Una Mattina Particolare

Dubito possa esistere un fotografo che non abbia una foto del cuore. Spesso non è affatto la più riuscita o la più efficace (anzi), a volte addirittura nemmeno si è riusciti a scattarla, ma “l’occasione” ci è rimasta negli occhi e nel ricordo. Se si fotografa molto magari queste foto particolari saranno più di una, ma insomma: di rado sono tante.

Il fatto è che fotografare è un fatto emotivo, direi sentimentale e se ognuno di noi il più delle volte scatta per motivi diversi (professionali, di documentazione, intellettuali e così via), è evidente che ci sono volte in cui si resta impigliati a una trama emotiva di cui la fotografia è solo l’ultima parte, il vertice, il momento decisivo (per dirla con Cartier-Bresson).

Tali fotografie, il più delle volte, svolgono davvero la funzione di “equivalente” come sosteneva Alfred Stieglitz: guardandole non solo ci ricordiamo di quello specifico momento, ma addirittura lo riviviamo, lo sentiamo, ci ritroviamo in quel luogo, in quel momento, in quella situazione. Naturalmente vale solo per l’autore, nel senso che probabilmente le persone che guarderanno quella foto non la percepiranno in questo modo, magari la troveranno buona, ben fatta, coinvolgente, ma solo chi l’ha scattata sa davvero cosa si porta dietro.

La foto specifica di cui sto parlando è stata realizzata un paio di anni fa mentre me ne andavo in moto verso una meta fotografica che nemmeno ricordo. Passando nei pressi di Viterbo, dove poi avrei preso la strada verso Orte, mi resi conto che la nebbia mattutina in cui mi trovavo immerso rendeva i ruderi delle cosiddette “Terme del Bacucco”, alle porte della città, molto suggestive. Ovviamente le avevo già fotografate data la bellezza di questi resti grandiosi di epoca romana, ma mai in condizioni così particolari.

Era mattina presto, all’orizzonte si vedeva il bagliore del sole che stava per sorgere e mi sono detto: ci provo! Il problema era che non avevo con me gli stivali di gomma e l’umidità aveva reso l’erba alta che circonda il monumento una sorta di piscina in cui immergersi. Ma nulla può fermare un fotografo motivato: inzuppandomi completamente ho trovato un’inquadratura adatta e ho iniziato a scattare. Poi il sole è sorto proprio dietro l’edificio principale e la magia è avvenuta.

Purtroppo non è durata a lungo: il tempo di qualche scatto, poi il sole si è alzato troppo, la nebbiolina si è dissolta e io, zuppo ma felice, sono tornato sui miei passi.

Guardando quelle foto, e una in particolare tra le diverse varianti, non vedo solo la rappresentazione efficace e suggestiva di un sito, ma risento l’umidità intorno a me, la sensazione di freddo per i vestiti bagnati, l’emozione di aver assistito a un qualcosa che in verità è durato pochissimo. A essere sincero ricordo anche il ritorno frettoloso a casa, in moto, e l’influenza dei giorni successivi ma ogni cosa ha un prezzo! Un grumo di emozioni e ricordi che ovviamente fanno di questa foto una delle mie preferite, anche se credo non delle mie migliori.

Nelle mie lezioni di editing sottolineo sempre che queste sono anche le foto più pericolose: sono infatti le foto che ogni autore vuole a tutti i costi tenere dentro un progetto, anche se c’entrano poco o nulla con il tema svolto. Vale anche per me : da quando l’ho scattata ho cercato in tutti i modi di inserire la foto delle terme romane in qualche progetto, ma niente, ancora non ci sono riuscito.

Lasciando decantare il lavoro, ogni volta mi sono reso conto che non c’azzeccava nulla e a malincuore l’ho dovuta togliere. La versione a colori l’ho pubblicata nel libro che viene inviato agli iscritti al corso di fotografia di paesaggio: un piccolo tradimento perché la foto è pensata in bianco e nero, in effetti. Ma per il momento il progetto che la vedeva coinvolta è in standby proprio perché è un progetto a colori, basato sui colori, e io continuo ad essere abbarbicato invece a una “narrativa fotografica” in bianco e nero. Ogni fotografo ha le sue fisime, direi.

Perciò se sai che una determinata foto è una di quelle a cui sei legato a doppio filo – anima e corpo – presta attenzione nell’inserirla in un progetto, che sia un libro, una mostra, una galleria online.

Detto questo, la foto di cui ti sto parlando la considero molto buona come foto di paesaggio, un tantino retorica magari, ma di fatto corrisponde poco a quello che faccio ora e forse anche a quello che ho fatto prima. Eppure, il suo valore per me non è nell’aspetto iconografico ma – come detto – esperienziale. Così, visto che non potevo incasellarla in qualche modo, ho deciso di fare come fanno tanti: l’ho stampata per appenderla al muro, nel mio studio, e averla sempre davanti. E anzi, visto che è esattamente alle spalle della mia scrivania, quando faccio una diretta online o registro un video, il più delle volte la si vedrà sullo sfondo. Vivrà un pochino con me, se non può “vivere” in un progetto.

Ho anche fatto un’altra eccezione: a me che piacciono le stampe non troppo grandi (50×40 cm al massimo) ho imposto una dimensione davvero grande, un 120×80 cm che mi appare quasi monumentale.

Fatte tutte queste scelte e considerazioni, ho deciso che per essere sicuro di ottenere quel che volevo non potevo che rivolgermi a SAAL digital con cui, come sai, collaboriamo da molto tempo, io e Reflex-Mania. La qualità garantita dal gigante tedesco della stampa digitale è una certezza che tranquillizza, i costi sono accettabili, il trasporto sicuro, la fedeltà nella resa dei toni è massima.

Data la dimensione della stampa ho deciso di scegliere il fotoquadro in alluminio, che è rigido e leggero.

Il sistema di montaggio più razionale, a mio parere, è quello che prevede un profilato, sempre di alluminio, sul restro della stampa in modo che con un paio di chiodi abbastanza lunghi è semplicissimo fissarla alla parete, anche per chi come me è negato per il fai-da-te.

All’arrivo del corriere, sembrava dover scaricare un armadio da assemblare.

Ma poco dopo, appena montata a parete, la foto è passata da mero file da guardare ogni tanto sullo schermo del computer a “cosa” concreta, di valore, che si impone allo sguardo ogni volta che entro nello studio.

Di più: ha cambiato la percezione stessa dell’ambiente in cui normalmente lavoro. Qualcuno direbbe che una simile stampa “arreda” ma non mi piace pensare a una fotografia come se davvero fosse un mobile. Diciamo che però agisce nell’ambiente in modo potente.

La morale è questa: stampa le tue foto! E se vuoi la massima qualità personalemente ti consiglio SAAL digital, che è di certo una garanzia. Ricordando sempre che però sei tu l’autore/autrice e dunque se la foto stampata davvero funziona sarà solo perché ti sei lasciato/a coinvolgere da quel che avevi davanti.

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