
Quasi ogni anno, in estate (e dunque in ritardo rispetto alle scelte che le persone fanno), tiro fuori un post “contro” il turismo, e a favore del viaggiare consapevolmente. Com’è ovvio, questi post non producono alcun risultato apprezzabile, a parte farmi star meglio perché ho detto quel che avevo da dire (risultato piuttosto magro, in effetti).
Perciò quest’anno, pur rispettando la tradizione, aggiungo tutta una serie di riflessioni che spero vadano oltre il mero aspetto del viaggiare superficialmente e affrontino il tema della fotografia come “rappresentazione del reale”. Magari ne ricaverai spunti su cui riflettere a tua volta… mentre sei in vacanza! Spero di non offendere nessuno, s’intende: io offro degli spunti, poi ognuno può trarne le riflessioni che vuole.
Lo confesso, non sono mai stato a Venezia, ma grazie ai reportage di grandi fotografi, e certo anche a Google Maps e Street View, penso di conoscerla piuttosto bene. Non debbo ricordare quel che ho visto, posso tornare su ogni singolo scorcio quando voglio.
Mi dirai: ma le foto che guardi non le hai fatte tu. E allora? Cosa cambia? Se non sono foto sommamente creative, il fatto che lo scorcio delle calli lo abbia scattato io o qualsiasi altro fotografo non ne cambia il valore “documentale”. E spesso le foto cosiddette “creative” che molti fotografi amano scattare, non si discostano poi molto da quelle altrettanto “creative” realizzate da centinaia di altri fotografi. Mosso intenzionale, tempi di scatto lunghi con le gondole mosse, ora blu, e così via.
Magari qualcuno si diverte a copiare chi ha avuto delle belle intuizioni, e allora ecco una sorta di “Venezia Obscura” sullo stile di Luca Campigotto con foto notturne in bianco e nero. E così via.
Ovviamente farsi le foto da soli è decisamente più divertente e piacevole, ci mancherebbe. Ma non è questo il punto. Ci sono molti modi di affrontare il racconto dei luoghi, ma soprattutto ci sono molti modi di intendere la passione per la fotografia. E le due cose sono strettamente connesse.
Possiamo viaggiare per il semplice gusto di viaggiare, o di fare una “vacanzina” una volta l’anno; ma possiamo anche viaggiare appositamente per fotografare, ed è questo il sistema migliore per ottenere dei risultati degni di noi.
Di rado – e a me non è mai capitato di vederne – si ottengono foto davvero buone quando si è in vacanza, visto che oltre a noi stessi ciò che è “vacante” è anche la creatività e la voglia di impegnare molto tempo cercando un soggetto adeguato a rendere le nostre idee e le nostre emozioni, invece che in spiaggia o con la visita guidata al “famoso monumento”.
Questo ci porta a fare tutta una serie di considerazioni interessanti.
Molti, quando scoprono che dopo quindici anni passati a girare come fotografo editoriale di viaggi e turismo, ora mi muova di rado dal comprensorio in cui vivo, mi chiedono come faccia a non desiderare di viaggiare.
Il desiderio di viaggiare è insito nella natura umana. E io viaggio tantissimo, magari con la fantasia. Mi piace informarmi, scoprire le realtà “altre”, scoprire chi le racconta, ammirare le foto di coloro che dedicano anni e anni a svelarle. E in realtà sono spesso “fuori” a fotografare: addirittura più di quanto facessi prima, a dire il vero. Io viaggio nell’area in cui vivo, esploro, approfondisco. Un giorno potrei decidere di trasferirmi altrove, e il viaggio ricomincerebbe, magari.
Zavattini definiva questo modo di raccontare un luogo che molti considerano poco interessante la “Qualsiasità”: ogni luogo rappresenta, infatti, il mondo intero. Si riferiva a Luzzara, ovviamente, che lui ha contribuito a far conoscere attraverso le immagini di Strand e altri fotografi.
Luzzara – il cui monumento più insegne è un campanile del 1770 – rappresenta però l’Italia intera, e anche un po’ di Europa, e anche di mondo, se la comprendi, se l’osservi con attenzione.
Un luogo qualsiasi è anche qualsiasi luogo!
Se guardi bene, infatti, Roma è come New York, e Rabat come Ushuaya. Diverse in tutto, storia, abitudini, stili di vita, clima, architettura, ma parte di questo pianeta e di questa umanità, e raccontarle significa far comprendere che al di là delle enormi differenze, in verità ogni essere umano è simile agli altri, ogni architettura è concepita per venire incontro alle stesse esigenze, ogni animale e pianta si è evoluta per rispondere sempre e comunque alle sfide poste dall’ambiente in cui vivono. Ma per capirlo, devi scavare in profondità, e chi ha tempo di farlo?
Se si è impegnati a viaggiare, certamente questo tempo finirà per mancarci. Si va nei luoghi, si scattano “belle foto” e si torna a casa. Poi, ogni tanto, si guardano quelle foto e si dirà: “ah, che meraviglia, sono stato là! Quanto mi piacerebbe tornarci!”. I ricordi veri svaniscono pian piano e restano solo le fotografie.
Se fai un viaggio in India vedrai con “i tuoi occhi” un determinato luogo, è vero, ma non conoscerai quella realtà come potresti farlo leggendo un libro o guardando un reportage di McCurry. Dico sul serio. Anche perché avere tempo e un occhio allenato, forgiato dall’esperienza, è roba per pochi. I viaggiatori distratti si affidano troppo ai pregiudizi e alla capacità dello sguardo di discernere la realtà. Dunque non bisogna viaggiare più? Non è certo questo quel che voglio dire.
Viaggiare è bello e arricchisce la nostra vita, solo che occorrerebbe dapprima imparare a conoscere per davvero il luogo dove si vive, imparare a vederlo davvero, come fosse un luogo esotico. Fare pratica, diciamo. Solo dopo partire per applicare lo stesso metodo ad altri luoghi.
Evitare il mordi-e-fuggi. Invece di tanti viaggi brevi, fare viaggi di molti giorni. Magari non tutti gli anni. Se il mondo intorno a te lo scopri interessante e stimolante, anche fotograficamente, non sentirai più l’esigenza di “fuggire altrove”. E allora il viaggio diventerà quell’evento importante che davvero ti cambia un po’ la vita, e anche il modo di fotografare.
Difficile dirlo (e farlo) nell’epoca del Low Cost e del turismo veloce e superficiale che soffoca il pianeta con voli aerei inquinanti e distrugge i luoghi che pure intende visitare, e basti pensare appunto a Venezia, straziata da milioni di turisti, e dalle navi da crociera.
Questo significa “andare a Venezia”?