
LA GHIACCIAIA DELLA CASCINA FAVAGLIE – Ezio Riccardi
Introduzione
Il breve progetto di Ezio è un vero e proprio reportage storico, che ci racconta del recupero di un monumento “minore”, ma non per questo meno importante. Quando ancora non esisteva la tecnologia dei frigoriferi, si doveva ricorrere alle ghiacciaie o anche alle neviere, dove veniva stipata la neve raccolta in inverno, per mantenere al fresco le derrate alimentari.
Altri tempi, quando il ghiaccio e la neve erano ancora fatti oggetto di commercio! Attraverso la sua serie di fotografie, dunque Ezio, ci offre uno squarcio sulla vita quotidiana delle popolazioni lombarde di secoli fa e nello stesso tempo ci mostra come a volte sia possibile – in un’Italia che spesso trascura colpevolmente i propri beni artistici e architettonici – conservare e recuperare all’uso comune un monumento così singolare e interessante.
Artist Statement
La Cascina Favaglie è una caratteristica cascina lombarda al cui interno vivevano in comunità un certo numero di famiglie. La sua origine risale a circa 200 anni fa.
Gli abitanti avevano in comune un’aia al centro della cascina e all’esterno una porcilaia, oggi museo contadino, e una ghiacciaia. Il portfolio è assemblato con alcune foto d’epoca che completano le mie foto scattate durante il periodo di recupero della ghiacciaia che precedentemente era in stato di abbandono. La ghiacciaia aveva lo scopo di conservare il cibo fresco per tutta la comunità (il nostro attuale frigo).
Il ghiaccio veniva raccolto nei campi e accatastato al centro della ghiacciaia. I cibi appesi sui muri laterali. E’ un edificio di grande importanza storica e importantissimo per la comunità. Mi ha da sempre interessato questa ghiacciaia che riveste una grande importanza storica per tutta la Lombardia se non per l’Italia. E ho dato grande merito a chi si è prodigato per il suo recupero evitando il rischio di perderla definitivamente. Questa ghiacciaia ha un diametro di circa 10 metri ed un’altezza di circa 8 metri.
Commento
Ezio non cerca l’effetto, e nemmeno un linguaggio fotografico arzigogolato o intellettualistico: preferisce piuttosto una chiave di lettura diretta, narrativa, asciutta, quasi “oggettiva”, in cui è il monumento stesso a raccontarci la sua storia, anche ricorrendo ad alcune immagini scattate diversi anni fa, prima della fase di recupero.
A volte la scelta più saggia, per il fotografo, è farsi da un lato spettatore e dall’altro testimone, quasi nascondendosi, e lasciando alle fotografie – o meglio, al loro contenuto visuale – di interagire con lo spettatore che vede dipanarsi la rinascita della ghiacciaia, da brutto anatroccolo ricolmo di vegetazione, a bel cigno che è tornato all’antico splendore.
Un progetto semplice, ma tutt’altro che elementare, che interagisce efficacemente con chi abbia la pazienza di osservare con attenzione questa breve storia che ha molto da insegnarci.