Smettere di Essere Principiante – I progetti di fine corso

PAESAGGI INDUSTRIALI – Philipp Koebler

Introduzione

Esiste un territorio indefinito – che Gilles Clèment ha definito “terzo paesaggio” – che si stende tra la città e la campagna, tuttavia non è città e nemmeno campagna, una terra di nessuno sospesa tra natura e cemento, tra fumi e cieli limpidi. E’ questo spazio che Philipp esplora con il suo progetto e lo fa illustrandone i termini confinari, quelli che lo delimitano: industrie, ciminiere, centri direzionali, grandi aziende agricole con le loro cassette di plastica multicolore. Il suo sguardo si muove tra la bruttezza che diventa iconografia plastica e dunque è anche “bella” a vedersi, secondo quella catarsi che ha caratterizzato l’esplorazione fotografica del nostro paese iniziata da Ghirri & Co. e in fondo non ancora terminata.

Artist Statement

Trovo i paesaggi creati dall’uomo affascinanti da un punto di vista fotografico: da una parte vediamo l’architettura industriale che ricerca la bellezza e l’armonia, strutture regolari e colori che si stagliano dall’ambiente naturale circostante, e che, man mano che stringiamo l’angolo di campo, diventano forme geometriche e astrazione pura. Poi colonne di fumo che si alzano nel cielo, forme minacciose nella foschia, tubi intrecciati, bruttezza che risponde ad una pura funzione produttiva, odori nauseabondi, inquinamento e caos. Eppure rimango affascinato, come ipnotizzato da un ambiente non solo innaturale, ma anche inumano, pur essendo opera dell’uomo.

Commento

Philipp si inserisce in una tradizione fotografica non recentissima, nata con Walker Evans negli anni ’30 e proseguita poi con i cosiddetti “New Topographics” come Robert Adams e Stephen Shore, ma ancora attuale, anzi necessaria. Uno sguardo privo di retorica, che non rinuncia a creare fotografie ben composte, rigorose addirittura, e dunque esteticamente gradevoli pur mostrandoci soggetti che – in quest’epoca di mutamenti climatici – riempiono la mente di pensieri oscuri. Attraverso le sue foto vediamo un mondo geometrico e artificiale, eppure percepiamo una via d’uscita, forse legata a quell’armonia che diremmo “naturale” che alla fine queste costruzioni umane non possono evitare di creare nel rapporto col territorio circostante. Un progetto ben concepito e ben realizzato, di stretta attualità.

 

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