
STAZIONI FERROVIARIE ABBANDONATE – Chiara Ragona
Introduzione
I luoghi abbandonati esercitano un’attrazione inconscia sugli esseri umani. Probabilmente ci ricordano la nostra caducità, o il passare del tempo, o semplicemente ispirano una sensazione di malinconia a cui non sappiamo resistere. Così già nei secoli passati i pittori hanno dipinto spesso le rovine, soprattutto romane e greche, mentre gli architetti realizzavano appositamente dei monumenti diruti, a decorare ampi giardini. Di quel periodo romantico tra ‘700 e ‘800 è rimasta l’attitudine – oggi soprattutto dei fotografi – a rendere il rudere o il luogo abbandonato in modo un po’ didascalico e poetico, tentazione in cui non cade la nostra autrice, che invece sceglie un approccio diretto e identifica un tema specifico, quello delle stazioni ferroviarie, che evocano la fine del viaggio, la sensazione di non poter andare altrove. Tutte sensazioni che le foto di Chiara rendono perfettamente.
Artist Statement
Sono particolarmente attratta dagli edifici in rovina. Immaginare un vissuto oltre quelle finestre con i vetri rotti, i muri scrostati e ricoperti di crepe, l’erba che sbuca prepotente attraverso i mattoni e ostruisce le entrate, detriti ammassati e dimenticati da decenni, porte arrugginite e cancelli divelti, genera un moto di malinconia misto a inquietudine e amarezza. E una domanda: cosa si potrebbe ricavare da questi spazi opportunamente ripuliti e rimessi in sesto? Questo è quello che mi chiedo quando mi trovo davanti gli spettri delle stazioni abbandonate. Inaccettabile l’idea che edifici ancora solidi siano lasciati in condizioni di elevato degrado. A supporto di questa idea apprendo che è in atto un piano di riqualificazione del patrimonio immobiliare FS inutilizzato. Per il mio progetto ho scelto le stazioni di Gallitello e di Alcamo, la prima situata in aperta campagna, territorio di Calatafimi Segesta e la seconda a pochi chilometri dalla stazione di Alcamo Diramazione, attualmente attiva.
Commento
Un lavoro giocato su una luce che rivela ogni dettaglio, forte e contrastata com’è sempre quella del sud, ma a volte anche diffusa, come se passasse attraverso un velo. Il progetto ci fa entrare in un mondo sospeso, evocativo, in cui possiamo immaginare le persone che un tempo attendevano l’arrivo del treno su quelle banchine oramai desolate. Chiara dimostra così di saper gestire in modo efficace lo strumento espressivo scelto, la fotografia, senza cedere alle tentazioni oleografiche o retoriche.