Sebastião Salgado: Amazônia in mostra a Roma fino al 25 Aprile 2022

Le fotografie di Sebastião Salgado sono note al mondo per la loro potenza e, ogni volta che si ha la possibilità di goderne dal vivo, è d’obbligo approfittarne. Per questo motivo, la mostra che il MAXXI di Roma ospita fino al 25 aprile, è un evento assolutamente imperdibile.

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Amazônia è più di una mostra, è un’esperienza intima e profonda che permette al visitatore di immergersi nella foresta e sentirla. Frutto di ben 7 anni di spedizioni fotografiche, le immagini presentate mostrano una regione sostanzialmente ignota che, con la cultura dei suoi abitanti e il suo inestimabile valore, non smette mai di stupirci e farci riflettere. L’impenetrabilità della foresta ha fatto sì che – negli anni – alcune popolazioni siano riuscite a preservare il loro tradizionale stile di vita. Tuttavia, oggi, le popolazioni e la foresta stessa, sono seriamente minacciate della deforestazione e dal cambiamento climatico. Le immagini di Salgado mostrano ciò che resta, prima che scompaia.

Sebastião Salgado: Amazônia-Aerial

Chi è Sebastião Salgado

Sebastião Salgado nasce a Minas Gerais, in Brasile, nel 1944. Dopo una prima formazione da economista, si appassiona alla fotografia, diventando fotografo professionista nel 1973, a Parigi. Inizia a collaborare con numerose agenzie fotografiche (come la Sygma, la Gamma e la celebre Magnum Photos) e, nel 1994 fonda, insieme alla moglie Lélia Wanick, la Amazonas Images, agenzia dedicata esclusivamente ai suoi lavori. I suoi progetti fotografici, principalmente di natura umanitaria e ambientale, lo portano a viaggiare in oltre 100 paesi, con permanenze di mesi se non addirittura di anni. È il caso del reportage The Other Americas, realizzato in 6 anni, che ha come tema fondante la vita delle campagne in America Latina.

Nei 6 anni successivi, Salgado realizza il reportage Workers, un grande progetto sui lavoratori dei settori base della produzione. Le immagini di Salgado ci mostrano gli uomini invisibili, che mettono in moto l’economia, una sorta di poema epico universale, che esalta la dignità degli uomini che lavorano duramente.

Nel 2013 è stato pubblicato De ma terre à la Terre, una narrazione sulla vita e la carriera di Salgado, della giornalista francese Isabelle Francq e nel 2014 è uscito il film documentario Il Sale della terra, co-diretto da Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado. Oltre ai già citati The Other Americas e Workers, nel documentario vengono approfonditi i suoi progetti sulle drammatiche condizioni dei popoli africani, le grandi migrazioni umane e gli angoli incontaminati del pianeta (reportage che darà vita a Genesis, opera monumentale, risultato di una spedizione durante 8 anni).

Considerato uno dei più grandi fotoreporter dei nostri tempi, attualmente vive e lavora a Parigi.

Perché l’Amazzonia

La foresta amazzonica è la foresta tropicale più grande al mondo e si estende per il 60% lungo il Brasile, toccando 9 paesi del Sud America.

Quando i navigatori portoghesi vi approdarono per la prima volta, la regione era ricoperta dalla vegetazione ed era abitata da quasi 5 milioni di indigeni. Attualmente, la popolazione autoctona non supera i 370.000 abitanti. Negli anni, la biodiversità della regione amazzonica ha subito gravissimi danni, dovuti soprattutto alla deforestazione, operata dalle aziende agricole, che hanno letteralmente consumato la foresta e distrutto le terre degli indigeni. Le foto di Salgado ci mostrano l’Amazzonia così com’è ora, depredata e messa in ginocchio dal cambiamento climatico.

Accanto agli scatti del territorio, il fotografo brasiliano mostra anche i popoli sopravvissuti alla devastazione, nel titanico sforzo di difendere la biodiversità della loro terra natia.

Il percorso della mostra

La mostra, allestita al MAXXI di Roma, presenta oltre 200 fotografie, tutte in bianco e nero, che raccontano la foresta e i suoi abitanti, in uno spazio volutamente buio, per permettere al visitatore di immergersi nella profondità degli scatti. Amazonia mira a ricreare lo spazio della foresta e delle ocas, tipiche abitazioni indigene isolate nel cuore della giungla.

Roma, Museo del MAXXI 30 09 2021 – Sebastião Salgado: Amazônia ©Musacchio, Ianniello, Pasqualini & Fucilla

La visita è accompagnata da una traccia audio, composta appositamente per la mostra da Jean-Michel Jarre, ispirata ai veri suoni della foresta. Il fruscio degli alberi, il rumore delle acque che scendono dalle montagne, i versi degli animali rendono l’esperienza ancora più concreta e accompagnano il visitatore lungo l’esposizione.

Il percorso della mostra si divide in due sezioni fondamentali: la prima, racconta il paesaggio boschivo della regione, la seconda presenta invece alcuni ritratti di indigeni, colti in scene di vita quotidiana. Vediamole nel dettaglio.

Prima sala: il paesaggio naturale dell’Amazzonia

La sezione dedicata al paesaggio naturale amazzonico si divide, a sua volta, in 6 sezioni tematiche. La prima sezione, Panoramica della foresta (Aerial Views) mostra una serie di vedute aeree della foresta, per coglierne la reale vastità. Osservandola da un elicottero, si può notare come la foresta pluviale sia un grande manto verde, attraversato dalle linee curve dei fiumi che la attraversano.

La seconda sezione, Fiumi Volanti (Flying Rivers), mostra lo straordinario fenomeno dei cosiddetti “fiumi atmosferici”. Questi fiumi aerei si formano sopra la foresta e si estendono lungo gran parte del continente sudamericano. Gli scienziati hanno stimato che, se ogni giorno il Rio delle Amazzoni riversa nell’oceano circa 17 miliardi di tonnellate d’acqua, nello stesso tempo, dalla giungla, circa 20 miliardi, raggiungono l’atmosfera. I fiumi volanti non interessano solo l’economia del paese, ma influenzano anche i modelli climatici dell’intero pianeta e subiscono gli effetti dannosi del surriscaldamento globale.

Sebastião Salgado: Amazônia- Aerial views + Fiumi volanti

La terza sezione, Tempeste tropicali (Torrential Rains), è incentrata sulle grandi nubi che sovrastano la foresta amazzonica. È molto raro che, in Amazzonia, una giornata si concluda senza un’intensa precipitazione. Le formazioni nuvolose di quest’area regalano uno spettacolo sempre diverso e contribuiscono a dare il senso di drammaticità che caratterizza la regione.

La quarta sezione, Montagne (Mountains), mostra la maestosità dei rilievi di questa zona. La catena montuosa del Cerro do Imeri, funge da confine naturale con il Venezuela ed è caratterizzata da una vetta aguzza di oltre 300 metri. La montagna più alta del Brasile – e la più famosa di questa catena – è il Pico di Neblina, spesso avvolta dalle nubi e per questo molto pericolosa da scalare. Non lontano, si trovano il Pico 31 de Março (2900 metri), il Pico Guimaraes Rosa (2100 metri) e, ad est, il Monte Roraima, una formazione geologica molto particolare, caratterizzata da una cima piatta.

Sebastião Salgado: Montagne

La quinta sezione, La foresta (The Forest), pone l’accento sull’impenetrabilità della foresta amazzonica, per secoli definita Inferno verde” dai colonizzatori portoghesi. La maggior parte degli esploratori che tentarono l’impresa di attraversarla, non fecero mai ritorno. I pochi sopravvissuti, sono passati alla storia. Oggi, la foresta pluviale è guardata con meno timore ed è vista soprattutto come un tesoro naturale da custodire.

Sebastião Salgado: Foresta

La sesta sezione, Anavilhanas (Islands in the stream), mostra il più grande arcipelago di acqua dolce al mondo. Queste isole si trovano a circa 80 km a nord-ovest di Manaus e si dividono in due rami, che si estendono per oltre 400 km in direzione di Barcelos. Visto dall’alto, l’arcipelago ha l’aspetto di un puzzle e si sviluppa a perdita d’occhio. Le isole maggiori sono ricoperte da una fitta vegetazione tropicale, mentre quelle più piccole rischiano di essere sommerse, durante la stagione delle piogge, quando il livello dell’acqua supera i 20 metri.

Seconda sala: i ritratti delle popolazioni indigene

La seconda parte della mostra è interamente dedicata ai ritratti dei popoli indigeni. Gli scatti di questa sezione colgono le peculiarità di ciascun gruppo: dai legami familiari alla spiritualità, le danze, i riti, la caccia e la pesca. All’interno di questa sezione sono stati inseriti anche dei filmati, che permettono di ascoltare la viva voce di queste popolazioni e di conoscere la ricchezza delle loro culture. Salgado si avvicina alle popolazioni indigene con il rispetto di chi vuole raccontare, con discrezione, un mondo che stiamo perdendo. Nei suoi ritratti, possiamo osservare i popoli Xingu, Awà-Guajà, Zo’é, Suruwahà, Yawanawà, Marubo, Ashàninka, Korubo, Yanomami e Macuxi. Ciascuna di queste popolazioni preserva una propria specificità e caratteristiche differenti. Gli indigeni Zo’ée gliYawanawà, ad esempio, sono ritratti spesso insieme ai loro animali da compagnia o mentre pitturano i loro corpi, i Marubocon le tipiche collane bianche realizzate con le conchiglie e i Korubo, nel loro atteggiamento di scontro verso i forestieri (sono tra i popoli rimasti isolati più a lungo).

Sebastião Salgado: Indigeni

A completamento della mostra, sono presenti due sale di proiezioni video, anch’esse dedicate rispettivamente al paesaggio e ai ritratti di donne e uomini indigeni.

L’Amazzonia per Sebastião Salgado

Quella di Salgado è una fotografia che potremmo definire umanista”, uno spunto per provare a conoscere il mondo e capire come preservarlo. La forza delle sue immagini sta proprio nella capacità di mostrare la realtà di un luogo abusato e sofferente, ma ancora ricco di meraviglie.

Le immagini dei paesaggi dell’Amazzonia sono perlopiù drammatiche: dalle nubi dense alle piogge incessanti, dalla vegetazione fitta alle vette più alte, Salgado riflette (e fa riflettere) sul disastro ambientale imminente e, in parte, già in atto, cui le popolazioni autoctone cercano di rispondere. Ogni giorno le popolazioni indigene lottano contro le “invasioni” straniere e la deforestazione, che sta incidendo enormemente sull’ecosistema amazzonico e sul cambiamento climatico.

Da molti anni, Salgado e la moglie Léila portano avanti un impegno ambientalista di portata eccezionale e, insieme alla Fondazione dell’Istituto Terra, si sono dedicati all’ambizioso progetto di recupero di oltre 1500 ettari di foresta.

Silvia Gerbino


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