionista, esperto e rigoroso. Ciò che ne deriva è uno stile che va al di là del tempo.

Sì, lo stile di Mimmo Jodice è un vero e proprio sguardo sull’eternità. Certo, essere nato (e aver vissuto) in una città al centro del Mediterraneo, è un dato biografico che ha influito molto sulla scelta di soggetti “classici”, dell’immaginario greco-romano. Come non pensare, infatti, a quello che è riconosciuto come il suo scatto più celebre, l’Amazzone di Ercolano, presente nella raccolta Mediterranean

Mimmo Jodice- L’Amazzone di Ercolano

L’estetica di Jodice attinge dalla tradizione artistica napoletana, dai grandi pittori del ‘600 come Luca Giordano, Mattia Preti, Fabrizio Santafede, Aniello Falcone e Salvator Rosa, per fare solo alcuni nomi. A questa base, Jodice aggiunge elementi dell’antichità classica che conferiscono ai suoi scatti una potenza estetica senza tempo: attraverso l’antichità è svelato il presente. 

Questo aspetto – evidentemente palese negli scatti delle statue classiche – risulta anche nelle immagini paesaggistiche o architettoniche, dove si coglie sempre qualcosa di arcaico, di primitivo. Anche uno scoglio che fuoriesce dal mare sembra rimandare a una civiltà del passato, in uno scatto di Mimmo Jodice.

Mimmo Jodice- Acitrezza

Non ho nessuna nozione credibile della bellezza. È l’ultimo dei miei problemi conoscere una cosa perché è bella. La finalità del mio lavoro è l’intensità. È da questa che scaturisce l’emozione. Non conosco altre strade sincere.

In questa citazione del 2016, tratta da un’intervista rilasciata a Repubblica, c’è tutta l’essenza della fotografia di Jodice: non una ricerca sulla base di ciò che è esteticamente rilevante come “bello”, ma l’urgenza di catturare gli aspetti più intensi di un soggetto, sia esso il dettaglio senza tempo di una statua classica o quello di una città del presente, immersa completamente nella realtà quotidiana della nostra contemporaneità. 

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