
UN BORGO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS – Federico Manneschi
Introduzione
Le cronache del coronavirus ci hanno abituato a strade deserte e paesaggi urbani spettrali, in cui – come in certi film di fantascienza – la vita sembra essere scomparsa a causa di qualche catastrofe o invasione aliena. Ma nei piccoli paesi? Per certi versi la situazione è simile, eppure c’è un’atmosfera profondamente diversa, quasi che la maggiore vicinanza spirituale tra le persone, mantenga comunque una parvenza di vita collettiva. Come se l’aria fosse diversa, come se le luci e le ombre parlassero tra loro, suggerendo una vitalità altrove persa. Di questo parla il progetto di Federico.
Artist Statement
In un periodo in cui tutti gli ordini naturali del vivere nella società, sono sovvertiti, non solo le abitudine e le necessità delle persone hanno preso direzioni inaspettate, nella brezza di una mattina in un piccolo borgo generalmente vissuto dai suoi abitanti con le loro abitudini e le loro interazioni sociali, tutto sembra essere ibernato, in un paesaggio in cui il tempo sembra aver dichiarato pausa, solo le strade parlano di un mondo che non riconoscono piû , tutto è fermo, in attesa che qualcosa possa di nuovo accadere.
Commento
Federico ci narra il paese senza sottolineare troppo l’emergenza coronavirus: potremmo pensare semplicemente a uno dei tanti borghi semiabbandonati che punteggiano il nostro paese. C’è tanta luce, qualcosa di solare e positivo, di bello e piacevole. Eppure, un filo di angoscia attraversa tutte le foto. Qualcosa non va, non tutto è come dovrebbe essere. Ma questa sensazione è lasciata sapientemente sullo sfondo, appena suggerita. Si insinua nello spettatore e lascia in lui un vago senso di ansia, riflesso di quella che tutti coloro che in questo periodo sono costretti in casa stanno vivendo. Federico dimostra di saper utilizzare la narrazione fotografica in modo efficace e senza strafare, senza mostrare mascherine o gel sanificanti, ma trasmettendoci comunque il senso della situazione.