PROMENADE, come una recensione

Questo è senza dubbio un post particolare, perché di fatto vuole essere una recensione, anche se poi ci permetterà di parlare anche di argomenti più ampi. Lo spunto infatti è nato dal libro di Carlo Traini intitolato “Promenade – Pathos e ironia in costume“.

Ora, è bene fare un paio di premesse importanti.

Innanzitutto Carlo è un nostro corsista, “nostro” nel senso di Reflex-Mania: ha seguito il corso SEP (Smettere di Essere Principiante) e partecipa alla Masterclass che lo segue. Insomma, i suoi successi ci inorgogliscono necessariamente e direi inevitabilmente. A me per primo, è ovvio. Magari questo rischia di rendermi poco obiettivo, ma prometto di stare attento, da questo punto di vista. Comunque il libro mi è piaciuto molto, lo dico subito!

La seconda premessa è che – pur avendo vissuto per gran parte della mia vita in una cittadina di mare – io il mare non lo amo affatto: non intendo il mare come ambiente naturale, parlo del contesto balneare che ospita.

Insomma, l’estate è sempre stato un periodo difficile per me, anche come minoranza che odia il caldo e lo “sciabattare” verso l’ombrellone. Ma l’approccio di Carlo è tale che alla fine mi sono divertito molto a leggere il suo libro (e dico leggere e non guardare, perché le foto si leggono, mica si guardano e basta) e questo già vale come mezza recensione positiva.

Il nostro autore lavora esclusivamente con lo smartphone e questa cosa – che farà accapponare la pelle a molti “puristi” – la trovo invece un esempio di come con qualsiasi “cosa” si possa fotografare, e bene, se si ha un’idea in testa e delle capacità creative adeguate.

In verità non fa alcuna differenza con cosa le foto siano scattate e se sottolineo questo aspetto tecnico è solo perché in diverse fotografie si vede l’ombra del “telefono” e anche perché tale tipologia di fotocamera è alla base dell’approccio libero, leggero e fantasioso che Carlo utilizza.

Un accostamento che potrebbe venir naturale guardando il libro è con il lavoro di Martin Parr: anche il fotografo inglese ha realizzato immagini in contesto balneare sfruttando l’ironia, ma con risultati assai diversi. Infatti ricorrendo al flash (anulare) e a fotocamere vere, la sua presenza è evidente e il soggetto ne è consapevole, anche se magari colto di sorpresa. Che poi faccia finta di nulla, è un fenomeno noto e inspiegabile nell’era della privacy a tutti i costi.

D’altra parte anche un altro fotografo “balneare” come Massimo Vitali racconta in diverse interviste come nonostante il suo approccio “monumentale” al soggetto, non abbia mai avuto problemi con proteste o insulti da parte dei soggetti. Per la cronaca, Vitali monta delle piattaforme realizzate con tubi innocenti sulle spiagge frequentate da varia umanità, e scatta dall’alto con un banco ottico. Insomma, difficile non venga notato!

Similmente viene da chiedersi come Bruce Gilden, un fotografo di Street che so Carlo stima molto (stima contraccambiata, a quel che mi risulta), possa sparare il flash in faccia ai pedoni di New York senza essere preso a pugni. Il che dimostra che affrontare le persone a viso aperto alla fine funziona. Il più delle volte, almeno.

Ad ogni modo l’essere visibile o “invisibile” fa una certa differenza. Non solo dal punto di vista pratico, ma anche filosofico, per così dire. Lee Friedlander, ad esempio, è un altro modello che presumo Carlo abbia avuto bene in mente durante il suo lavoro, come dimostrano le foto con le ombre, che ricordano quelle del grande fotografo statunitense.

Il mettere la propria ombra all’interno dell’inquadratura è un modo per dichiararsi, per dire “ci sono”, per testimoniarsi direi. E in verità nel libro c’è anche un selfie, anche se il viso è coperto e la situazione, appunto, ironica.

Ma Carlo in realtà non si nasconde affatto, anzi, semplicemente – bressonianamente – diventa trasparente, anche grazie allo strumento di ripresa scelto. Non c’è alcun inganno, ma nemmeno l’imposizione della propria presenza, magari intesa in senso “autoriale” come in Parr e forse anche in Gilden.

Questo porta anche a un’ulteriore considerazione: l’ironia di Carlo non è mai satira, come invece spesso avviene negli altri autori che pascolano nello stesso prato. Chi fotografa stando all’esterno di quanto avviene, tende a fare critica sociale: un problema di cui si è dibattuto molto, specialmente negli anni ’50 quando, sull’onda del Neorealismo, schiere di fotografi si recavano nel Meridione d’Italia per raccontarne la miseria, dimenticando la nobiltà. Non a caso Mario Cresci, ligure di nascita, si trasferì per 15 anni a Matera per raccontare quel mondo, proprio criticando l’approccio neocolonialista di tanti altri fotografi.

Ecco, Carlo segue da un certo punto di vista le orme di Cresci e si fa bagnante tra i bagnanti, è parte in causa e per questo si inserisce nel racconto. Non prende in giro i suoi soggetti, ma ne rende evidenti i caratteri, apre gli occhi di noi tutti su come mettersi in mutande – cosa vietata di norma, ma concessa in estate, e al mare – significhi accettare anche i propri limiti, difetti, pecche più o meno grandi. Ci mettiamo a nudo, creiamo una sorta di zona franca in cui sospendere certe convenzioni sociali e dunque questo inevitabilmente porta a doverci aprire, a non nasconderci più.

Quanto è più confortevole l’inverno con i suoi maglioni larghi e le giacche a vento imbottite in cui saggiamente dissolversi! Per questo è più difficile, sebbene non certo impossibile, fare ironia sulle piste da sci, ambiente per certi versi assimilabile alle spiagge.

Debbo confessare di aver particolarmente apprezzato del lavoro di Carlo proprio tale aspetto: non è un catalogo di culi e panze all’aria (scusate i francesismi), ma al contrario è il racconto privo di fronzoli di un mondo a cui tutti – chi più chi meno – partecipano, quando le temperature salgono. E il suo sguardo è benevolo, senza la cattiveria che spesso ho visto in chi ha affrontato tematiche simili, ma anche senza che questo lo porti ha “indorare la pillola”. Il mondo che ci racconta ha le sue contraddizioni ma è una metafora convincente della vita. Quando siamo al mare, smettiamo la maschera che portiamo sempre, o al limite ne indossiamo un’altra assai più divertente.

Ma veniamo al libro vero e proprio.

Operando anch’io nello stesso campo ho trovato il lavoro di Loredana De Pace, nota giornalista e curatrice indipendente – che ha appunto curato il libro – di notevole valore: non era facile editare un progetto così particolare, il rischio era quello di fare una sorta di “catalogo” di tipi da spiaggia, pericolo abilmente scansato dalla De Pace proprio grazie alle sue indubbie capacità critiche. A lei vanno dunque i miei complimenti. Come anche all’editore Crowdbooks.

Su questo val la pena ricordare che sul nostro sito c’è un’intervista al creatore della casa editrice, Stefano Bianchi, che ha avuto la geniale idea di “istituzionalizzare” una modalità editoriale oramai abbastanza diffusa, e a cui sono ricorso anch’io per diversi dei miei libri, e cioé il “crowdpublishing”.

Si tratta di una variante del “crowdfunding”, cioé della raccolta fondi per finanziare un progetto. Nel caso del crowdpublishing in genere si “prevendono” le copie del libro da realizzare, in cambio di vantaggi come, ad esempio, un prezzo di copertina più vantaggioso, o altri “reward” come stampe o simili. In tal modo si può arrivare alla stampa con minori rischi e impegnarsi successivamente alla vendita del libro stesso con minori patemi.

Crowdbooks oltre a curare il processo di raccolta fondi, opera come un vero editore, selezionando i progetti da pubblicare e curando impaginazione, stampa e diffusione. Il volume appare semplice ed elegante, affatto pretenzioso, cosa che considero buona e giusta: amando questo genere di prodotti editoriali non posso infatti che approvare le scelte grafiche e materiche. Comunque c’è un piccolo “vezzo” nella copertina staccata dal dorso e nella nastratura nera del blocco di pagine interno. Elegante senza strafare, direi.

In conclusione, sono particolarmente soddisfatto del lavoro svolto da Carlo, spero di avervi almeno un po’ – sebbene indirettamente – contribuito con il corso SEP e sono certo che questo è solo il primo passo verso una carriera fotografica che sarà ricca di soddisfazioni; ovviamente consiglio a tutti l’acquisto del libro, che si può fare direttamente dal sito dell’editore.

Tags:

Reflex-Mania
Logo