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Da fotoreporter alla moda, da Ravenna a Parigi
Paolo Roversi è uno dei fotografi di moda più influenti degli ultimi decenni, grazie al suo peculiare approccio sognante alla ritrattistica. La profondità dei suoi scatti, infatti, mette costantemente a nudo i suoi soggetti, andando a bilanciare in qualche modo la tendenza della moda a nascondere e riformulare.
Nato a Ravenna nel 1947 – la sua prima macchina fotografica è una Ferraniaflex 4,5 x 6 che riceve in dono per la prima comunione – Paolo Roversi mostra i suoi primi interessi per la fotografia negli anni dell’adolescenza, durante una vacanza con la famiglia in Spagna nel 1964, dove utilizza una Leica che apparteneva allo zio.

Tornato a casa, Paolo Roversi allestisce una camera oscura in una cantina con un altro dilettante, il postino locale Battista Minguzzi. Insieme, iniziano a sviluppare e a stampare il proprio lavoro in bianco e nero. In poco tempo, il suo interesse si fa sempre più urgente, soprattutto da quando inizia a collaborare con un fotografo professionista della sua città, Nevio Natali, con il quale trascorre diverso tempo nel suo studio, dando vita a un importante rapporto professionale e di amicizia.
Nel 1970 Paolo Roversi inizia a lavorare come fotoreporter: ritrae le celebrità del posto e le loro famiglie e collabora con l’Associated Press per la quale è inviato a Venezia a seguire i funerali di Ezra Pound. Nello stesso anno apre con un amico, Giancarlo Gramantieri, il suo primo studio di ritrattista a Ravenna.

Grazie all’incontro con Peter Knapp, direttore creativo della rivista Elle, la vita di Paolo Roversi fotografo prende una piega imprevista: dietro consiglio di Knapp, si trasferisce nel 1973 a Parigi e si avvicina alla fotografia di moda, diventando assistente del fotografo inglese Lawrence Sackman. Dedicandosi perlopiù allo still-life e ai ritratti, nella capitale francese Roversi inaugura una carriera nel mondo della moda, collaborando con i magazine più prestigiosi come Vogue, Elle, Harper’s Bazaar, firmando campagne pubblicitarie per Yves Saint Laurent, Valentino, Dior.
Contemporaneamente all’affermazione nel mondo della moda, Paolo Roversi non abbandona il lavoro da fotoreporter, con una collaborazione per la Huppert Agency.
Frequentando Popy Moreni e Peter Knapp, Paolo Roversi inizia a conoscere le opere dei grandi obiettivi della moda, come Irving Penn, Richard Avedon, Helmut Newton e Guy Bourdin (gli ultimi due conosciuti personalmente).
Paolo Roversi: Dior, la Polaroid, gli anni Ottanta
Lasciato lo studio di Lawrence Sackman nel 1975 – quella con il fotografo inglese fu un’esperienza fondamentale per la sua crescita, ma molto dura – Paolo Roversi si mette in proprio lavorando inizialmente per Elle e Depeche Mode, la rivista di moda francese da cui l’omonima pop band inglese avrebbe preso il nome qualche anno dopo. Su Marie Claire pubblica le prime cose importanti ma bisogna attendere il 1980 per la definitiva consacrazione, per la campagna pubblicitaria di Christian Dior. Da quel momento la collaborazione, e la stima reciproca, tra Paolo Roversi e la prestigiosa maison francese, perdurerà nel tempo fino ai nostri giorni.
Il 1980 è evidentemente un anno fatidico per Paolo Roversi fotografo, perché coincide anche con la scoperta da parte del fotografo ravennate della pellicola Polaroid 20×25, da utilizzare per grandi formati. Il mitico “incontro” avviene allo studio Pin-Up di Parigi, ed è un vero e proprio colpo di fulmine, anche perché Roversi fu il primo fotografo a utilizzare un formato del genere, facendo da apripista a tutta una serie di sperimentazioni che non sarebbero tardate ad arrivare negli anni Ottanta, decennio avido di nuovi orizzonti da esplorare in ambito fotografico.

È in questo modo che nasce l’inconfondibile stile alla Paolo Roversi, basato su colori “irreali” e sospesi, ottenuti con l’utilizzo della Polaroid, con uno stile del tutto nuovo rispetto alla fashion photography del periodo, con un approccio inedito per quel che riguarda i soggetti protagonisti degli scatti.
Nel 1981 Paolo Roversi si stabilisce definitivamente in Rue Paul Fort 9, dove ancora oggi lavora nel suo studio e inaugura un decennio incredibilmente propizio per la sua fotografia, creativa e personale. Le collaborazioni con nomi come Romeo Gigli, Giorgio Armani, Valentino, Krizia, Yves Saint Laurent, Comme des Garçons e Yohji Yamamoto contribuiscono ad accrescere una fama che esce anche dai confini del mondo della moda, e i ritratti di Roversi diventano iconici di un periodo particolarmente felice per la sperimentazione fotografica.
Dal 1984, inoltre, Roversi inizia a esporre i suoi lavori in diverse mostre personali e collettive in gallerie d’ Europa, USA e Giappone.
Tra i primi libri fotografici, vanno ricordati Shots of Style (1985), Una donna (1989), Appearences (1991) e Angeli (1993). Tra i nomi delle modelle immortalate dal suo obiettivo, ricordiamo Kate Moss, Tilda Swinton, Milla Jovovich, Inès de la Fressange, Isabella Rossellini, Kirsten Owen, Stella Tennant.
Looking for Juliet: il Calendario Pirelli 2020
“Ho sognato per anni di fare questo lavoro, perché il calendario Pirelli è qualcosa di speciale per un fotografo e sono felice che il sogno si sia avverato”,
ha dichiarato Paolo Roversi sul suo lavoro per il calendario più prestigioso del mondo.
“Volevo un concept legato alla bellezza e all’amore. Molto semplice e forte. Amore e bellezza sono elementi della mia ricerca da molti anni. Volevo, come primo fotografo italiano di un progetto di un’azienda italiana, una storia legata all’Italia”.

Ispirato al dramma shakespeariano di Romeo e Giulietta il calendario Pirelli secondo Paolo Roversi è focalizzato sull’immagine della protagonista femminile della tragedia, con protagoniste Claire Foy, Mia Goth, Chris Lee, Indya Moore, Rosalía, Stella Roversi, Yara Shahidi, Kristen Stewart ed Emma Watson. Nove Giuliette contemporanee sono le protagoniste di quello che, più che un calendario, è un vero e proprio volume di 132 pagine, ispirato ai classici libretti d’opera, da sfogliare prima ancora che da appendere a una parete: 58 immagini di donne chiamate a reinterpretare la Giulietta del dramma di William Shakespeare, ognuna delle quali impegnata a riportare in scena, in qualche modo, la propria professione. Altra novità dell’edizione di Paolo Roversi del Pirelli è la presentazione del calendario, avvenuta a Verona, attraverso un cortometraggio d’autore di 18 minuti incentrato sulla storia di Giulietta.
Gli aspetti tecnici della sua fotografia
La maggior parte del lavoro di Paolo Roversi è in grande formato, con la Polaroid 20×25 o con il banco ottico – una speciale fotocamera professionale, usata per lo still life o l’architettura – con produzione quasi esclusivamente in studio.
Nella sua tecnica il chiaroscuro ha un ruolo fondamentale, ottenuto con un’illuminazione che tenta di ricreare atmosfere nostalgiche e malinconiche. I colori prediletti da Roversi sono quelli smorzati, tono su tono, con tonalità pastello.
In un periodo in cui dominano la nitidezza e il contrasto, divenuti ormai tratti tipici della fotografia amatoriale, lo stile di Roversi è quasi sospeso, con colori soffusi e luci perfettamente studiate per creare atmosfere eteree e sognanti. Tra le tecniche più usate dal fotografo ravennate, spicca sicuramente quella del light painting, vale a dire… dipingere con la luce. La tecnica si ottiene fotografando in un ambiente buio con lunghe esposizioni, per creare composizioni luminose o dare ai soggetti spettacolari luminescenze.

Il risultato di questo approccio “luminoso”, che è diventato un tratto inconfondibile della poetica di Paolo Roversi, è una fotografia impalpabile, fino al suo arrivo nel mondo della moda assolutamente inedita. E in effetti la grande novità di Roversi – che si è definito “un fotografo poco sofisticato che scatta immagini sofisticate” – è stata quella di aver portato nell’universo Fashion un tocco di poesia, mostrando lo spirito di chi ha creato l’abito e quello della modella immortalata.
Roversi attribuisce questa intensità all’utilizzo delle lunghe esposizioni (da pochi secondi fino a 30 secondi) preferite all’utilizzo del flash per catturare le espressioni dei suoi soggetti, tecnica che darebbe più “tempo all’anima di manifestarsi e affiorare allo scoperto”.
Il romanticismo di Paolo Roversi
Se l’Haute Couture è considerata da sempre uno dei luoghi prediletti per il sogno, il luogo in cui si creano le coordinate per le tendenze, Paolo Roversi è sicuramente il fotografo che più di ogni altro ha saputo interpretare questa filosofia, assimilata nella capitale francese, divenuta da tempo la sua città. Nei suoi scatti – ed è rara questa caratteristica dal momento che la moda è anche (o soprattutto) business – la bellezza delle modelle e delle creazioni si spoglia completamente della materialità, diventando realtà onirica senza apparire mai ingannevole. Il fantastico e l’illusorio negli scatti di Paolo Roversi sono arte, non finzione fine a se stessa.

Il tratto comune a tutte le sue immagini è sicuramente il romanticismo, che trapela ovunque nella magia del suo mondo, fatto di giochi di luci e ombre, teli bianchi, l’effetto mosso e le personali messe a fuoco. Eppure il lavoro di Roversi è stato spesso definito un processo creativo “per sottrazione”, quel poco (che poi poco non è mai) grazie al quale è sufficiente evocare il mood di altri tempi, i fantasmi di donne fuori dal tempo, comunicative e allo stesso inafferrabili.
E se il romanticismo è il protagonista dello stile fotografico, le donne sono infatti i soggetti attraverso i quali si esprime tutta la poetica di Paolo Roversi fotografo. Le sue donne emergono dal buio con grazia e potenza, mistero e magia. Come antiche illustrazioni di libri dove realtà e finzione sono indistricabilmente la stessa cosa.