Uno zoo a colori: Dal Cigno Nero alla Mucca Viola

Come ti ho già detto in altri post, Ansel Adams sosteneva di essere assai contento quando, in un anno, riusciva a mettere assieme dieci fotografie davvero buone. Dieci.

Diciamo che i veri capolavori sono anche meno: se va bene, uno all’anno, e non tutti gli anni. E questo vale per i grandi fotografi.

Moonrise over Hernandez, di Ansel Adams

Noi comuni mortali (e fotografi “non riconosciuti”) potremmo anche non realizzarne mai nemmeno uno, o portarne a casa solo uno ogni tanto. Parlo di foto memorabili, destinate magari a diventare icone, a far parlare gli appassionati del futuro, e a rendere imperituro il ricordo del nostro nome.

Comunque foto che valga la pena guardare e riguardare, tipo “Moonrise over Hernandez” del citato Adams, o i peperoni di Weston.

Peperone, Edward Weston

Ma lasciamo da parte i capolavori che spesso sono frutto di opportunità che nemmeno il fotografo poteva davvero prevedere, e il cui successo difficilmente può essere intenzionalmente replicato.  Parliamo invece delle foto che funzionano o, se vuoi, delle foto che hanno successo, che piacciono e sono davvero apprezzate. Quelle dieci a cui faceva riferimento Adams.

Ti sei mai chiesto chi decide i parametri per definire una foto come “importante”? Chi stabilisce che il tuo scatto, a cui hai dedicato tempo e passione, non sia degno di entrare nell’Empireo insieme alle foto, per dire, di Cartier Bresson?

Potremmo parlare a lungo delle logiche di mercato, dei critici, dei soldi che girano in questo settore, delle mode e di chi le “pilota”, e di molto altro, ma non ne usciremmo con una risposta univoca. Una cosa è però certa: le foto che funzionano sono come un cigno nero.

 

Gli antichi non conoscevano il cigno nero (Cygnus atratus), che è un uccello che vive in Australia, continente allora sconosciuto. Così Giovenale ben poteva scrivere “rara avis in terris, nigroque simillima cycno” (trad. uccello raro sulla terra, quasi come un cigno nero) per indicare qualcosa di estremamente difficile (anzi quasi impossibile) da trovare, come un cigno di colore nero.

Noi oggi preferiamo usare il termine “mosca bianca”, da quando i cigni neri sono diventati comuni nei parchi e nei laghetti di tutto il mondo.

La teoria del cigno nero si deve all’economista americano di origini libanesi Nassim Nicholas Taleb ed è stata sviluppata per spiegare l’impatto sproporzionato che possono avere gli eventi rari e difficili da prevedere, specialmente nel campo della tecnologia, dell’economia e della scienza in generale.

In tal senso, la teoria cerca di spiegare da un lato i motivi per cui i metodi scientifici falliscono a volte nel valutare la probabilità di eventi che si verificano difficilmente, e dall’altro lato anche come le persone reagiscano di fronte a eventi imprevisti, che “non dovrebbero accadere” ma che invece, a volte, accadono.

E tale scarsa probabilità fa assumere a determinati eventi un valore che va ben oltre la loro oggettiva importanza.

La foto (o qualsiasi altra opera artistica) davvero riuscita è talmente rara che ben può essere definita un cigno nero, e questo nonostante l’impegno che può metterci l’autore. Perché è una magia, una magia che si verifica di rado e quando avviene sconvolge e mette sottosopra il mondo dell’arte.

Ci sono capolavori il cui reale valore è stato riconosciuto a posteriori, o che a posteriori sono stati declassati, ma qui intendo parlare di quell’opera che arriva come un fulmine a ciel sereno e non lascia nulla come prima. Magari solo per noi e chi conosce il nostro lavoro.

Pensa al solito, citatissimo “Guernica” di Picasso, o alla “Fontana” di Duchamp e capirai cosa intendo dire. Che possano piacere o meno, sono due opere che hanno cambiato il modo stesso di concepire l’arte.

A distanza di quasi un secolo Guernica continua ad essere stupefacente

Se ogni mese ci fossero nuove opere straordinarie, capisci bene che perderebbero la loro capacità rivoluzionaria. La caratteristica tipica di un capolavoro nell’accezione che ti ho appena detto, è di essere raro, anzi unico.

E anche le foto di valore, interessanti, riuscite, specialmente se inserite in un progetto articolato (l’esempio classico è The Americans” di Robert Frank) non sono affatto comuni, anche se sfilze di critici prezzolati e in malafede cercano di convincerci del contrario.

Scorrendo i commenti ai libri o ai cataloghi di moltissimi autori, si legge sempre di quanto le loro opere siano rivoluzionarie, originali, innovative, destinate a cambiare il panorama artistico da ora in poi.

Ma in verità sono molti – troppi – anni che non ci sono più scossoni veri nel mondo della fotografia (e nemmeno in quello delle altre arti): lavori ben fatti, interessanti, intriganti ce ne sono molti, ma di veri cigni neri non ce ne sono. Spariti, estinti. Roba da WWF.

Forse perché oramai i fotografi sono sempre più simili a imprenditori, attenti alle proprie carriere, accorti manipolatori del pubblico al solo scopo di garantirsi un posto nell’Empireo dei Grandi Fotografi, che somiglia a un club privato di stile anglosassone. Non a caso le fotografie hanno quasi sempre titoli in inglese.

Insomma, se le foto riuscite sono come un cigno nero, in questo nostro zoo a colori potremmo ben dire che il fotografo in grado di crearle probabilmente è, per citare l’omonimo illuminante libro di Seth Godin, una mucca viola.

In un mondo di mucche marroni o bianche, solo una mucca viola potrebbe emergere dalla mandria, non credi? Il concetto, espresso parlando in ambito marketing da Seth Goldin, ha avuto un certo successo, superiore anche a quello del cigno nero.

Le normali aziende si collocano sul mercato lavorando in base a 4P: Prezzo, Promozione, Pubblicità e Posizionamento. Se trasferisci tutto questo nel mondo della fotografia, significa che sino ad oggi un professionista, o un amatore evoluto, realizzava il proprio progetto e poi cercava di collocarlo sul mercato (inteso in questo caso come “persone interessate a fruire delle foto”, cioè a visitare una mostra, acquistare un libro fotografico o stampe fine art e così via) cercando di lavorare sul Prezzo, ad esempio mantenendolo basso oppure esageratamente alto a seconda del Posizionamento scelto, e Promuoveva il tutto grazie a una accorta Pubblicità, magari online, o con offerte mirate.

Non credere che solo i grandi professionisti si comportino in questo modo: qualunque “prodotto fotografico”, anche se concepito senza fini di lucro, deve comunque avere una distribuzione, essere conosciuto e proposto al pubblico, altrimenti nessuno lo potrebbe fruire e apprezzare. Perciò il marketing ci riguarda tutti, a prescindere dal nostro approccio alla fotografia.

Ad ogni modo, oggi – sostiene Goldin – tutto questo non basta più: occorre essere diversi, differenziarsi dalla “concorrenza”, essere mucche viola tra migliaia di mucche marroni.

L’incredibile quantità di foto disponibili quotidianamente sul web ma anche altrove rende le fotografie un bene “consumabile” in fretta, a cui si presta spesso poca attenzione. Magari ci sono passati davanti dei veri capolavori e non ce ne siamo accorti, confusi come siamo dalla massa di immagini che ci bombarda in continuazione.

Forse è per questo che faticano ad emergere veri “maestri della fotografia” e da tempo non si parla più di autentici capolavori.

Oggi, giocoforza, bisogna distinguersi dalla massa, realizzare opere più complesse, studiate e articolate, sforzarsi di essere originali in ogni aspetto della nostra attività artistica. Ovviamente parliamo di originalità autentica, non di scorciatoie che servono solo a metterci in mostra, trucchetti da quattro soldi.

Solo così sarà possibile, un giorno, che una mucca viola produca un meraviglioso cigno nero!

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