
Man Ray è conosciuto ai più come un grande esponente del movimento surrealista e dadaista. Principalmente pittore e fotografo, ma anche grafico e regista di film d’avanguardia come Le retour à la raison e Anémic Cinéma (con Marcel Duchamp), Man Ray fu un artista a tutto tondo, capace di spingere la sperimentazione fotografica oltre i limiti conosciuti all’epoca, utilizzando tecniche e materiali non convenzionali.
Dalla solarizzazione ai collage, fino alle “rayografie”, Man Ray fu probabilmente l’artista più rappresentativo del Dadaismo.
Fino al 19 Gennaio 2020, il CAMERA di Torino gli rende omaggio, con la mostra WO | MAN RAY. Le seduzioni della fotografia. Composta di circa 200 fotografie, realizzate a Parigi a partire dagli anni Venti, questa mostra è dedicata alla figura femminile, soggetto prediletto e ispirazione primaria della sperimentazione di Man Ray in ambito fotografico.
Chi era Man Ray
Many Ray – all’anagrafe Emmanuel Rudnitzky – nasce a Filadelfia il 27 agosto del 1890, da genitori russi emigrati negli Stati Uniti. Trasferitosi a New York con la famiglia, studia design industriale e apprende le prime tecniche artistiche. Finiti gli studi, inizia a frequentare le gallerie d’arte di Manhattan, in particolare la Galleria 291 di Alfred Stieglitz. Nei primi anni del Novecento, la famiglia cambia il proprio cognome in Ray ed Emmanuel decide di utilizzare la versione abbreviata del proprio nome, diventando ufficialmente “Man Ray”.
L’incontro con Marcel Duchamp, nel 1915, cambia la sua vita e produce la svolta definitiva verso il Dadaismo. Dopo una prima fase dadaista americana, Man Ray si stabilisce a Parigi, nel quartiere di Montparnasse, dove frequenterà gli ambienti artistici più rinomati del tempo e parteciperà alla prima esposizione surrealista insieme a Ernst, Picasso e Miró. A Parigi incontrerà anche la cantante Alice Prin, nota come Kiki de Montparnasse, modella del celebre scatto “Le violon d’ingres”, nonché sua compagna di vita per diversi anni.

Man Ray: Le violon d’ingres
Agli albori della seconda guerra mondiale, Man Ray fa ritorno negli Stati Uniti, dove resterà fino alla fine del conflitto (scelta probabilmente dovuta alle sue origini ebree). Tornato a Parigi, riprende le sue sperimentazioni tecniche e artistiche, fino alla morte, sopraggiunta il 18 Novembre 1976.
Se vuoi sapere di più sulla vita e le opere di Man Ray, puoi approfondire qui.
I soggetti femminili nella fotografia di Man Ray
Prima di addentrarci nel percorso della mostra, è bene considerare alcuni elementi fondamentali dell’attività artistica di Man Ray, in particolare ciò che riguarda la figura femminile.
Dopo una prima fase di ritratti più o meno convenzionali, Man Ray inizia a cimentarsi in una serie di opere a tema femminile.
I nudi femminili sono spesso ritratti di schiena, in pose del tutto naturali, che mostrano la sensualità delle curve. Nelle sue opere, un semplice dettaglio può determinare il senso profondo dello scatto e il corpo femminile finisce col trascendere il puro erotismo, per diventare qualcosa il più delle volte incomprensibile, ma inspiegabilmente bello.
Man Ray non è interessato alla rappresentazione della realtà in quanto tale, la sua è una perenne ricerca di senso che mira a inventare una propria realtà, per certi versi assurda e sofisticata.

Noir et blanche (1926)- Man Ray- La foto ritrae Kiki de Montparnasse con una maschera africana.
Il percorso della mostra
La mostra “WO|MAN RAY. Le seduzioni della fotografia”, visitabile al Camera di Torino fino al 19 Gennaio 2020, indaga il rapporto del fotografo americano con l’universo femminile.
Il corpo delle donne è sottoposto a continui cambiamenti di forma e significato. Lo vediamo rappresentato in forma astratta, come ritratto realista, ma anche come espressione della bellezza classica o come semplice oggetto di seduzione.
Le donne di Man Ray non sono amanti, ma muse ispiratrici, amiche e talvolta assistenti. Lee Miller, Berenice Abbott, Meret Oppenheim, Dora Maar e Kiki di Montparnasse sono, a loro volta, grandi artiste, e la mostra sottolinea anche questo aspetto, presentando opere appartenenti agli anni della loro più diretta frequentazione con l’ambiente d’avanguardia.

Man Ray: Erotique voilée (1933): la protagonista è Meret Oppenheim, fotografata accanto a un torchio di stampa. Nota la decontestualizzazione tipica della fotografia di Man Ray.
Sala 1: WO MAN RAY
Nella Sala 1 (WO MAN RAY), sono presentati alcuni autoritratti di Man Ray e i ritratti di Berenice Abbott, Dora Maar, Lee Miller e Meret Oppenheim, donne che hanno collaborato con Man Ray, inizialmente come assistenti, divenendo – a partire dagli anni Trenta – figure di rilievo della scena culturale mondiale. Nella Sala 1, sono esposti anche diversi nudi, scattati a Montparnasse durante il primo soggiorno parigino di Many Ray, dal 1921 al 1940.

Man Ray: ritratto di Dora Maar
Sala 2: L’age de la Lumière
La Sala 2 (L’age de la lumière) è dedicata al periodo appena precedente l’inizio dello secondo conflitto mondiale. Sono anni di grande fermento artistico e, da questo punto di vista, Parigi diventa la capitale mondiale dei movimenti d’avanguardia. In questa sala sono esposti alcuni ritratti realizzati da Berenice Abbott, nello studio parigino di Man Ray, ad alcuni volti noti della scena culturale dell’epoca, come il fotografo Eugène Atget e gli scrittori Jean Cocteau e James Joyce. Accanto a questi ritratti, si trovano anche alcuni scatti realizzati da Man Ray su commissione.
Sala 3: La beauté convulsive
La Sala 3 (La beauté convulsive) è dedicata all’esplosione della bellezza in tutte le sue declinazioni. In questa sala, si trovano alcune delle fotografie più note di Man Ray, nelle quali il corpo femminile diviene mezzo di esaltazione della sessualità, attraverso l’ambiguità delle forme e dei significati. Spiccano le foto di Lee Miller, giovane assistente e poi compagna di Man Ray (che intraprenderà anche un’importante carriera fotografica).
Sala 4 e Sala 5: Quand les objets rêvent e La résurrection des mannequins
La Sala 4 (Quand les objets rêvent) e la Sala 5 (La résurrection des mannequins) sono dedicate rispettivamente ai rayogrammi (tecnica che consisteva nell’esporre degli oggetti a contatto con del materiale sensibile, ottenendo immagini simili alle radiografie) e alle foto dei manichini, realizzate in occasione di una mostra, curata da Marcel Duchamp e Salvador Dalí.

Man Ray: Resurrection des mannequins
Queste sale sottolineano il carattere sperimentale di tutta l’opera di Man Ray e la sua vicinanza con il clima surrealista e dadaista.

Man Ray: Electricité, 1931 rayografia
Sala 6: Atelier Man Ray
Attraversando la Sala 6 (Atelier Man Ray), nella quale è possibile osservare da vicino le prove a contatto e le stampe, si arriva al Corridoio, ultima sezione della mostra, composta da due nuclei tematici: The Fifty Faces of Juliet e La mode au Congo.
Il primo nucleo comprende 50 immagini in bianco e nero di Juliet Browner, ballerina e modella americana che Man Ray sposò nel 1946 (alcune di queste foto sono state ritoccate a mano con pastelli colorati).

The Fifty Faces of Juliet (1941)
Il secondo nucleo tematico è composto da scatti molto originali, realizzati da Man Ray per un servizio di moda. In queste fotografie, le modelle sono ritratte con oggetti di uso comune sulla testa, come fossero cappelli.

Man Ray: La Mode au Congo
Conclusioni
WO|MAN RAY. Le seduzioni della fotografia è una mostra da non perdere! Accanto al grande valore artistico delle fotografie esposte, c’è infatti una ricerca di significato che viaggia insieme alla biografia dell’autore. La figura di Man Ray emerge tra le sue sperimentazioni fotografiche e l’opera delle donne che lo hanno accompagnato – a vario titolo – nel suo percorso artistico.
Silvia Gerbino