Il Tamron 18-270 F3.5 – 6.3 Di II VC PZD in sintesi
L’obiettivo Tamron 18-270 F/3.5 – 6.3 Di II VC PZD è un obiettivo ultra zoom, cioè un “tuttofare” in grado di coprire da solo una gamma di focali tale da soddisfare la maggior parte delle esigenze fotografiche.
Pensato più per l’amatore che fa fotografie di tanti tipi di diversi che non per lo “specialista”, rappresenta un’evoluzione del precedente AF 18-270 millimetri, differendo da quest’ultimo, fra le altre cose, per l’adozione di un nuovo sistema AF, indicato dalla sigla “PZD”. (Altre differenze “chiave” verranno approfondite nel corso della recensione).
Le caratteristiche “base” del Tamron 18-270 F/3.5 – 6.3 Di II VC PZD sono:
Lunghezza focale (in mm): 18-270
Diaframma massimo:F/3.5-6.3
Distanza minima di messa a fuoco: 0.49
Rapporto di ingrandimento massimo: 1:3.8
Diametro filtro (in mm): 62
Peso: 450 grammi
Angolo di campo: 75-6
Numero lamelle del diaframma: 7
Diaframma minimo: F/22-40
Fra i suoi punti di forza, si segnalano:
- Ovviamente, il range focale totale, di ben 252 mm (il maggiore del mercato per lunghi anni fra gli all-in-one, superato poi dal 16-300 della stessa Tamron)
- Stabilizzatore dell’immagine VC (Vibration Compensation)
- Vetro XR (Extra Refractive Index), dall’indice di rifrazione particolarmente elevato
- Lente LD (Low Dispersion), per una maggiore definizione e per la correzione dell’ aberrazione cromatica.
- Prezzo davvero allettante
Ma adesso, entriamo nel dettaglio della recensione di questo Tamron 18-270 F/3.5 – 6.3 Di II VC PZD partendo proprio dalla nomenclatura
Cosa significa Tamron 18-270 F/3.5 – 6.3 Di II VC PZD?
La nomenclatura di un obiettivo ci dice davvero molto sul suo utilizzo, e per questa ragione insisto su di essa in ogni mia recensione:
F3.5-6.3 significa che la massima apertura de diaframma non è costante su tutto il range focale, ma varia da 3.5 (a 18 mm) a 6.3 (a 270 mm). Si tratta dunque di un obiettivo decisamente non luminoso
Di II significa che l’obiettivo è utilizzabile esclusivamente con fotocamere APS-C, segno che è stato concepito con un occhio al prezzo, e per l’utilizzo amatoriale più che professionale.
VC è l’acronimo di Vibration Compensation, ed indica la presenza di un sistema di stabilizzazione dell’immagine, elemento particolarmente utile alle lunghezze focali più elevate
PZD sta per “Piezo Drive”, ed indica la presenza di un motore autofocus di nuove generazione, ultrasonico a onde stazionarie. L’obiettivo ne guadagna in silenziosità e precisione.
La perdita della dicitura “Macro”, che caratterizzava il modello precedente di Tamron 18-270, non deve ingannare. Si tratta infatti solo di una variazione “formale”, in quanto la distanza minima di messa a fuoco del soggetto è invariata; 49 cm, con rapporto d’ingrandimento pari a 1:3.8.
Sul mercato è reso disponibile con attacco Nikon, Canon e Sony anche se, in quest’ultimo caso, non può fare affidamento sul sistema di stabilizzazione ottica dell’immagine “VC”, per il fatto che le macchine fotografiche Sony Alpha presentano già un sistema di stabilizzazione integrato.
La confezione include, oltre all’obiettivo, 2 tappi (anteriore e posteriore), un paraluce a petalo e l’immancabile manuale utente.
Dimensioni, peso e misure del Tamron 18-270 PZD
Mettendo a confronto il Tamron 18-270 F/3.5 – 6.3 Di II VC PZD con il suo immediato predecessore, è possibile notare come l’obiettivo abbia beneficiato di una riduzione di peso e dimensioni, frutto di un re-design totale.
Per garantire compattezza e peso ridotto, il produttore giapponese ha riprogettato sia i sistemi di stabilizzazione che l’Auto Focus, non rinunciando neppure a modifiche sostanziali della formula ottica.
Grazie a questi cambiamenti presenta una notevole maggiore maneggevolezza.
Per prima cosa, infatti, raggiunge appena i 450 grammi, cioè 100 in meno del modello precedente.
La leggerezza dell’obiettivo è la diretta conseguenza anche dei materiali termoplastici adottati, pur mantenendo però una discreta resistenza meccanica.
Per quanto riguarda le dimensioni, la lunghezza è stata ridotta a 96,4 mm (rispetto ai 101 del modello precedente). Il diametro è di 74,4 millimetri (contro 79,6), ma è da segnalare anche la riduzione a 62 mm della ghiera porta-filtri anteriore.
Sistema ottico, ghiere ed elementi costruttivi del Tamron 18-270
Gli elementi ottici sono 16, suddivisi in 13 gruppi. Fra essi, alcuni elementi “nobili”, come gli XR (ExtraReflective) e LD (Low Dispersion).
Come detto, l’obiettivo propone uno stabilizzatore VC (disinseribile), ed un motore di autofocus ultrasonico PZD, silenzioso e abbastanza preciso.
Se l’obiettivo si rivela ottimo per chi ama immortalare paesaggi e fa un po’ di street photography, risulta invece meno indicato per chi deve effettuare fotografie in ambito sportivo; soggetti in rapido movimento, infatti, richiederebbero la presenza di un autofocus più veloce.
Lo stabilizzatore permette di guadagnare almeno 3 stop quando si fotografa a mano libera in condizioni di scarsa visibilità, ed è davvero utile soprattutto alle distanze focali maggiori.
Però, quando fotografi su cavalletto o in condizioni di luce tali da avere tempi di scatto molto “comodi”, non dimenticare di disinserirlo se non vuoi diminuire la nitidezza delle tue foto.
Come tutti gli stabilizzatori (anche quello per esempio del super-performante Canon 70-200 F4), è molto rumoroso, e va quindi disinserito assolutamente quando fai riprese audio-video sfruttando il microfono della tua fotocamera.
La messa a fuoco non ha l’override manuale; assenza che costringe inevitabilmente l’utente ad agire sul comando inserito nel barilotto per poter sbloccare l’apposita ghiera e passare dalla modalità “autofocus” alla modaltà “messa a fuoco manuale”.
A livello di finiture, meritano una menzione le aree gommate delle ghiere, ben sagomate e molto comode.
Se la ghiera dello zoom offre un buon “grip”, il suo utilizzo nel corso delle riprese video non risulta però ottimale, a causa di un movimento che si rivela piuttosto disomogeneo.
Un limite alla precisione è legato al fatto che, nella messa a fuoco, l’intera escursione si concentra in meno di 1/4 di giro.
In prossimità della base dell’obiettivo Tamron sono stati inseriti (replicando quanto fatto per il modello precedente), gli switch destinati ad attivare (e disattivare) la stabilizzazione ottica, e a selezionare le modalità AF o MF.
L’attacco a baionetta, in acciaio, è molto robusto; avrebbe però beneficiato della presenza di guarnizioni, ideali per la protezione da polvere ed umidità.
Obiettivo Tamron 18-270 F3.5 – 6.3 Di II VC PZD: Prestazioni Ottiche
Finora, abbiamo visto come il Tamron 18-270 F3.5 – 6.3 Di II VC PZD abbia moltissime qualità:
- Escursione focale da vero record
- Leggerezza e maneggevolezza
- Robustezza (pur non essendo tropicalizzato)
- Discreto autofocus
- Buon funzionamento dello stabilizzatore di immagine
Come sempre però, quando tutte queste qualità si trovano impacchettate ad un costo non solo ragionevole, ma decisamente basso (il prezzo del Tamron 18-270 è di solo 350 euro circa), ci deve essere un rovescio della medaglia.
In questo caso, il rovescio della medaglia è la qualità dell’immagine.
Soprattutto verso gli estremi (cioè dai 50 mm in giù e dai 200 mm in su), questo obiettivo mostra diversi limiti: distorsioni, aberrazione cromatica, vignettatura, sono più o meno evidenti a seconda di quanto è difficile la situazione in cui stai fotografando.
Intendiamoci: non che questo Tamron faccia foto pessime. (Qui c’è il link al gruppo Flickr in cui puoi vedere come se la cava dal vivo).
Ormai infatti con la tecnologia moderna è difficile trovare degli obiettivi davvero “scarsi”, e come abbiamo visto questo Tamron presenta anche elementi tecnici “nobili” fra le 16 lenti che lo compongono.
Nella maggior parte dei casi, quindi, un occhio inesperto difficilmente noterà i difetti, o magari lo farà solo ad ingrandimenti notevoli.
E in post produzione sarà sempre possibile, perdendoci un po’ di tempo, eliminare il 99% dei problemi.
Tuttavia è innegabile che la qualità dell’immagine che fornisce il Tamron 18-270 non è del livello desiderato da chi fa fotografia a livello professionale.
Il diaframma a 7 lamelle e la massima apertura relativamente scarsa non lo rendono indicato, sulla carta, per ottenere un bel bokeh nel ritratto. Nella pratica invece se la cava discretamente, anche se, ovviamente, gli obiettivi che sceglierei per un bokeh sono altri.
I rivali del Tamron 18-270
Chiaramente si può comparare il Tamron 18-270 con una infinità di altre lenti, visto il suo enorme range focale.
Tuttavia, volendo rimanere, come mi sembra logico, sulla stessa filosofia “all-in-one” di questo super zoom, secondo me i rivali veri sono:
Sigma 18-250 mm
Meno performante del Tamron, con 20 mm in meno di ampiezza focale, offre però al principiante un prezzo inferiore di un buon 15-20%. Tutto sommato, per una lente “da battaglia” adatta a tutte le occasioni può valere la pena considerare di risparmiare al massimo, e allora tanto vale prendere questo sigma (tanto più che i 250 mm sono comunque equivalenti, su una APS-C, a quasi 400!)
Tamron 16-300
Sensibilmente più caro (circa 200 euro in più) ha strappato al 18-270 il record di super-zoom con l’escursione focale più lunga, ben 284 mm! Questo lo rende il più “all” degli all-in-one, ma anche abbastanza caro per essere considerato una lente da battaglia. (N.B: ovviamente sono esclusi gli obiettivi non “all-in-on”e, come per esempio il telezoom Nikon 80-400, che per il diverso range di focali su cui operano possono ottenere escursioni maggiori).
La mia opinione sul Tamron 18-270 F/3.5 – 6.3 Di II VC PZD
Il Tamron 18-270 F/3.5 – 6.3 Di II VC PZD si propone come un obiettivo di tutto rispetto, destinato soprattutto all’amatore che considera essenziali praticità e portabilità, magari un po’ a discapito della qualità di immagine.
Leggerezza, maneggevolezza e versatilità sono davvero ottimi, così come il prezzo.
L’assenza di fringing, e una buona nitidezza offerta al centro dell’inquadratura compensano in molti casi la resa ottica incostante e una luminosità non ottimale (soprattutto dai 100 mm in poi).
E per chi ama fare fotografie di viaggio poter coprire una tale gamma di focali potendosi portare dietro un unico obiettivo che pesa 450 grammi è semplicemente fantastico.
Se quindi Tamron, quando avevo recensito il suo 70-200 F2.8, mi aveva colpito per la qualità, qui mi colpisce per la maniera in cui cerca di venire incontro alle esigenze del mercato: questo 18-270 infatti, pur non essendo da puristi della fotografia, è un vero bestseller fra principianti o amatori un po’ “spartani”.
A queste due categorie mi sento quindi di consigliarlo senza remore, a meno che, come detto prima, non amino fare fotografia sportiva (perché in questo caso, purtroppo, l’AF non è sempre all’altezza).
Il professionista o l’amatore che cerca qualità dell’immagine dovrà invece guardare altrove, nella consapevolezza però che, per avere la stessa gamma di utilizzo del Tamron 18-270, dovrà spendere cifre molto superiori, comprare più di una focale e portarsi a spasso parecchio peso in più.